Punta Ferrario, un'invernale "calda"

Il 17-18/03, Luca Maspes, Fabio Salini e Giuliano Bordoni sono saliti sulla Punta Ferrario (3258 m, Val Torrone, Masino) lungo una combinazione di vie esistenti che nell'occasione sono state collegate fra loro con 8 nuove lunghezze.
Punta Ferrario, Val Torrone, Masino, alpinismo

Il 17 e 18 marzo scorsi, Luca Maspes, Fabio Salini e Giuliano Bordoni sono saliti sulla Punta Ferrario (3258 m, Val Torrone, Valmasino) lungo una combinazione di vie esistenti che nell'occasione sono state collegate fra loro con 8 nuove lunghezze.

I tre partendo dal “Diedro dei Cecoslovacchi” del 1980, hanno proseguito con due nuovi tiri (6b+ expo) per traversare poi alla "via dei Monzesi" (Bernasconi, Bignami, Meroni 1952), sulla parete Est-Sudest. Maspes, Salini e Bordoni hanno quindi proseguito, con difficoltà di 6b+ expo, per altri 6 tiri su terreno vergine (chiamati Hidargos) per raggiunre infine la vetta ancora lungo la via dei monzesi. Il tutto per 13 tiri, di cui 8 nuovi, e uno sviluppo complessivo di quasi 600 metri.

Ecco nel report di Luca Maspes come si è sviluppata sul "campo", e si può dire quasi casualmente, questa salita che lo stesso "Rampikino" ha definito una "calda invernale":


HIDARGOS
Punta Ferrario (3258 m), Val Torrone, Valmasino
di Luca Maspes

"Partiamo mercoledì 16 marzo e saliamo in 5 ore al bivacco Manzi-Pirotta in alta Val Torrone. Con me ci sono Fabio Salini (Guida Alpina Istruttore di Morbegno e forte ghiacciatore tornato recentemente da una ricchissima campagna di salite in Canada, partecipante alla prossima spedizione pakistana di UP project) e Giuliano Bordoni, giovane e promettente alpinista dell’alta Valtellina.

Obiettivo per i prossimi due giorni è di tentare di ripetere la “via del Centenario CAI” (o via dei Monzesi), aperta da Vasco Taldo, Josve Aiazzi e Angelo Pizzocolo nel 1963 in due giorni di scalata. Si tratta di una delle vie dure storiche della zona, insieme al Picco Luigi Amedeo la più impegnativa del Masino in quegli anni, con un lungo muro strapiombante da superare tutto in arrampicata artificiale lungo una lineare fessura di 3 tiri (A2/A3). La via conta pochissime ripetizioni, che io sappia non più di 5 o 6 e la più recente è quella del sondriese Paolo Cucchi e di Salvatore Giuliano qualche estate fa.

Il 17 marzo ci avviciniamo alla parete e attacchiamo lo zoccolo dapprima lungo una fessura con qualche chiodo (“Diedro dei Cecoslovacchi” del 1980) poi aprendo due tiri nuovi (6b obbligatorio) per evitare una zona ghiacciata, giungendo sulle cenge sotto al muro giallo. Saliamo ancora 2 tiri di corda che ci portano all’inizio della fessura strapiombante e lasciamo qui tutto il materiale che ci servirà domani per proseguire, fissando le nostre 3 corde (2 da scalata e una statica) lungo il 5° tiro e sullo zoccolo.
Nel pomeriggio ritorniamo al bivacco Manzi-Pirotta e passiamo la notte qui. Tempo fantastico e caldo fino al pomeriggio, quasi a livelli di temperatura estiva, poi ventosissimo per qualche ora.

Il 18 marzo siamo all’alba a risalire le fisse in parete e alle 8 di mattina, alla base del tratto dove dobbiamo proseguire, constatiamo la rottura di una delle nostre 2 corde da scalata. Nostro malgrado rinunciamo a proseguire sulla “via del Centenario” in quanto sarebbe troppo pericoloso superare tutto il muro strapiombante con una sola corda da 8 mm e una corda statica. Decidiamo però di traversare verso lo spigolo destro della parete per cercare di raggiungere la via della parete Est-Sudest (Bernasconi – Bignami – Meroni 1952) e provare a salire in cima.

Dopo 3 tiri nuovi lungo placche e un grande diedro obliquo (6a max) raggiungiamo lo spigolo dove passa una via sconosciuta aperta pochi anni fa da Paolo Cucchi e Antonio Taglialegne, spostandoci un poco a destra per prendere una linea di diedri e fessure che sembra salire lungo tutto il muro fino in cima. Da qui siamo su terreno vergine e superiamo 3 faticosi e lunghi tiri di corda con passaggi delicati ed esposti (passo chiave 6b+ obbligatorio protetto da un copperhead) fino a raggiungere di nuovo lo spigolo e a ricongiungerci con l’uscita della “via del Centenario”. In altre 2 ore seguiamo i tiri finali e siamo in vetta. Scendiamo lungo la parete Ovest con 4 corde doppie e rientriamo in Val di Mello alle ultime luci del giorno.

Giornata fantastica e calda, peccato aver dovuto arrampicare con lo zaino e tanto materiale al seguito che avremmo dovuto utilizzare sulla nostra idea originale. Ridicolo forse parlare di ascensione invernale, a parte qualche cengia nevosa in scioglimento le condizioni erano decisamente estive.

In totale abbiamo superato 8 tiri nuovi + 5 delle altre vie della parete, circa 600 metri di sviluppo con difficoltà massime fino al 6b+ obbligatorio esposto. Sulla via nuova, chiamata “HIDARGOS” è rimasto solo il copperhead che protegge il passo più difficile."

Luca Maspes

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Alcune fasi della salita (photo Fabio Salini)



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