Prima Solitaria di Orient Express sul Gran Sasso per Lorenzo Angelozzi

Il 27 agosto Lorenzo Angelozzi ha effettuato la prima salita solitaria di Orient Express (650m, ED-, passi fino al VI+) sull'Anticima Nord del Paretone, Corno Grande, Gran Sasso.
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Lorenzo Angelozzi, prima salita solitaria di Orient Express (650m, ED-, passi fino al VI+) sull'Anticima Nord del Paretone, Corno Grande, Gran Sasso.
L. Angelozzi
Lorenzo Angelozzi ha 20 anni. E non è nuovo di queste cronache. Qualcuno infatti si ricorderà della prima invernale di Fulmini e Saette (700 metri fino al VII) di cui è stato uno dei protagonisti insieme ad Andrea Di Donato e Andrea Di Pascasio parete nord-ovest dell'anticima della Vetta Orientale del Corno Grande. Una bella avventura di quelle che lasciano il segno, scrivevamo allora...

Evidentemente qualcosa dev'essere rimasto, almeno nella testa e nel cuore di Lorenzo. Perché su quella stessa parete il giovane e fortissimo alpinista teramano è ritornato, questa volta da solo, per la prima solitaria di “Orient Express”. 650m con difficoltà di ED- con passi fino al VI+ , aperti da Massimo Marcheggiani e Fabio Delisi nel 1982, sicuramente da scrivere tra le “vie mito” e, al tempo stesso, meno conosciute del Gran Sasso. Tant'è che (sarà un caso?) conta pochissime ripetizioni, oltre a mancare naturalmente della prima invernale.

“Le difficoltà di Orient Express” ci ha spiegato Angelozzi “sono concentrate negli ultimi 250m. Diversi tiri con passi di VI fino al VI+ , placche e traversate espostissime su roccia buona ma a tratti inaffidabile. La prima parte, invece, presenta difficoltà fino al IV ma su roccia peggiore e il tracciato della via è difficilmente individuabile (non l'avevo mai fatta prima). Esce sulla vetta dell'Anticima, lungo la via ferrata Ricci che in un batter d'occhio ti porta al rifugio Franchetti”.

Ma non è finita perché per arrivare all'attacco occorre sorbirsi “la scontrosa Cengia dei fiori che prevede 3 discese in doppia... dato che avevo con me solo 20m di corda, 3 nut e qualche moschettone ho dovuto arrampicare in discesa lungo tratti franati, erbosi e pieni di detriti...”. Morale: per la prima solitaria Lorenzo ha impiegato 3 ore, 4 considerando anche l'avvicinamento... A noi sembra ce ne sia abbastanza per affermare che si tratta di una solitaria da incorniciare! E forse lo capirete meglio anche dal report della salita.

Prima però di lasciarvi alla lettura vorremmo fare una precisazione. Chi legge queste pagine sa che abbiamo sempre evitato di “glorificare” troppo le salite solitarie. Il motivo è intuibile: chi sceglie questo tipo di avventura deve essere pienamente consapevole del rischio che si assume. Deve avere, prendendo a prestito le parole di Steve House, “una motivazione pura e un cuore forte e puro”. Bene, leggendo il report a noi è sembrato di scorgere questa purezza... Forse perché, cosa più unica che rara, a scriverlo è stata la madre di Lorenzo. Sì, quello che leggerete è il racconto che il giovane alpinista solitario ha fatto alla sua mamma...


PRIMA SOLITARIA SU “ORIENT EXPRESS” di Paola Di Natale

È sabato sera, Lorenzo mi telefona e mi chiede di controllare su internet dettagli su Orient Express. “Aperta da Marcheggiani e Delisi, prima ripetizione di Cantalamessa e Bessio, che vuoi sapere?”
“Se l’hanno fatta in solitaria”
“Non ancora”
“Allora ho fatto la prima solitaria”
“Che hai fatto?!?!”

Lorenzo era a lavoro ai Prati di Tivo, lavorava sotto i boschi respirando quell’aria che gli piace tanto. Poche fuggevoli ore in parete nel tempo libero avevano lasciato il desiderio di qualcosa di forte, adrenergico. L’idea era il paretone, la scontrosa Anticima Nord dove puoi salire dritto solo con poche vie, tra cui Orient Express, bellissima, lunga, diretta ed esposta quanto basta per ripensarci un po’ su. Domani è l’ultimo buon sole ma Andrea non c’è. Lorenzo decide di partire da solo… “Adesso o mai più”.

La notte non passa bene, mi racconterà poi; una voce dentro lo cautela, la ragione enumera i rischi e il vento che sbatte le finestre sembra volerlo spingere a lasciare i piedi a terra; ma un’altra voce gli dice di andare e quella voce è più forte, ed anche il vento è calato.

Alle 9 e 30 del mattino, con calma, Lorenzo parte. Ha la Cengia Dei Fiori davanti e ancora il ricordo delle 9 ore per arrivare all’attacco di Fulmini e Saette. Allora era inverno ed erano in tre, oggi è solo e le regole che infrange sono solo sue. Alle 10 e 30 è alla base della via!

Il caldo e la fatica gli dicono di bere ma la solita voce urla che l’acqua è un premio… “Hai solo mezzo litro, un sorso all’attacco, uno a metà parete e il resto in vetta!”. Decide di tenere le efficacissime Superga lungo la prima parte della via. 300 mt. di III e IV grado che si rivelano bellissimi, la roccia è buona e Lorenzo sale velocemente. Le due voci, pilota e copilota, continuano a spingere, cautelare ed incoraggiare, ma è dopo la prima metà che le cose si fanno serie. La via è sempre più esposta, Lorenzo è slegato ma dalle foto vedo la corda che penzola.

“Ma chi ti fa sicura?”
“Nessuno”
“Non ti faceva paura quell’esposizione?”
“No, quando sei slegato o cadi da 70 mt o da 700… La vera paura era quella di non riuscire ad andare avanti”

Invece Lorenzo avanti c’è andato, spinto ed incoraggiato dalle due voci. Dalla comba a metà parete parte subito un tiro di VI; un chiodo in parete ed una veloce consultazione telefonica con Gianluca confermano che la via è giusta. Un centinaio di metri di salita meno impegnativa ma su roccia non buona richiedono una tranquillità d’animo che la corda che penzola sempre nel vuoto non dà. La voce copilota incoraggia ancora. Siamo alla resa dei conti e i famosi tiri finali della via, quelli esposti, quelli da affrontare con la calma del tempo sono tutti sopra Lorenzo: un centinaio di metri tra il V+ e il VI+.

Lorenzo è solo, ha con sé 20mt di corda tre nut e qualche moschettone… se non procede non torna indietro; intanto un elicottero passa lì sotto e Marco che sapeva di lui trema.

“Spengo il cervello e comincio a salire. Vedo la corda, so che non mi sostiene ma psicologicamente è di aiuto. Posso solo andare avanti, improvviso sistemi di moschettonaggio che facciano attrito e mi rallentino in caso di caduta. Da quel momento la scalata diventa bella, armoniosa nel movimento ed io mi diverto”.

Ecco il senso di tutto. Divertimento. Non una sfida, non una gara, né la motivazione di essere forte… ma puro divertimento.

Paola Di Natale



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