I 50 anni del Caporal in Valle dell’Orco e del Nuovo Mattino

Quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’apertura di Via dei Tempi Moderni sulle pareti di Balma Fiorant a Ceresole, ovvero la prima via aperta sul Caporal in Valle Orco il 4 novembre 1972 per mano di Ugo Manera e Gian Piero Motti e compagni. Fu l'inizio anche del movimento del Nuovo Mattino ideato da Motti, come ce lo ricorda Andrea Giorda in questo articolo.
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Le spettacolari pareti di Balma Fiorant in Valle dell’Orco, ribattezzate Il Caporal nel 1972
Andrea Giorda

Chi ricorda le palline Clic Clac? Di sicuro i giovani non sanno neanche cosa sono, ma agli inizi degli anni ’70 furono un fenomeno mondiale, due boccette di plastica dura che legate ad un filo sbattono tra loro con un rumore assordante.

Ci sono fenomeni eclatanti che però non reggono al tempo che passa, lo stesso non si può dire per il Nuovo Mattino della Valle dell’Orco. Ogni anno, in questa valle, in primavera, si rinnova il pellegrinaggio di scalatori italiani e stranieri che magari hanno visto poco più che due prese di resina, ma vogliono ripetere le vie del mito.

Una manciata, quelle aperte tra il 1972 e il 1982, la Fessura della disperazione, la Cannabis, la via dei Tempi Moderni e Itaca al Sole, l’Orecchio del Pachiderma, il Diedro Nanchez, la fessura Sitting Bull, il Diedro del Mistero, il Diedro Atomico, la via del Sole Nascente, il Nautilus, il Pesce D’Aprile, la Gogna allo Scoglio di Mroz…

Un mito, intendiamoci, di cui spesso sanno poco o nulla, ma una foto su una di quelle vie la vogliono, come i turisti americani vogliono la foto col Colosseo o la Torre di Pisa, senza per questo conoscerne la storia.

Ugo Manera, in un bel racconto pubblicato in questi giorni sul sito della Scuola Nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti, scuola da cui provengono quasi tutti i protagonisti, ricorda che quest'anno ricorreranno i 50 anni della via dei Tempi moderni aperta nell'autunno del 1972 con Gian Piero Motti e compagni sui contrafforti di Balma Fiorant (ora Caporal). Lo stesso anno fu scoperto e scalato anche lo Scoglio di Mroz da Alessandro Gogna e Guido Machetto, di ripiego da una salita in Piantonetto.

Come detto più volte, queste scalate erano di notevole impegno, ma allineate alle massime difficoltà superate all’epoca sulle Alpi, la novità è rappresentata dall’approccio mentale, dalle motivazioni.

Ugo racconta come separatamente, sia lui che Gian Piero avessero elaborato l’idea di trovare un terreno in bassa quota che richiedesse un grande impegno fine a se stesso, non dunque per allenarsi o raggiungere una vetta a tutti i costi, ma per vivere una grande avventura ad elevato tasso tecnico in un ambiente libero dal condizionamento culturale e fisico del grande alpinismo.
Quasi un esercizio di liberazione, come un bruco che diventa una leggera farfalla. La leggerezza dell’azione e della meditazione in contrapposizione con una retorica della conquista e della sofferenza.

Assalto, conquista, sofferenza, eroismi, sono termini derivati dall’ambiente militare, i nuovi scalatori non volevano combattere una guerra, ma vivere un’avventura piena, all’unisono con l’ambiente che li circondava. Perché tutto ciò, che oggi sembra banale, si sia trasformato in mito così duraturo, è una domanda che dopo 50 anni è lecito farsi.

Sono stati scritti fiumi di inchiostro, tra cui il bel libro di Enrico Camanni "Verso un nuovo mattino" a mio parere tra i più centrati. Sono state fatte anche molte ricostruzioni strampalate da chi non c’era o ha capito poco nulla, un tema che appassiona e a volte divide.

Specificato che scalare vie molto impegnative, su piccole pareti, non è una invenzione del Nuovo Mattino, ma dei maestri britannici. Le vie di Joe Brown o Don Whillans sul Dinas Cromlech, un roccione di poco più di 60 metri in Galles, hanno da sempre una dignità pari alle nostre vie sul Grand Capucin.

Il livello di questi scalatori era inarrivabile negli anni '50 e '60 , non per nulla uno dei fattori scatenati del Nuovo Mattino fu la visita occasionale di Mike Kosterlitz, che arrivava da quella scuola. Mike vide la famosa fessura che ora porta il suo nome ignorata dagli scalatori locali, la linea futuristica del Sole Nascente e mostrò i primi nut a Motti e Manera sul Pesce D’Aprile, proponendo anche uno stile clean, più rispettoso, tipico della sua cultura. Per noi Mike era un alieno, ma candidamente, ha confessato recentemente che in Galles era un ottimo scalatore ma non un fenomeno.

Va detto che un altro elemento chiave è stato Gian Piero Motti, o meglio la sua cultura e la sua capacità di raccontare cosa succedeva nel mondo e quali erano le nuove tendenze. Lo strumento fu la neonata Rivista della Montagna, in contrapposizione con una paludata e poco attraente Rivista del CAI.

Si scoprivano sulle sue pagine la Yosemite Valley in California, le gole del Verdon in Francia. Scalatori come l’americano Royal Robbins o il francese Jean Marc Troussier. Proprio Troussier, formidabile protagonista del Verdon, visitò e fece conoscere all’estero la Valle dell’Orco con i suoi articoli su Alpinisme et Randonnée, Yosemite Italienne e Libre a l’Italienne (Scalata libera all’italiana) furono le presentazioni.

Per un breve periodo, la Valle dell’Orco fu al centro dell’attenzione nazionale e internazionale, tanto che la Fila, casa di abbigliamento di Biella, portò Patrick Edlinger sulla Fessura della Disperazione per un servizio pubblicitario.

La Yosemite Valley, il Verdon e la Valle dell’Orco, tre templi dell’arrampicata degli anni 70 che hanno in comune uno scenario naturale che non lascia indifferenti. Chi arriva in queste valli è catturato dalla linee delle rocce che si stagliano su scenari da favola.

Certo la Valle dell’Orco non ha la grandiosità di Yosemite, ma tirando alla disperata sull’Orecchio del Pachiderma o incastrati nel camino del Nautilus non si può rimanere indifferenti, si percepisce quel fascino mistico che anche un non credente sente entrando in una cattedrale gotica o romanica.

Ed è proprio questo il miracolo che si perpetua ogni anno, generazioni anche ignare della storia vogliono provare quella sensazione, la stessa che catturò 50 anni fa i primi apritori.

Andrea Giorda Caai – Alpine Club UK

Per saperne di più:
www.scuolagervasutti.it/articoli/articoli-allievi/236-il-caporal-ha-50-anni.html

Su Planetmountain:
1. Valle dell'Orco - Generazione Sitting Bull: alle origini dell'arrampicata trad
2. Generazione Sitting Bull - Seconda Parte
3. Valle dell'Orco - Generazione Sitting Bull: anni ’80, l'evoluzione




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