Zia Mia, nuova cascata nelle Alpi Carniche

Il 14/02/2010 Federico Addari e Jasna Dionisio hanno aperto Zia Mia (55m, 5+/6), nuova cascata nelle Alpi Carniche vicino a Lauco, Udine.
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Federico Addari durante la prima salita di Zia Mia, nuova cascata nelle Alpi Carniche.
archivio Addari
Per la serie bisogna aspettare, ecco un'altra storia di cascate che si fanno attendere. O se volete ecco un'altra conferma (anche se scontata) che il gioco dell'arrampicata con piccozze e ramponi si poggia su equilibri precari. Quelli, appunto, dell'acqua che si fa ghiaccio per sfidare la legge di gravità. Tutto inizia nell'estate 2005 con una sorta di folgarazione, alias amore a prima vista. L'oggetto dell'innamoramento è una cascata nella forra del torrente Vinadia vicino a Lauco, nelle Alpi Carniche. Chi ne rimane abbagliato è Federico Addari, un giovane di Ovaro (Tolmezzo) che all'epoca non sa nulla di piccozze e ramponi. Fatalità vuole però che, proprio l'inverno successivo, Addari abbia la sua iniziazione all'ice climbing. Ma i tempi per quella fantastica cascata, vista e scoperta nella sua possenza liquida... non sono ancora maturi. E non lo saranno per altri cinque anni. Intanto il nostro, di anno in anno, di cascata in cascata, continua a diventare più bravo. Così, solo lo scorso 14 febbraio, Federico con la moglie Jasna Dionisio riesce a coronare il suo sogno salendo i 55m di 5+/6 di “Zia Mia”, appunto la cascata che si è fatta tanto attendere. Poi, come fosse stato tolto il tappo ad una bottiglia di spumante, a 24 ore dalla prima salita l'avventura è stata ripetuta anche da Gianni Dorigo e Massimo Candolini. E, dopo un altro giorno, anche da Marco Milanese e Roberto Giazzon. Poi il finale non del tutto a sorpresa. Dopo pochissimi giorni il bel castello di ghiaccio crolla. E questa, se volete, è la morale che ci porta all'inizio, a quella legge di gravità che è bene sfidare con coscienza e conoscenza. E che bisogna saper rispettare.

ZIA MIA
di Federico Addari e Jasna Dionisio


Ogni alpinista è consapevole della forza e della straordinarietà della natura che fa alternare in noi i sentimenti più diversi contrapponendo all’ammirazione e all’emozione la paura e il timore. E tra tutti i suoi elementi ce n’è uno che non ti lascia decidere perché è lui che impone tempi e modi per affrontarlo; questo elemento è il ghiaccio. La realizzazione che vi racconto è allo stesso tempo attesa e dedizione per una cascata scoperta cinque anni fa e che il 14 febbraio 2010 ho salito per la prima volta. Siamo nelle Alpi Carniche, nel comune di Lauco (UD) ed è la forra del torrente Vinadia a regalarci uno strepitoso diamante di 55 metri la cui vista lascia senza respiro.

E’ l’estate del 2005 e scendo per la prima volta nella forra per una rilassante escursione e rimango attratto da un rivolo d’acqua che si riversa copioso ingrossando le acque del torrente; se ne sta lì e nessuno sembra dargli troppa importanza ma a me rimane impresso nella mente. Ironia della sorte proprio durante l’inverno alcuni amici mi coinvolgono nelle prime salite su ghiaccio e si sa, come le ciliegine, una tira l’altra e la passione inizia a far ardere le polveri e a immette nuovo carburante per nuovi sogni. Così è proprio nel dormi-veglia che faccio il così detto 1 + 1: cascata d’acqua in posto disperso + freddo = Zia mia ovviamente!
La curiosità ha il sopravvento e nell’inverno 2005 ripercorro lo stesso torrente con abbigliamento decisamente diverso, ai piedi ho i ramponi, dentro una grande attesa che viene subito appagata quando la vedo stagliarsi all’orizzonte come un abbaglio, come un spada che scende dal cielo. E’ meravigliosa, ma l’inesperienza mi gioca un cattivo scherzo; non sono in grado di valutarla, capisco solo che non fa per me, desisto e rimando.

Siamo al 2007 faccio altre cascate, provo qualche tiro più impegnativo, torno in forra ma 'sto giro di candele neanche l’ombra: troppo caldo. Inverno del 2008 piena forma fisica: è ora? Prendo gli attrezzi riscendo in forra una, due tre volte la candela è perfetta ma io no. Alla forma fisica non corrisponde un adeguato livello tecnico e mentale. Cosa si fa? Ho tanti amici che potrebbero farla; tenerla celata ancora è un rischio, farla scalare ad altri una delusione e quindi …. Avanti

E siamo al 2009, sono cresciuto ancora un po’ di grado, di tecnica e di testa quindi si fa, ma l’inverno, indimenticabile per le importanti nevicate, non è altrettanto generoso con il ghiaccio e la candela non appoggia e quindi per quanto pronto mi senta devo aspettare ancora.
2010, anno decisivo, ho ripetuto diverse cascate significative poi come da routine sono sceso in forra perlustro e scopro che la natura sta facendo un bel lavoro, ma procede lentamente quindi rimando di 15 giorni.

E finalmente ci siamo, dopo due settimane lei è pronta, e io? La riguardo ma sono incerto, l’ambizione è tanta e la voglia di realizzare l’impresa è molta, così decido di intraprendere quel viaggio che ho tanto atteso e che ho confidato solo a pochi, pochissimi proprio per evitare che qualcuno potesse rubarmi la prima salita.
Decisione presa, mi manca il compagno. Sento l’amico Roberto, l’unico a cui avevo confidato il mio segreto ma che, sfortunatamente, ha altri impegni. Per correttezza chiedo a Jasna, mia moglie e instancabile compagna di tante avventure credendo che, vista la difficoltà, declini l’invito e invece no, ci pensa un po’ (ma neanche tanto) e poi mi dà l’OK.

E’ domenica, partiamo, nutro un misto di ansia da prestazione e tranquillità perché so che laggiù ci saremo solo noi e qualora dovessi rinunciare sono certo che nessuno mi ruberà “la prima”. Tutto vero tranne il particolare della solitudine: per rendere ancora più sbalorditivo il tutto, proprio mentre mi sto sistemando i chiodi all’imbrago, scopro che due persone stanno avvicinandosi: impossibile penso, per tanto tempo non ho mai visto nessuno e oggi nello stesso giorno siamo qui, in due cordate a contenderci questa salita. Invece è tutto vero. La loro presenza aumenta la mia concentrazione sull’obiettivo e mi dà una carica inaspettata.
Parto. Ora pochi pensieri e molta azione.

L’attacco non è banale, sono un paio di metri aggettanti su cavolfiori che consentono solo degli agganci. Rimonto i primi metri portandomi sull’estrema sinistra dove il ghiaccio finalmente mi lascia conficcare le piccozze regalandomi quella sicurezza che verrà meno in tutta la parte alta; traverso a destra e incomincio la parte centrale che mi impegna fisicamente e psicologicamente per 30 metri. La sua verticalità e il ghiaccio che non consentono battute rincuoranti né protezioni eccellenti richiedono grande concentrazione ed è questa che assieme a una serie di concatenamenti tecnici mi portano alla fine del lungo muro. Proprio quando penso “è fatta” (mancano un paio di metri alla balza dove vedo l’albero per la sosta) ecco che il piede sinistro rompe il ghiaccio e viene immerso in un abbondante flusso d’acqua che corre copioso sotto uno strato effimero di ghiaccio.

Non mi perdo d’animo e realizzo che anche questo tratto sommitale richiederà parecchia energia, sono zuppo d’acqua, un po’ tremo ma l’obiettivo è troppo vicino per desistere. Le ultime fatiche e sono in cima. Ad attendermi la cordata che avevo intravisto alla partenza, che ha percorso il boschetto a fianco e ha deciso di aspettarmi sulla sommità per capire com’è stata la salita; uno scambio di saluti e poi una gioia indescrivibile per aver realizzato il mio sogno, salire in apertura questa linea che ho corteggiato per cinque lunghi anni. Il raggiungimento dell’obiettivo è reso ancor più speciale dall’averlo fatto con mia moglie, compagna di cordata e compagna nella vita.

Sapendo di essere stato estremamente egoista fino a quel momento cerco di recuperare e invito gli amici a ripetere in breve l’ascensione ed ecco che, ancora più veloci della e-mail che gli ho inviato, Gianni Dorigo e Massimo Candolini dopo 24 ore sono all’attacco e confermano la bellezza dell’itinerario. Passano altre 24 ore e anche Marco Milanese Roberto Giazzon ripetono l’ascensione; quattro amici e quattro compagni di avventure sono riusciti ad approfittare della finestra (pochi giorni su un lungo anno). Fatalità passano pochissimi giorni e non è più scalabile: i venti caldi hanno avuto la meglio sulla candela. L’anno prossimo ci sarà qualcuno che al mio posto andrà a visitarla per vedere come sta e qualcuno la ritroverà in condizioni per poterla ripetere, certo è che sarà sempre lei a decidere quando e in quanti la potranno salire, alcuni privilegiati o tanti alpinisti, ma sempre lei.


Zia Mia
Alpi Carniche, Lauco
Apritori:
Federico Addari, Jasna Dionisio il 14 febbraio 2010
Prima ripetizione: Gianni Dorigo, Massimo Candolini il 16 febbraio 2010
Seconda ripetizione: Marco Milanese, Roberto Giazzon il 17 febbraio 2010
Accesso generale: Da Udine seguire l’autostrada A23, prendere l’uscita Carnia e proseguire in direzione Tolmezzo, da qui prendere la SS52 in direzione Villa Santina e al centro dell’abitato svoltare a destra in direzione Lauco, attraversare l’abitato e raggiungere la frazione di Vinaio. All’ingresso del paese noterete sulla destra un cabina dell’ENEL con le indicazioni della Forra.
Accesso: Dalla cabina dell’ENEL scendere verso il pendio di destra raggiungendo in breve il torrente, da qui, perdendo ancora quota, inoltrarsi all’interno della forra per 15 minuti seguendo le tabelle riportanti l’indicazione “forra”. Dopo aver oltrepassato l’enorme sasso incastrato sulla destra apparirà Zia Mia
Discesa: Doppia su alberi di destra
Note:
Links Planetmountain
Cascate di ghiaccio



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