Niccolò Ceria e i boulder a Red Rock, USA

Il report di Niccolò Ceria sul suo terzo viaggio di arrampicata a Red Rock, Nevada, USA, dove in un mese ha salito numerosi boulder tra i quali spiccano 'Squoze' (8C), 'Trieste' (8B+) e la prima salita del bellissimo blocco 'Fish Eye effect’.
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Niccolò Ceria libera 'The Fish Eye Arete' a Red Rock (USA)
David Mason

A parte il viaggio di qualche mese fa in cui ho visitato due aree granitiche, tutte le altre spedizioni che ho pianificato negli States sono state incentrate sull’arenaria. Tre di questi viaggi sono avvenuti a Red Rock.

Il motivo è strettamente legato ai miei gusti personali. Credo che nove ore di aereo da Londra siano un po’ tante per toccare una roccia che non sia arenaria, soprattutto vivendo a due passi dalle bellissime valli del Ticino che hanno una qualità decisamente alta.

Una conferma di questa teoria, ce l'ho avuta proprio lo scorso ottobre, visitando i massi (per me nuovi) dello Leavenworth e del Rocky Mountain National Park, dove mi chiedevo onestamente chi me lo avesse fatto fare di andare fino là: belle sono belle, ma il richiamo dell'arenaria non ha eguali ed un tipo di roccia che si plasma alla perfezione allo stile del boudering, creando prese e forme molto più interessanti. Ovviamente queste considerazioni sono del tutto soggettive.

Attendendo con enorme pazienza il giusto momento per esplorare le aree americane un po' più remote e sconosciute, come L'Arkansas ad esempio, zona che è in cima alla mia lista da anni, lo scorso dicembre sono nuovamente caduto nella forte attrazione di Red Rock.

Il parco (Red Rock Canyon National Park) è perfetto nei mesi invernali dato che il meteo è spesso secco e soleggiato. Inoltre l’arenaria ha una qualità stellare, i sassi sono sparsi in zone remote, sono immersi nei canyon desertici ed esistono una decina di linee praticamente perfette. Per queste ragioni non è mai semplice rinunciare ad un viaggio laggiù.

Questa volta mi sono organizzato con l’instancabile e unico David Mason e Andrea Tallone, ragazzo di Cuneo con cui ho avuto il piacere di condividere diverse avventure verticali durante la scorsa estate.

A meno che tu non voglia scalare nelle zone di Calico Basin (posti limitrofi alla strada, frequentati da orde di climbers e bollenti nelle giornate di sole), il resto del parco richiede tempo, diverse miglia di cammino e una logistica pianificata in maniera dettagliata per garantire a tutti un giusto equilibrio nel corso del viaggio (un mese).

Inoltre, le zone di Calico vengono spesso evitate anche per un discorso qualitativo, dato che la roccia nei canyon è di gran lunga superiore. Tutto a Red Rock richiede sforzi, pazienza, e pianificazione.. insomma, ogni giorno devi uscire dalla tua zona di comfort.

Iniziamo il viaggio visitando alcune gemme nascoste che non avevo mai visto, due delle quali aperte da Tom Moulin: Water Colors e Make Believe. Questi passaggi sono molto isolati, distanti e purtroppo abbandonati, ma secondo me meritano più di alcuni sassi popolari: sono alti, belli e piuttosto puri. Inoltre la scalata di Water Colors è davvero eccezionale: Dave Mason, avendo trascorso parecchio tempo a Red Rock, sostiene che Water Colors possa essere il passaggio più bello dell'intero parco. E’ difficile dargli torto una volta che lo scali.

Ad inizio viaggio mi fermo a provare Squoze, un blocco recentemente liberato da Jimmy Webb, ma che ha già visto diverso traffico: una manciata di salite e diversi tentativi vengono subito notati analizzando gli appoggi dei piedi ormai completamente neri e le prese ricche di magnesite che intasa i fini pori di una delle arenarie più morbide del parco. La roccia su questo passaggio rimane ad ogni modo ancora eccezionale: morbida appunto, ma solida allo stesso tempo; di un colore beige e giallo e con una grana talmente fine da essere un contendente per il sasso con la "texture" migliore. Le altre caratteristiche, a parte i movimenti che sono interessanti e la tipologia di prese, non sono cosi accattivanti: la linea ovviamente non è un gioiello e nemmeno l'aspetto riesce a dire qualcosa in più della roccia. Dopo un paio di ore di tentativi cado all'ultimo movimento della sequenza, ma poi non riesco più a concatenare i movimenti in basso. La seconda sessione va liscia e senza problemi, a parte la difficile gestione del freddo pungente.

Arriva Natale e quella settimana il tempo ci porta gli unici rovesci del viaggio: purtroppo non è pioggia, ma neve. Essendo che la maggior parte dei canyon rimane all’ombra per intere giornate, eravamo sicuri che non ce la saremmo tolta per varie giornate. Così, sassi come The Nest e Kintsugi rimangono purtroppo impraticabili fino al termine della vacanza.

La settimana natalizia mi porta su blocchi più "famigliari": linee che avevo già visto in passato, ma che non ero riuscito a provare o a salire. Primo fra tutti Half Magic: sasso con dei colori stupendi che vanno dal granata al rosa, posizionato sul bordo di un torrente in secca e dove la roccia è una vera opera d’arte.

La mattina del 25 è uno dei rari momenti in cui riusciamo a scalare tutti e tre assieme su uno stesso sasso: Abaddon, a Black Velvet Canyon. Abaddon è un passaggio classico, che fa parte della "triade" di quel canyon insieme a Wet Dream e Atlas Shrugged. La sua tallonata specifica mi ha sempre respinto durante le sessioni negli anni precedenti. Questa volta va meglio e sia io che Dave lo completiamo prima dell’arrivo della neve. Andrea ci va molto vicino, tanto da riuscire a scalarlo al primo giro qualche giorno più tardi.

Con la neve ghiacciata e durevole, il freddo si sente sempre più. Trascorro parecchi giorni sotto una linea che mi è sempre piaciuta sin da quando la vidi la prima volta: Trieste. Alcune sessioni sono per me inutili dato che il freddo mi impedisce di mantenere una temperatura decente. In altre occasioni sono più fortunato e la temperatura percepita sale sopra lo zero, permettendomi di completare la versione "stand". Purtroppo la versione bassa di Daniel Woods (per me più logica e più bella) mi continuerà a respingere fino alla fine del viaggio.

Nell’ultima parte del viaggio scopro una piccola area per me nuova sul lato destro di Pine Creek Canyon che, esposta a sud, risulta essere ottima per alternare le giornate gelide nei canyon ombrosi. Con Andrea scovo un progetto molto interessante, che era pur segnalato dalla guida: è un pilastro triangolare, alto e con una arenaria che varia i suoi colori dal rosso al rosa, dal beige al grigio. Seppure la grana della roccia non sia bella quanto quella dei canyon bui ed ombrosi, il suo aspetto e la sua purezza sono pazzeschi.

Dopo qualche deludente tentativo ground-up, decido di pulirlo con la corda e provare i movimenti della parte alta. Nello stesso giorno riesco a liberare The Fish Eye Effect, linea che racchiude uno dei momenti più belli che ho vissuto a Red Rock e che probabilmente mi farà rimanere distante da questa zona per qualche anno, potendo cosi dedicarmi ad altre aree negli USA che ancora non ho visto. Possibilmente dove ci sia dell’arenaria ;-)

Info: Instagram Niccolò Ceria e FB Niccolò Ceria




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