In Valle Argentera (Valle di Susa) Luca Rodano e Martin Russo scoprono L’altro volto della luna

Il report dell’apertura di 'L’altro volto della luna', una variante di misto alla cascata di ghiaccio 'Ice Very Nice' in Valle Argentera (Val Susa, TO) salita da Luca Rodano e Martin Russo.
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Luca Rodano durante l'apertura di 'L’altro volto della luna' in Valle Argentera (Valle di Susa)
Martin Russo


Chiodare. Un sogno di qualsiasi amante della montagna, un’avventura nella quale ogni alpinista vorrebbe tuffarsi. È la commistione del fascino della conquista dell’ignoto e dell’ambizione di lasciare il segno del nostro passaggio in questo mondo così effimero e mutevole.

Tre anni fa, ancora agli inizi della mia attività in montagna, "salii" (o meglio, "venni issato da amici"!) in moulinette una bellissima candela incastonata nella fatata Valle Argentera, poco sopra Cesana, una delle ultime roccaforti della Valle di Susa, prima che essa confluisca con la Val Chisone al Colle del Sestriere da un lato e si tuffi in Francia per il Colle del Monginevro dall’altro. Il nome di questa effimera struttura glaciale è Ice Very Nice, un bellissimo e impegnativo 5+ di R. Borgis e J.L. Brémond, proprio a fianco della tanto celebre quanto temuta ed imponente L’altro Volto del Pianeta, aperta dal mitico Giancarlo Grassi nel lontano 1986 insieme a Nello Margaira.

Il flusso di Ice Very Nice, da quella goffa salita che tentai qualche anno fa, per la sempre maggiore siccità che colpisce le nostre valli, non è più stato sufficientemente ampio da portare a formazione la candela, che non ha più lambito il suolo restando una esile frangia sospesa nel vuoto.

Più volte negli anni successivi mi è capitato di passare sotto il conoide della cascata in questione, fantasticando, un giorno, di poter aprire una linea che dall’antro roccioso dal quale il ghiaccio si tuffa nel vuoto conduca lungo le effimere frange sospese fino in cima al flusso ghiacciato.

Negli stessi anni, piano piano, ho incrementato la mia attività sia su roccia che su ghiaccio, acquisendo sempre più fiducia in questa fantastica progressione. Proprio l’Altro Volto del Pianeta è stato la mia prima salita impegnativa da capocordata.

Così, un venerdì pomeriggio di gennaio, dopo una frustrante settimana lavorativa passata a scalare con l’immaginazione ogni cascata formata e non dell’arco alpino, inizio a programmare il weekend con il forte socio, e ora corsista per diventare Aspirante Guida, Martin Russo.

Lui è un vero appassionato di montagna a 360 gradi, ma è su ghiaccio che riesce a esprimere tutto l’amore che ha per i luoghi in cui vive. Ci giunge una foto da un amico a cui avevamo chiesto informazioni sulle cascate della Valle Argentera. "Socio niente, anche quest’anno Ice Very Nice non è formata!" mi comunica mestamente in un messaggio vocale che accompagna la foto della famigerata cascata formata solo per metà. Senza prendermi troppo sul serio, in risposta, propongo di andare a chiodare l’attacco diretto. Come succede solo con le persone un po’ folli e visionarie, Martin coglie al volo la proposta: "Fantastico! Chiedo in prestito il tassellatore, piastrine ne ho d’avanzo, compra giusto qualche punta e degli spit da dieci! Ci vediamo sabato!". Sono elettrizzato, non sto più nella pelle: un sogno sta per realizzarsi! Andiamo a chiodare una nuova linea!

Puntuali ed eccitati, sabato mattina iniziamo l’avvicinamento. Il vero lavoro inizia proprio qui: sulle spalle un sacco da recupero stracolmo di materiale dall’esiguo peso di più di venti chili. Come se non bastasse le recenti nevicate hanno depositato al suolo un bellissimo manto di neve che ci tocca tracciare, sprofondando fino alle ginocchia, per i seicento metri di dislivello che conducono alla base della cascata! Due ore abbondanti, tra sbuffi e imprecazioni, ed eccoci. Intuiamo una linea che corre lungo una fessura che intaglia la grotta da destra verso sinistra, raggiunge un’esile medusa ghiacciata e prosegue a sinistra sulla frangia sospesa che ci sovrasta.

Parte Martin, trapano alla mano e cliff all’imbrago. Sale la prima rampa ghiacciata e pianta il primo spit, ora si balla! La roccia, come ci aspettavamo, è di pessima qualità e trovare punti in cui agganciarsi col cliff e proteggersi con friends o chiodi è davvero difficile. Con grande inventiva, un buon occhio e la discreta dose di panico, il forte socio riesce a scalare i primi venti metri del tiro e piazzare quattro ottimi spit nei punti dove la roccia risulta più solida.

Esausto, si cala. Ora è il mio turno! Salgo i primi metri in libera fino al penultimo spit infisso dal mio compagno, che emozione, la via che abbiamo immaginato sta prendendo forma! Fatico un po’ a raggiungere il quarto spit, c’è un passaggio impegnativo che con tutto il materiale addosso non è così scontato da concatenare.

Ora mi trovo sulla soglia dell’ignoto, inizia il terreno inesplorato. Delicatamente aggancio l’esile medusa con le picche, timoroso che la struttura possa cedere, appoggio la punta dei ramponi, mi alzo un po’ e mi assicuro ad una vite da ghiaccio. Via col primo spit della vita! Trapanare con il tassellatore e battere lo spit nella roccia da una enorme soddisfazione, ma che fatica! Mi alzo ancora delicatamente tra ghiaccio fine e roccia e devo ricorrere, seppur controvoglia, al famigerato cliff per posizionare lo spit successivo.

Ora il crux della via: un delicato volteggio dalla medusa alla frangia sospesa che va attaccata nel punto dove è giusto un velo ghiacciato. Il ghiaccio è duro, spaccoso, riesco a penetrarlo solo con pochi millimetri della punta di piccozze e ramponi. La fatica accumulata nell’avvicinamento e nell’infissione dei primi spit si fa sentire tutta all’improvviso, tremo, le braccia gonfie, sono al limite, non voglio cadere ora che lo spit è lontano! Riesco a piazzare una buona vite alla quale mi assicuro per riposare.

La parte su ghiaccio è più dura del previsto, richiede di aggirare lo spigolo della frangia e lanciarsi in piena esposizione sulla sua parte più verticale, un vero test per la mente, già provata dalle fatiche della chiodatura. Con qualche vite e molto acido lattico nelle braccia di troppo, arrivo in cima ai sessanta metri del tiro, che spettacolo! Stanco morto recupero Martin, che salendo disgaggia tutti i blocchi di roccia instabile e pulisce le frange. In sosta non riusciamo a trattenerci e scoppiamo in un grande abbraccio!

Rientriamo a casa sfiniti. I programmi per il giorno dopo sono "eroici": liberare la nostra via e chissà, magari fare un giro sull’Altro Volto. Al suono della sveglia, ognuno a casa propria sotto le lenzuola si sente come schiacciato da un treno. Ogni muscolo duole, già alzarsi dal letto è un’impresa titanica! Deferiamo di poco l’appuntamento per prendercela con più calma, ma nessuno dei due rinuncia a presentarsi. Pigramente, oggi con zaini più leggeri, ci incamminiamo verso il nostro cantiere.

Obiettivo: sistemare i cordoni per allungare le protezioni e pulire il tiro dai restanti blocchi di roccia instabile. Invece accade l’inaspettato: Martin, sbuffando e vibrando libera il tiro dando fondo a tutte le sue forze! Incredibile!

Tocca a me! Volo sulla parte di dry che ora è puro divertimento tra agganci discreti, tacche e ampie chiusure su incastri rovesci. Non riposo, in preda all’euforia, e arrivato su ghiaccio anche oggi gli avambracci si infiammano e i polpacci iniziano a tremare. Respiro, non mollo e tiro dritto, fino in sosta! Che spettacolo! Non solo abbiamo aperto una nuova linea di misto (la prima in Val di Susa!) interamente naturale, ma questa è anche estetica, scalabile e regala dei movimenti bellissimi, sia fisici che delicati, tra roccia e ghiaccio!

Ora è il momento di correre al bar a festeggiare, godendoci la discesa del conoide in una goduriosissima polvere pressata, la ciliegina sulla torta di una giornata perfetta! Davanti a una meritatissima birra decidiamo il nome per la nostra piccola creazione: per fare eco alla storica cascata della valle e richiamare la "psichedelia" che abbiamo vissuto nel chiodare e liberare il tiro, la linea si chiamerà "L’Altro Volto della Luna"!

Piccola nota tecncica: Le difficoltà proposte sono attorno al 5/M7 per 60 metri (giusti giusti!). In loco presenti 7 spit di cui alcuni con cordoni, sosta su albero uscendo sulla sinistra (maillon + cordoni nuovi). Calata con una doppia da 60m da brivido nel vuoto! Materiale: 8 rinvii, slunghi (occhio agli attriti delle corde!), viti da ghiaccio q.b. (almeno 5-6), mezze da 60. Da valutare il rischio valanghe sia per il conoide d’accesso (pendio ripido oltre i 30°) che per il canale soprastante.

E ora.. sotto con le ripetizioni! Buone scalate!

di Luca Rodano

SCHEDA: L’altro volto della luna, Valle Argentera




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