Fotografare l'azione dell'arrampicata, di Massimo Malpezzi

Massimo Malpezzi, fotografo, giornalista, climber e l'azione dell'arrampicata interpretata con un click. Dall'idea all'immagine: riflessioni, foto e consigli tecnico-pratici per esprimere una passione e una visione dell'arrampicata attraverso la fantasia dell'artista.
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Mauro Calibani in Val Verzasca, area fiume, sotto lo sguardo annoiato di Yuza
Massimo Malpezzi
Ho sempre creduto che fotografare voglia dire soprattutto emozionare, trasmettere sensazioni, riportare alla vista dell'osservatore situazioni spettacolari.
Mi piace pensare che un' immagine possa portare alla mente il profumo di un bosco, il freddo pungente dell’inverno mentre si fa bloulder, il sole caldo della primavera su una bella falesia, la fatica, la frustrazione del tentativo, il coraggio. Un obiettivo ambizioso, ma assolutamente indispensabile per regalare stupore ed evitare che le nostre foto non siano dozzinali, anonime e insignificanti.
Una premessa indispensabile che mi porta a pensare al fotografo, come ad un artista che crea musica, pittura, scrittura, per questo bisogna sviluppare uno stile, come in tutte le arti, l'intelligenza creativa fa la differenza, il vero salto di qualità lo si percepisce attraverso la fantasia prima che dalla tecnica o dal mezzo che si ha in mano.
Mi è capitato spesso di osservare scatti davvero interessanti effettuati da anonimi fotografi, foto fatte con piccole digitali, o addirittura con telefonini di ultima generazione, viceversa, rimanere delusi da immagini prive di emozioni uscite da sofisticati corpi macchina costosissimi.
Naturalmente il mio umile apporto a questo articolo è strettamente legato alla mia personale storia che ho sviluppato in molti anni di esperienza. Uno stile molto particolare che mi porta a stare molto vicino all’azione, per percepirne gli stati d’animo. Non voglio con questo indicare una strada, sarebbe una contraddizione avendo parlato di stili personali, ma credo che ci si possa intendere attraverso alcuni consigli tecnico-pratici di metodo e di sostanza.

L'impaginazione della foto
Quel rettangolo che sbirciate sul vostro corpo macchina, o ancor più comodamente chiamato display, è la vostra tela pittorica, all'interno di quello spazio porrete la vostra immagine, in maniera rettangolare o orizzontale. Certamente nella fase del "post produzione" avrete modo di "ritagliare" meglio l'immagine con più precisione, ma abituarsi ad immaginare la scena impaginandola, eliminando soggetti di disturbo, ricercando al meglio i soggetti sarà già un passo avanti, personalmente, ancor prima di scattare, osservo tantissimo, immagino colori, prospettive, possibilità di posizionamento ideale dell'arrampicatore, una abitudine che in qualche maniera mi aiuta a fotografare preventivamente l'idea di una futura immagine ancor prima di scattarla.

Corda o bouldering: adattamento alla scelta.
Due specialità assai diverse, non solo come filosofia, ma anche in chiave fotografica per la diversità di intendere l'inquadratura e di conseguenza l'approccio. In falesia sarà il vuoto il protagonista assoluto, la foto fatta dal basso, raramente regala stupore, tutto si appiattisce, la parete apparirà banale, e noi, viceversa, vorremmo regalare una scena spettacolare, dobbiamo quindi dare profondità ma soprattutto stupore e in qualche modo trasmettere il senso del vuoto e la sua paura negli occhi del neofita. In alcune mie foto quel profondo che risucchia l'arrampicatore è sempre molto presente come su un tiro estremo al bus della vela, qui Gabri Moroni tallona sapientemente regalando allo spettatore eleganza ma anche la sensazione imperante del vuoto.
Ma non scartiamo l'ipotesi di una foto "da non appesi", infatti possiamo provare questa soluzione quando gli elementi naturali di sfondo assumono una importanza rilevante in termini di spettacolarità, ma in questo caso il soggetto che arrampica non sarà più il protagonista, ma diverrà comparsa a dar spazio alla natura selvaggia, addirittura di spalla, possibilmente mai centrato sulla foto, un esempio e l'arrampicatrice che scala una parete a Caionvico nel Bresciano, la sua azione è relegata a contorno, la foresta che prende il sopravvento, sfumando nella roccia, darà l'impressione di una savana selvaggia, siamo a soli 10 minuti dalla città di Brescia.
Ma se vorrete davvero stupire, non vi rimarrà che munirvi di corda statica, di jumar o aggeggi simili ed essere autonomi nel salire e scendere la porzione di parete alla ricerca del migliore scatto, quindi tenetevi sempre sulla corda un gri gri. Scegliete una linea ideale, che non abbia conformazioni troppo mosse, come cenge o vegetazione, fate molta attenzione ai riflessi d'ombra del sole che proietta le piante sulla roccia maculandola confondendo la foto e il soggetto, consigliate all'arrampicatore un look accattivante e colorato. A seconda della vostra posizione usate un medio tele, meglio un grandangolo spinto ma che non deformi per essere il più vicino all'azione, sforzatevi di rimanere distanti dalla parete, meglio appena sopra il climber, di mezzo profilo, e soprattutto assicuratevi che la vostra macchina sia legata con cordino all'imbragatura.
Fotografare il boulder potrebbe risultare piu semplice, se non altro in termini tecnici, non dobbiamo obbligatoriamente appenderci nel vuoto, abbiamo più possibilità di movimento. Nel boulder le possibilità di far foto davvero uniche e assai elevata, ci aiutano alcuni elementi, per prima cosa la gestualità, il campo di azione più agile e la conformazione geologica del sasso, ma queste caratteristiche dobbiamo saperle valorizzare al massimo, non abbiamo alibi, massima fantasia, creatività e idee, altrimenti ci ritroveremo con uno scatto privo di senso. Nella fotografia del boulder la responsabilità del fotografo e assai elevata, non esiste per l'osservatore neofita, quel pathos che solo il vuoto la corda sa regalare, il sasso spesso ha dimensioni ridotte e nell'immaginario rimane un gioco poco ardito e spettacolare, sarà compito del fotografo accattivare l'attenzione dello spettatore, come? Lavorando moltissimo sui particolari, le dita arcuate sulla tacca per esempio, ben simboleggiano la forza e il dolore dello "strizzare" una piccola scaglia, fotografarla quasi macro, regalerà la sensazione di ciò che significa usare le dita, ma non solo, cerco spesso lo sguardo dell'arrampicatore, è nei suoi occhi che nasce una storia fatta di fatica di sogni, di frustrazione, in questo senso sono particolarmente affezionato ad una foto che feci a Rudi Colli, mentre saliva il tentativo buono alla "Chimera" in val Masino, un sostanzioso 8a blocco assai aleatorio e tecnico e sufficientemente alto per bloccare il suo sguardo impaurito ma concentratissimo verso l'obiettivo della sua prossima presa svasa, a distanza di tanti anni, quando guardo quella foto, i ricordi di quella meravigliosa giornata tornano limpidi e carichi di emozione.

Le storie delle foto, tutte, fissano un attimo che rimane nella mente, molto di più che un immagine in movimento.
Cristina Brenna su "Unita di Produzione" mentre esce dallo strapiombo consapevole, ma non troppo, di averne fatto la prima salita, una foto in bianco e nero in una giornata storica e unica. Altro esempio arriva dall’espressione grintosa e particolarmente ironica, di un Mauro Calibani, che allo sforzo massimo agguanta l'uscita di un blocco in val Verzasca nel Canton Ticino, l’urlo liberatorio non infastidisce, sullo sfondo, Yuza, un bell'esemplare canino che osserva un po annoiato la scena. Sono solo alcuni esempi pratici per farvi capire che le nostre foto non solo immagini ma piccole storie.

Post Produzione: nessuna paura ad usarla.
Non esiste fotografo al mondo professionista o no, che non scarichi le sue foto sul suo computer per sistemarle un pochino, la post produzione significa infatti produrre nella parte più finale il prodotto ultimo, cioè "la foto", quella che rimarrà per sempre. Spesso mi capita di far vedere le mie foto e spesso mi sento dire, ma l'hai sistemata questa foto? Certo, rispondo, non bisogna vergognarsi, importante e' non falsarla o meglio, non renderla ciò che vorremmo far credere di diverso da ciò che e' in realtà, una questione di etica e di correttezza verso noi stessi e verso gli altri. La post produzione esasperata, comunque, ci permetterà di rendere una foto particolare e fantastica, nel vero senso della parola, questa scelta implica, però, necessariamente, una ammissione di ritocco, creando ciò che definisco "la foto artistica”. La premeditazione, in questo caso, renderà la nostra immagine libera da qualsiasi critica.
Vi voglio sottoporre due foto che rendono bene l'idea, i tre boulderisti che sono fotografati dall'interno dello strapiombo con i loro profili alieni e longilinei un po' smangiati dalla luce e la foglia di una felce verdissima e brillante è stata una scelta voluta per rendere quell'ambiente surreale e magico, come un'altra foto scattata in Frankenjura, dove l'azione di un arrampicatore estremo che si staglia nel cielo, sospeso, tra colori tenui e morbidi di sfondo come una lieve pennellata di acquarello hanno trasformato la drammaticità di quel tetto in una immagine quasi romantica. Certo all'inizio l'originale portava in sé particolari tecnici decisamente più precisi, un gioco? Spesso alcune foto si prestano a sperimentazioni artistiche, e rimarranno tali favorendole alla foto originale.

Che fare dopo aver fatto le foto, un consiglio.
Una volta che avrete le foto "sul vostro rullino digitale" scaricatele tutte sul vostro computer. Personalmente ho adottato un sistema, diciamo di sensibilità intuitiva, faccio andare con il tasto progressivo le foto abbastanza velocemente, cosa succede? Che le foto, cioè, quelle che conteranno, salteranno all'occhio quasi subito... Ripeto questo esercizio un paio di volte, poi inizio a segnarmi su un foglio il numero della foto che salverò, e le metterò in una cartella chiamata "foto scelte", sia chiaro, non saranno ancora le foto che terrò, ma sicuramente sarà la prima scremata importante.
Capiterà di "innamorarsi" di tutte le nostre immagini, bisogna essere cinici, e scegliere con razionalità, non accontentiamoci offrendo all'osservatore foto dozzinali.
I vari passaggi serviranno a trovare le vostre foto perfette, essi, perche non pensiate di tirare fuori decine di scatti, per quanto mi riguarda, su un un centinaio di scatti ne tiro fuori una decina che davvero mi soddisfano, sono già molto contento. Quindi non quantità ma qualità.
Dopo avere scelto le immagini, mi avvalgo di photoshop solo per pochi essenziali ritocchi, contrasto e saturazione. Spesso pulisco le foto da imbarazzanti intrusioni alla base della parete come zaini, scarpe, sacchetti, ma anche mettere in risalto piccoli particolari come piante o sassi con lo strumento clone.
Un tocco di apertura con la paletta strumento scherma (schiarisce) e brucia (scurisce) su aree particolarmente buie per regalare più luminosità, ed infine il taglio, impaginando la foto o in maniera standard con le diagonali di default (30x40 - 50x70) oppure se la foto ricerca un taglio particolare, nulla ci vieterà di strisciare in maniera spudorata la nostra immagine in verticale o in orizzontale.
Come si può intuire è l'idea originale che vale più di tutte, non smetterò mai di dire che e l'osservazione e l'intuizione che farà la differenza. Non accontentatevi mai, sforzatevi di trovare l'originalità, il mondo e pieno di foto di arrampicatori "spiccicati" su una parete. Il vostro compito è raccontare una storia con la fotografia nulla di più... e non è cosa da poco. Buon divertimento.

Massimo Malpezzi

Massimo Malpezzi. 53 anni, arrampicatore del “Nuovo Mattino”, Istruttore titolato di arrampicata libera del CAI di Milano, Giornalista in una grande casa editrice di Milano da oltre 30 anni, fotografo e scrittore di reportages sull’arrampicata su molte riviste settoriali. Ha redatto, fotografato e video ripreso, nel 2003, insieme a Andrea Pavan, Bloc Notes la prima guida di bouldering italiana con dvd. Finalista al concorso internazionale IMS di Bressanone dove sono state premiate le 20 foto più belle di alpinismo arrampicata e montagna nel 2011. Ha esposto la sua mostra itinerante in tutto il centro nord d’Italia.



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