Sulle tracce di Amundsen: Massimo Maggiari racconta il suo Passaggio a Nord Ovest

In occasione della presentazione del suo nuovo libro "Passaggio a Nord Ovest. Sulle tracce di Amundsen" (ed. Alpine Studio), Massimo Maggiari racconta del suo viaggio nel grande Nord, tra ri-scoperta di un mondo che è dentro di noi, esperienza di vita e poesia. L'intervista di Simonetta Radice.
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autore: Massimo Maggiari - Collana Orizzonti (Alpine Studio)
archivio Massimo Maggiari
Massimo Maggiari è un poeta, uno scrittore, un insegnante con una grande passione: quella dei territori artici. Nato a Genova, vive in Carolina del Sud, dove insegna lingua e letteratura italiana al College di Charleston, ma appena può scappa in Alaska, in Islanda, in Groenlandia, ovunque la sua passione per il viaggio lo porti, alla ricerca di un mondo – come dice lui – “pristino”, puro e intatto. Lo abbiamo incontrato per la presentazione del suo ultimo lavoro “Passaggio a Nord Ovest” uscito da poco per i titoli di Alpine Studio, un libro che nasce sulle tracce di Roald Amundsen e che è al tempo stesso poesia, storia, racconto, saggio antropologico.

Che cosa ti attrae di più di un personaggio come Amundsen che, nonostante i suoi successi, o forse proprio per questi, ha suscitato meno simpatie di altri protagonisti della corsa ai poli?
Trovo in effetti sorprendente il fatto che Amundsen non sia stato osannato al pari di altri esploratori, ma ho maturato l’idea che ci sia di lui una percezione più americana, in qualche modo meritocratica, e un’altra più europea, legata all’idea dell’eroe romantico. Forse, il fatto di aver avuto un antagonista come Scott che morì tragicamente finì in qualche modo per non metterlo in buona luce, quando naturalmente non ebbe alcuna responsabilità per questa tragedia. Di lui andrebbe sottolineata invece la grande apertura verso popoli, usi e costumi indigeni che a quei tempi non erano ben visti, soprattutto tra le persone di classe agiata, la sua libertà intellettuale nello schierarsi apertamente contro il nazifascismo e il rapporto di grande onestà che sempre ebbe con quanti presero parte alle sue spedizioni (si adoperò affinché tutti avessero una rendita dal governo norvegese ndr). Amundsen finisce nel meccanismo delle spedizioni polari spinto da una grande passione personale, senza assolutamente essere ricco, e ritrovandosi anzi con un grande debito da pagare. Per certi versi, la sua figura mi ricorda quella di Mark Twain, che scriveva moltissimo per ripagare i suoi debiti: entrambi dovettero mettere il loro grande talento al servizio situazioni finanziarie difficili, ma furono principalmente spinti da grandi passioni e da grandi sogni

Nel libro racconti come il Passaggio a Nord Ovest scoperto da Amundsen non ebbe in realtà un utilizzo pratico immediato in quanto rotta commerciale. In questo senso, la sua impresa può ricordare un po' quelle alpinistiche?
Sì, la ricerca del Passaggio a Nord Ovest possiede questa dimensione di conquista senza un utile, quanto meno a breve termine. Le persone, in fondo, danno avvio a queste imprese per una sorta di chiamata personale a cui non possono sottrarsi. Questa è una delle cose che più mi attraggono di Amundsen: il fatto di saper rispondere a una vocazione che si rivela pian piano anche a lui stesso e a cui non può dire di no.

Alfonso Vinci diceva all'inizio degli anni '70 che l'unica forma di esplorazione ormai possibile è quella di riscoperta di territori magari vicini ma dimenticati, che cosa è per te l'esplorazione?
E' una sorta di comunione con la natura, un modo di riscoprire il proprio essere nel mondo. Ho avuto un passato alpinistico che ho amato e non rinnego ma, adesso, quello che più amo sono le lunghe traversate, che per me rappresentano una sorta di versione moderna del pellegrinaggio. Esplorare per me significa sostanzialmente mettersi in gioco, ed è possibile fare questo in qualsiasi angolo di mondo, a patto di voler uscire dallo schema della propria vita, dalle proprie consuetudini, da tutte quelle strutture e sovrastrutture da cui di solito siamo circondati per aprirci al mondo, agli incontri lungo la strada, alla voglia di sentirci vivi e andare nella giusta direzione perché spinti da un desiderio.

Ad un certo punto del libro uno sciamano chiede ad un antropologo che aveva qualche difficoltà a ricostruire il suo albero genealogico "ma come fai a prendere decisioni se non sai da dove vieni"? In che senso il viaggio al Polo può essere visto come un ritorno alle origini?
Lo sciamano groenlandese afferma in effetti che i Poli non sono l’estremo margine del mondo, ma il punto centrale dei suoi influssi spirituali. Secondo questa visione, sostanzialmente, il mondo è un corpo umano in cui il polo Nord rappresenta la testa, il Polo Sud i piedi e c’è una continua interazione tra il cosmo e la terra attraverso questi due punti, due grandi deserti bianchi che hanno la comune caratteristica di riportare l’uomo a una dimensione “da genesi”. Nella nostra vita c’è un momento in cui sentiamo l’esigenza di tornare in quel posto in cui si dice: “tutto è iniziato qui”. La grande Madre mediterranea è un mondo molto complesso, anche nelle relazioni tra persone mentre l’attrazione per il Nord rappresenta il ritorno all’essenziale, alla semplicità.

Quanto è difficile oggi per gli Inuit mantenere la propria identità?
Tanti giovani che ho incontrato nei miei viaggi erano tristi, perché per loro rappresentavo una realtà che vedono solo in televisione ma che non possono raggiungere. Molti di loro si sentono prigionieri del Polo, mentre le persone più vive e più entusiaste sono invece gli anziani, che hanno vissuto secondo i dettami della loro cultura ed erano semplicemente felici, per esempio, di insegnarmi come si costruisce un igloo: si tratta di persone integrate, ultima testimonianza di un rapporto strettissimo con il territorio in cui vivono che oggi è messo a rischio anche a causa di una serie di imposizioni poco sensate in quel contesto, come il divieto di caccia, attività fondamentale per la sopravvivenza di quei popoli. Questo processo di estraniamento è avvenuto anche nella nostra cultura, per esempio nel rapporto con i dialetti, che sono l’”Inuit in noi” e rappresentano quel mondo di simboli e di esperienze che ci collegano al territorio. Oggi non possiamo trascurare le istanze di un mondo globalizzato ma si tratta di coniugarle in una nuova sintesi che ci leghi a delle vere radici da una parte, e ci permetta di comunicare con il pluralismo che ci circonda dall’altra.

E per finire, che ruolo ha la poesia in “Passaggio a Nord Ovest?”
L'uso di un linguaggio poetico mi permette di coinvolgere le emozioni nel testo scritto, istoriando una molteplicita' di simboli che riportano sostanzialmente alla realtà condivisa dell'anima. Tutto questo per evitare l'arido resoconto di un diario di bordo che racconta unicamente lo spirito geometrico dell'avventura. L'avventura dicevo, e tutto quel mondo immenso di emozioni che la popolano deve esprimersi in poesia, elan (slancio) epico. Del resto, ogni nostro percorso su questa terra è esplorazione in terra incognita. Ogni nostro passo, ogni nostro cominciamento è in solitaria, circondato da un territorio magico, misterioso e a volte crudele chiamato LA VITA.

intervista di Simonetta Radice

Massimo Maggiari sarà in Italia per presentare il suo libro: ecco le prossime tappe:
Giovedì 22 Maggio ore 18 – Libreria Città del Sole – Piazzetta del Mulino – Bussoleno
Venerdì 23 maggio ore 18,30 – Libreria “Dante Alighieri” Fogola – Piazza Carlo Felice, 15 – Torino
Sabato 24 maggio ore 18 – Palamonti – Via Monte Gleno – Bergamo
Martedì 27 maggio ore 18,00 – Libreria Pangea – Via San Martino e Solferino 106 – Padova
Mercoledì 28 maggio ore 18,30 – libreria Lovat – Via Newton 13 – Villorba (TV)
Giovedì 29 maggio ore 18,00 – Libreria Lovat - c/o Stabile Oviesse Viale XX Settembre



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