Climbing Trip to the USA - Part 2

Il tour arrampicata negli USA di Giambattista Calloni, Manrico Dell'Agnola (CAAI) e Marcello Sanguineti (CAAI). La seconda puntata: Colorado: The Diamond, once more!
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Su Pervertical Sanctuary al Diamond
Calloni / Dell'Agnola / Sanguineti
È proprio vero che “l’appetito vien mangiando”! Prima che termini la giornata di riposo dopo la Casual Route, ci prudono di nuovo le mani. Il meteo per l’indomani è discreto, mentre è ottimo per il giorno ancora successivo. Non possiamo esimerci da un’altra via sul Diamond! La scelta cade su Pervertical Sanctuary, aperta nel 1975 da Olevsky e Dodds, che la valutarono 5.11a. Attualmente il consensus – come dicono gli Americani -  è di “solo” 5.10c/d, ma attenzione: c’è di mezzo l’off-width e questo rende i gradi molto relativi… L’itinerario si sviluppa all’estremità sinistra della parete, a fianco della colonna dell’Obelisk. Offre un’entusiasmante arrampicata,  esposta e con fessure di tutte le misure: si va dall’incastro di dita a quello di pugno e di avambraccio, fino ai perversi incastri fuori misura.

Questa volta decidiamo di bivaccare al Chasm Lake. Oltre a consentirci di attaccare presto, evitandoci gli eventuali temporali pomeridiani, questo ci permetterà di scattare con calma qualche foto dell’avvicinamento e della parete – oltre a farci godere tramonto e alba ai piedi di questo gioiello di granito nel cuore delle Rockies. Arriviamo al Chasm Lake troppo tardi per aggiudicarci il posto migliore, noto come Hilton Bivy (valutato a cinque stelle dai local). A questo punto, la scelta è fra la Snow Cave (una stella), il Grappa Bivy (due stelle, secondo la “guida Michelin” del posto) e il Cave Bivy (tre stelle). Ci aggiudichiamo quest’ultimo, situato in una grotta contro una parete secondaria a lato del lago. Ne prendiamo possesso entusiasti e, dopo una cenetta a base di liofilizzati, ci tuffiamo nei sacchi a pelo e puntiamo la sveglia poco dopo le 4. ll programma è di partire al più presto, per evitare di avere  davanti cordate sul North Chimney, dove la roccia è molto instabile.

Prima delle 5, Manrico ed io siamo già in cammino verso l’attacco della parete. Garafao non ha intenzione di passare la giornata a giocare con le jumar, quindi ci aspetterà al bivacco e si occuperà della documentazione fotografica della parete e dei dintorni.

Percorriamo il North Chimney quasi di corsa: Garafao ha dimenticato in auto il libro  che avrebbe dovuto aiutarlo a ingannare l’attesa e non vorremmo far aspettare il nostro amico troppo a lungo. Arrivati alla Broadway Ledge, scopriamo che una cordata ci ha preceduti. Pazienza, ne approfitteremo per farci foto a vicenda e arricchire la documentazione della salita. I due local che hanno appena attaccato non ci sembrano velocissimi e, con la presunzione di passare avanti, proviamo ad attaccare un po’ più a sinistra, per poi rientrare a destra e superarli all’inizio del diedro che ci sovrasta. Il nostro ingenuo tentativo si rivelerà un clamoroso fuori-via e ritorneremo bastonati sui nostri passi, accodandoci ai due tizi e rassegnandoci ad aspettare non poco ad alcune soste.

Dopo un paio di lunghezze con piacevoli incastri di mano, arriva il tiro-chiave, sul quale fanno comparsa i dolorosi incastri di dita. L’arrampicata, però, è spettacolare e non possiamo certo lamentarci! Tra l’altro, uno dei componenti della cordata che ci tiene compagnia è una biondina dallo sguardo gelido e dalle labbra strette, che accompagna i passaggi più duri con urletti e gemiti niente male. Decisamente un piacevole diversivo, nell’eccitante verticalità del Diamond! Il suo socio accenna una smorfia non molto amichevole ogni volta che Manrico ed io ci scambiano sguardi e occhiatine divertite. Ok, meglio non far caso alla biondina e concentraci sulla scalata…

Verso la fine della via, proprio quando pensiamo di aver fatto il grosso del lavoro, arriva un’altra delle sorprese che il Diamond riserva ai suoi ospiti. Parto per il terz’ultimo tiro e, arrivato al termine, ho la pessima idea di concatenarlo con quello successivo. Non mi rendo conto di quanto mi abbiano stancato gli incastri fuori misura della lunghezza precedente. Noncurante del fatto che stiamo scalando a oltre 4000 metri su un terreno che non è certo il nostro pane quotidiano, proseguo. Dopo una ventina di metri, mi ritrovo alla partenza dell’off-width d’uscita: dieci maledettissimi metri che la stanchezza, insieme a mani, braccia, piedi e ginocchia doloranti, mi fanno sembrare un pugno nello stomaco. Come se non bastasse, quando cerco di pescare dall’imbrago un friend #4, mi accorgo di non averne più: mi sono giocato sotto quello che avevo. Ben mi sta: un Camalot del 4 è sufficiente se si fanno i tiri come si dovrebbe, non se uno fa il furbo e li unisce. Stringo i denti (e non solo quelli) e mi tuffo dentro la fessurona, incastrando gluteo e piede destri e facendo opposizione con il gomito e il palmo della mano. Dopo un po’ che procedo in questo modo, finalmente esco su una cengia che mi sembra la terra promessa e faccio sosta. Manrico arriva a sua volta provato da questi due diabolici tiri; parte deciso per la lunghezza che porta alla Table Ledge solo dopo aver imprecato abbondantemente contro quella dannata fessura fuori misura a 4000 metri e aver ripreso fiato.

Visto che ci siamo aggiudicati la cumbre due giorni prima, questa volta non proseguiamo in vetta per la Kiener’s Route, ma scendiamo lungo le doppie sulla D7 (la via aperta nel 1966 da Dalke, Goss e Hurley) fino alla Broadway Ledge, poi arriviamo alla base del North Chimney sfruttando le doppie della Crack of Delight.
 
Rientrati al posto da bivacco, troviamo un Garafao più carico del solito - forse complice il whiskey che gli ha offerto la coppietta arrivata nella notte e che il nostro amico ha pensato bene di tracannare a stomaco vuoto. È contento come una Pasqua e lo manifesta nel modo che gli è più congeniale: mentre ordiniamo il materiale ci spara una serie di foto cambiando posizione e impostazioni con la velocità di un fulmine…

La discesa dal Chasm Lake è di “soli” 6 chilometri, invece degli 11 che ci eravamo “succhiati” due giorni prima dalla vetta del Longs Peak: in poco più di un paio d’ore arriviamo alla nostra Chrysler. Rientrati a Estes Park, optiamo per una cena a base di pizza: discreta, ma decisamente cara. Decidiamo di compensare il salasso dormendo sotto le stelle e risparmiando anche sul campeggio. Una radura nei pressi della Route 7 fa al caso nostro. Con due vie sul Diamond in tasca in una manciata di giorni, ci sembra più comoda di una camera in un hotel di lusso…    

Thanks to:
Karpos/Sportful: abbigliamento per il tempo libero e l’outdoor.
Totem Cams: new high performance cams for climbing.
Climbing Technology: climbing equipment.
Dolomite: calzature per alpinismo, trekking e outdoor.

di Marcello Sanguineti (CAAI)

CLIMBING TRIP TO THE USA 2012
- Climbing Trip to the USA - Part 1




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