Meno 1052 metri, nuovo record di profondità nelle grotte dei Piani Eterni

Meno 1052 metri: il 4 gennaio scorso gli speleologi hanno raggiunto un nuovo record di profondità nelle grotte dei Piani Eterni. Un importante risultato nell’esplorazione del complesso carsico, nel cuore del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
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Una delle gallerie che si sviluppano ad oltre i mille metri di profondità
Michele Iadini
Quota – 1.052 metri: sì, avete letto bene, è una quota “negativa” e indica la profondità raggiunta dagli speleologi esplorando le grotte dei Piani Eterni, nel cuore del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. A distanza di 25 anni dalla scoperta degli ingressi principali del sistema carsico, il 4 gennaio 2014, sono stati superati i mille metri di profondità in un nuovo ramo della grotta, denominato “Mille e una Notte”. La cavità carsica, già la più lunga delle Dolomiti e il più grande sistema di grotte all’interno di un parco nazionale italiano, diventa così una delle più profonde grotte d’Italia (attualmente al 9° posto) e la più profonda grotta del Veneto.

Già da tempo gli speleologi sospettavano che una serie di grosse voragini, a circa 800 metri di profondità, sulle remote gallerie dei “Bimbi Sperduti”, avesse le potenzialità di superare la fatidica quarta cifra, tuttavia negli ultimi anni delle strettoie avevano bloccato la discesa su due fondi: uno a -890 e un altro a -908 metri di profondità, mentre lo storico fondo dell’abisso, raggiunto nell’ormai lontano 1993, si attestava a quota -971. Alla fine di dicembre 2013, una prima nutrita squadra di speleologi veneti ha superato la strettoia finale, affacciandosi su di un nuovo grande pozzo. Un secondo gruppo è quindi sceso il 3 gennaio per un campo interno di quattro giorni consecutivi, conclusosi il 6 gennaio. Dopo aver disceso il nuovo pozzo di oltre 50 metri si è entrati in una bella galleria-forra attiva, che porta su un'ultima grande rampa che si approfondisce a - 1052 dove l'acqua del torrente che caratterizza questo settore della grotta si perde in frana.

A -1020 sono state individuate delle belle gallerie freatiche ventose che al momento non hanno visto fine dopo circa 300 metri di percorso e un altro fondo attivo intorno ai -1040. Le potenzialità esplorative di questi rami sono notevoli e future esplorazioni potrebbero aggiungere ulteriori metri alla profondità della grotta. Non è nota tuttavia la destinazione delle acque del sistema, potenzialmente dirette verso il Lago della Stua o l’importante risorgenza di San Vettore in Veses, nel comune di San Gregorio delle Alpi.

Il sistema conosciuto raggiunge ormai 35 km di sviluppo, per una profondità massima dall'ingresso più alto del PE130 al fondo di -1052. La grotta è considerata attualmente uno degli abissi più impegnativi delle Alpi, richiedendo permanenze di più giorni e percorrenze di svariati chilometri all’interno del massiccio per raggiungere le zone attualmente in esplorazione.

Durante la discesa esplorativa è stata inoltre campionata una stalagmite ad oltre mille metri di profondità. Tale campione verrà analizzato presso l’Università di Melbourne, nell’ambito di un progetto triennale di ricerca (finanziato e promosso dall’Università di Bologna insieme all’Ente Parco) che ha l’obiettivo di ricostruire i climi del passato nell’area mediterranea. Dallo studio di questo e di altri campioni gli scienziati si aspettano interessanti informazioni sull’evoluzione dell’area delle Dolomiti Bellunesi, che verranno presentati nel corso del 2014.


Le esplorazioni delle zone profonde della grotta sono state coordinate dai Gruppi speleologici di Padova, Valdobbiadene, Feltre e Belluno, con l’appoggio di numerosi speleologi affiliati alla Federazione Speleologica Veneta.



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