Una ripetizione della 'pazzesca' Melucci - Navasa alla Torre Prati (Dolomiti di Brenta)

Il 01/09/2023 Davide Danzi, Michele Lucchini e Tommaso Marchesini hanno ripetuto la Melucci - Navasa alla Torre Prati (Dolomiti di Brenta). Si tratta di una ripetizione rara, forse addirittura la prima, di questa 'pazzesca' via aperta dal fiorentino Paolo Melucci e dal veronese Milo Navasa nel 1962. O forse nel 1958, come racconta Lucchini.
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Ripetendo la Via Melucci - Navasa alla Torre Prati nelle Dolomiti di Brenta (Davide Danzi, Michele Lucchini, Tommaso Marchesini 01/09/2023)
archivio Michele Lucchini

Milo Navasa è stato uno dei più forti alpinisti veronesi di sempre. Era uno che, così come alcuni suoi illustri compagni di corda quali Aste o Stenico, apriva quasi solo "vioni", negli anni ruggenti in cui tanti erano ancora i grandi "problemi da risolvere".

Tra questi il Diedro Nord al Crozzon di Brenta con Aste, la Stenico Navasa allo Spallone Sud del Campanile Basso, la Via Verona alla Est di Cima Brenta aperta con i concittadini Dal Bosco e Baschera e liberata da Rolando Larcher nel 2002. La sua via più ripetuta - sicuramente non la più difficile - è la Via delle Grole alla Nord della Rocchetta Alta di Bosconero, sempre con i collaudati compagni Baschera e Dal Bosco. Rimane tutt'oggi una delle vie più belle delle Dolomiti, elogiata a suo tempo da Messner, primo ripetitore di questa grande classica. Memorabile il titolo dell'Arena ai tempi: "Era il signore delle cime, ma scendeva per le sigarette". Fu Dal Bosco a scendere a valle in preda all'astinenza per poi tornare dai compagni in parete.

Mancato nel 2009 ad 84 anni, Navasa ha vissuto una vita intensa: Bartolo Fraccaroli lo definì un "Hippie ante litteram, sempre in montagna, mesi interi e grandi salite". Poi, oltre all'attività sportiva, molti altri furono i capitoli che segnarono la sua storia, come la fuga da un lager nazista. Sarebbe riduttivo narrare in questa sede una così ricca biografia quindi andrò dritto al punto e racconterò di seguito la nostra ripetizione di quella che sembrerebbe essere la prima via importante aperta da Navasa in compagnia del forte alpinista fiorentino Paolo Melucci.

Questa via, già relazionata sul Buscaini, percorre la rossa e strapiombante parete sud della Torre Prati in Brenta. La scarna relazione parlava di VI A3, roccia ottima, numerosi chiodi. Sulla data di apertura ci sono alcune incongruenze: su "Dolomiti di Brenta" di Buscaini/Castiglioni la via è datata 1962 mentre su "Un Secolo di Alpinismo Veronese 1875-1975" la via è datata 1958. E queste due date si ripetono qua e là su altre fonti (ad. es. il quotidiano l'Arena di Verona riporta 1958) Probabilmente la prima, 1962, è la più attendibile in quanto è riportata dal libro del Brentei. Noi, poco pazienti forse, non ne siamo venuti a capo e comunque non intendiamo tediare oltre il lettore.

Passiamo invece a ciò che veramente importa: la linea sulla Torre Prati è pazzesca! Segue una fessura fino a tre quarti di parete per poi vincere la compatta placca terminale. La nostra epopea ha inizio 2 anni fa. La cordata è composta dal sottoscritto, nei panni del crodaiolo ciarlatano, Davidin, fortissimo tiratacche in graduale conversione verso l'alpinismo romantico, ed infine Tommi, l'ariete della cordata: mai un tremore per lui. Due anni fa carichi come muli non riuscimmo nemmeno ad arrivare all'attacco. La relazione del Buscaini, riportatata anche da Cappellari, descrive un avvicinamento da suicidio.

È così che quest'anno cambiamo strategia: io e Tommi saliamo per una ricognizione e scopriamo che dalla cengia che porta allo Spigolo Armani e poi al Bimbo di Monaco, in breve si arriva all'attacco. Quindi la via dista soli 20 minuti dall'Alimonta! Felicissimi riempiamo la giornata salendo la classica Via degli Astronauti sempre sulla Torre Prati e poi torniamo a dormire al Brentei, graziosamente ristrutturato in veste di lounge bar trentino.

La notte scorre piena di preoccupazioni. Ripetere una via aperta in artificiale e mai ripetuta (quanto meno dalle informazioni che siamo riusciti a racimolare, nonché dallo stato della via stessa e dei chiodi dichiarati sui tiri.. poi sai mai...) comporta un bel po' di incognite: le prese sul duro spesso non venivano tirate perchè si staffava, la roccia va arrampicata come fosse vergine e i pochi chiodi risulteranno oltremodo vetusti ed inaffidabili: molti, piantati per metà, si sfileranno a mano!

La mattina Davidin ci raggiunge al Brentei partendo dall'auto e con tutta calma andiamo su. Parto e piano piano la roccia - che si rivela, seppur da ripulire, di gran qualità! - si fa domare. E anche se i pochi chiodi non garantiscono alcuna sicurezza, i friend e i nut entrano che è un piacere, concedendo sempre di azzardare il passaggio. Ci alterniamo al comando e ogni tiro è diverso e stupendo. Giunti alla parte sommitale tocca a Tommi tirarci fuori: senza esitazioni sale in libera anche questa ultima ed impegnativa placca strapiombante che gradiamo VIII (o un robusto 6c+). Un ultimo facile tiro ci porta in vetta e, va da sé, siamo gasatissimi!

Lungo la salita abbiamo spittato le soste. È stata una scelta ponderata in quanto è questo un tema eterno a cui siamo sensibili. Su una via di questo tipo - ovvero in strapiombo e di alta difficoltà - in cui di soste ne abbiamo trovata solo una e si sfilava a mano (e risultava assai difficile su alcune di esse mettere qualcosa di decente), abbiamo ritenuto ragionevole rendere sicuri i punti di fermata con almeno uno spit inox 10mm. Sappiamo bene che a qualcuno questo non piacerà, ma sappiamo anche che molti altri apprezzeranno il nostro operato. Ci eravamo anche ripromessi di sostituire eventuali chiodi a pressione con i loro nipoti fix. Però a fianco all'unico che abbiamo reperito sulla via entravano due friend bomba, quindi ci siamo risparmiati l'ergastolo. Abbiamo inoltre pazientemente disgaggiato la via, ma le "antenne alte" sono d'obbligo!

Per finire due dettagli per chi volesse avventurarsi su questa breve ma stupenda ascesa: come già detto fino ai due tiri duri le protezioni entrano alla grande, se volete stare tranquilli doppiate un po' di roba medio grande. Anche sui tiri duri ci si protegge decentemente ma l'inclinazione della parete e la dimensione degli appigli rende un po' più oneroso star lì ad armeggiare. Le difficoltà sono comunque sempre obbligatorie e i gradi che abbiamo suggerito sono, ovviamente, da confermare. Dalla vetta la discesa è anch'essa su soste a spit, essendo in comune con tutte le altre vie della Torre Armani.

Siamo sicuri che per gli amanti delle vie d'antan in strapiombo da riscoprire in chiave moderna la Melucci-Navasa alla Torre Prati potrà essere una ghiotta novità… Have fun!

Ringraziamo Verona Verticale e il Salewa Store Verona

di Michele Lucchini

P.S. Per quanto scontato, è doveroso ribadire quanto sia incredibile che più di 70 anni fa si siano cacciati su da quello strapiombo con scarponi, canaponi in vita, chiodi e cunei. Chapeau!

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