Scacco Matto per i fratelli Riegler sul Gran Zebrù

Nell'inverno 2010 i fratelli Florian e Martin Riegler hanno aperto Schachmatt, Scacco Matto (1000m M10+ WI5 55°) sulla parete nord del Gran Zebrù.
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Schach Matt - Gran Zebrù. (3851m), parete nord, 1000m M10+ WI5 55°. Florian e Martin Riegler, inverno 2010.
Eduardo Gellner

"La più bella muraglia di ghiaccio delle Alpi" E' cosi che Kurt Diemberger ha definito la Königswand, la parete nord del Gran Zebrù dopo la sua storica impresa del 1956. Qualcosa ne sanno anche gli altoadesini Florian e Martin Riegler, che quest'inverno hanno salito quest'immensa parete con la loro nuova Schach matt, Scacco Matto. La via sale lo strapiombante bastione di roccia iniziale con sette tiri di drytooling fino al M10+, segue poi il bel pendio di neve che porta ad un salto di roccia di M5, e prosegue per i lunghi pendi fino alla cresta. La sezione di drytooling è stata chiodata a più riprese, la salita è arrivata il 7 gennaio seguita da una telecamera e descritta in prima persona da Florian nel suo report, mentre due mesi più tardi i Riegler Brothers sono tornati per completare la rotpunkt dei tiri rimanenti. Una cosa è certa: visto il racconto e anche il nome che hanno scelto, l'esperienza è stata decisiva. Scacco matto, appunto.


"SCHACH MATT" - SCACCO MATTO di Florian Riegler.

ore 07.00
La parete strapiombante iniziale ci protegge bene dalle slavine e sistemiamo il nostro materiale. A causa dell'ennesimo giornata di brutto tempo avevamo deciso di salire soltanto la parte bassa, tecnica e molto difficile. Ma tutto ad un tratto le nuvole si aprono. Guardo mio fratello e so che stiamo pensando esattamente la stessa cosa: Rock&Roll Baby – oggi cade il re! Siamo di buon umore: oggi siamo sicuri di arrivare fino in cima, se ci sbrighiamo e se saliamo i primi metri con le corde fisse. Ci aspettano 1200m di roccia, ghiaccio e neve e uno dei più difficili avvicinamenti.
Dopo il quinto tiro ci troviamo su una sorte di balcone e discutiamo se andare avanti o se forse sarebbe stato meglio tornare in dietro. Da qui si può ancora scendere in doppia ma, se decidiamo di continuare, una ritirata diventerebbe difficile e non abbiamo materiale per un bivacco. Continuiamo.

ore 13.00 Siamo nel bel mezzo della parete. Il continuo freddo mi dà da fare. La seconda metà della parete non dovrebbe essere così ripida e saliamo nuovamente senza corda per essere più veloci. La neve fresca ci rallenta molto. Ogni dieci passi dobbiamo fermarci e prendere fiato. Il tempo peggiora nuovamente e la cima del Gran Zebrù è già avvolta dalle nuvole. Il vento soffia forte e inizia nuovamente a nevicare. La visuale scende a meno di 100m. Spero che sopra non ci aspettino difficili passaggi di roccia e di non salire verso un vicolo ceco.

ore 15.00 Raggiungiamo la cresta sommitale a circa 3650m. Piove ghiaccio e il vento mi butta quasi giù. In qualche maniera vogliamo attraversare verso sinistra per cercare una discesa sicura. Non se ne parla neanche della cima. Giaccio e neve sono incollati sui nostri visi. A causa della tempesta dobbiamo gridare per comunicare e il tempo stringe se vogliamo uscire dalla parete prima che diventi buio. Comincio a perdere la sensibilità delle mani. Cerco di girarle spesso e muovere le dita. Sento che il freddo penetra nella mia testa cercando di spegnerla.
E' impossibile orientarsi in maniera precisa. Navigo con il settimo senso. Cinque volte vado fino alla fine della corda. Poi io e mio fratello procediamo come fossimo sincronizzati. Diventa sempre più buio e il freddo diventa insopportabile. Tremiamo per tutto il corpo. I piedi sembrano corpi estrani, e la sensibilità delle dita appartiene da tempo al passato.
Lentamente crediamo di riconoscere il canale est. Anche se vediamo soltanto il contorno di rocce e pendii, questa dovrebbe comunque essere l'uscita per dalle nostre miserie. Istintivamente facciamo un passo dopo l'altro. In quei momenti ignoriamo il fatto che il canale potrebbe essere a rischio valanghe.

ore 16.30 E' quasi buio e la tempesta ci frusta senza cuore in faccia. Rimaniamo legati alla corda per non perderci. Nel cono delle nostre frontali inciampiamo per canali, pareti di neve e brevi passaggi di roccia. Continuamente ci chiediamo se questa è la via giusta... Ci fermiamo un attimo quando arriviamo al ghiacciaio. Sentiamo di essere in sicurezza anche se sappiamo che qui da qualche parte c'è la fine del ghiaccio e dei crepacci. Inizia l'ultimo assalto per arrivare alla base della via. Entrambi siamo alla fine delle nostre forze. Ognuno batte la traccia per 20 passi, poi continua l'altro.

ore 19.00 Raggiungiamo i nostri sci completamente esausti. Nevica ancora molto forte e non si vede niente, ma in qualche modo dobbiamo scendere i quasi mille metri fino a Solda. Ci fermiamo spesso per illuminare la zona e scendere per il pendio giusto.

ore 20.00 Mi tolgo i guanti e rimango esterrefatto. Le mie dita sono congelate, bianche come la neve e bruciano terribilmente. Due aspirine non servono a nulla e andiamo subito nell'ospedale più vicino. Vengo accolto nel pronto soccorso di Schlanders, la diagnosi dei medici è congelamento di 2-3 grado dell'alluce del piede sinistro, di entrambi i mignoli delle mani e del dito medio della mano destra! Passo la settimana successiva in ospedale.

Alla nostra via sulla parete nord del Gran Zebrù abbiamo dato il nome di "Schach matt" (Scacco matto). Non abbiamo vinto il gioco. Ma siamo sopravvissuti!

Florian Riegler

Due mesi più tardi i fratelli Riergler sono tornati sulla loro via e hanno salito tutte le lunghezze in rotpunkt. Inoltre da un'altezza 85m della parete iniziale hanno realizzato il primo base jump del Gran Zebrù.

Rieglerbrothers Trailer - Schachmatt from Eduardo Gellner


Note:
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www.rieglerbrothers.com



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