Per Giac... da Elio Orlandi

Elio Orlandi e il ricordo dell'amico, nella vita e in montagna, Fabio Giacomelli. Il trailer de 'L'abbraccio del silenzio' il film presentato al 59° Trento Film Festival accompagnato da uno scritto rimasto nel 'cassetto'.
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Fabio Giacomelli
arch. E. Orlandi
Ci sono coincidenze che sembrano accadere senza ragione, almeno all'apparenza. La scorsa domenica, al Trento Film Festival, con qualche amico si stava dicendo di quanto nella nostra vita, come nell'alpinismo, la memoria di chi non c'è più sembra svanire sempre più velocemente. Ormai siamo senza memoria, si diceva. Andiamo troppo veloci e sembra non ci sia più lo spazio e il tempo per il ricordo... A poca distanza, intanto, la proiezione di "L'abbraccio del silenzio", con cui Elio Orlandi ha voluto ricordare Fabio Giacomelli "Giac", aveva riempito la sala. Tanto che qualcuno è rimasto anche fuori. "Fabio Giacomelli" come spiega la sinossi del film "se ne è andato il 1° gennaio 2010, in un giorno cupo di vento e neve, quando anche il Cerro Torre si era rivestito del suo urlo. Un soffio della montagna lo ha portato via, tradito da un pendio di neve perfido e crudele esposto agli accumuli pronti al distacco." Con lui, o meglio inesorabilmente separato da lui dalla tormenta patagonica, c'era proprio Elio Orlandi che ora ricorda l'amico e compagno di tante avventure con questo breve ed intenso filmato. E questa è la prima "coincidenza".
La seconda è di ieri mattina. Quasi per caso mi sono ritrovato a guardare online il trailer proprio di quel film. Poi, cercando dell'altro sulla mia casella di posta, mi è apparsa una email del tutto inaspettata. Risaliva a poco più di un anno fa ed era quello che Elio Orlandi ci aveva mandato "Per Giac"... Per quel ricordo dell'amico che, timidamente, gli avevamo domandato per PlanetMountain. C'era voluto qualche mese, ma poi "dopo qualche ripensamento e vari tentennamenti" Elio ce l'aveva inviato quel ricordo. Solo che, inspiegabilmente e colpevolmente, era rimasto lì sommerso da centinaia di mail. Forse non era il suo momento. Sicuramente non lo era per me che non ho avuto occhi e tempo per "vedere" e "ricordare" questa bellissima testimonianza che unisce i pensieri di Fabio a quelli di Elio. La pubblichiamo ora, così come ci è arrivata 12 mesi fa. Facendola precedere dal trailer del film. Sarà un caso ma è come mi avessero cercato questi pensieri "sepolti" nel tempo che fugge sempre più avanti e sempre più di fretta. Per pensare e ripensare a tutti quelli che, nella vita come nell'alpinismo, non ci sono più ma restano, anche se non ce ne accorgiamo, dentro di noi.

Vinicio Stefanello



La creatività, la fantasia è una dote, un privilegio che appartiene solo all’essere umano, fare tesoro di tutto questo è fare tesoro della vita, è saper cogliere il momento, l’attimo, le sensazioni come un vapore, una nuvola che da li a poco si può dissolvere e che non ritornerà mai come prima. Ci sono momenti, luoghi che poi si cerca di ripercorrere con la memoria, ma quell’attimo, quella sensazione rimane dentro, indelebile, propria o condivisa, ma mai ripetibile. …Nuovamente qui a ripercorrere queste valli, a camminare lungo questi sentieri e le morene, per ritornare lassù: è un sogno che continua, un’avventura senza fine. Sogni e ancora sogni, fatiche a volte immani, altre volte ti chiedi perché, ma poi abbassi la testa e vai avanti. Basta un momento per alzare la testa e capire perché sei nuovamente qui.
E’ difficile spiegare, a volte l’istinto, la voglia di andare è troppo forte, chiedo di essere capito, ma è uno sforzo troppo grande. Amo la gente, parlare e dialogare, trasmettere emozioni, far sentire la propria vita, guardare in alto e sentirsi liberi. Ci sono momenti che non si possono raccontare, attimi a volte talmente intensi che probabilmente rimangono propri. Questa tranquillità, questa solitudine ti aiuta a pensare, a capire molte cose, giuste e sbagliate, a scoprire ancora te stesso. Dicono che la Patagonia sia qualcosa di magico, ma io credo che la magia più grande sia scoprire quel qualcosa che è dentro di noi, di poterlo condividere con il tuo compagno, vivere momenti talmente intensi che realizzi solamente dopo.”
Fabio Giacomelli

Ancora una volta aveva chiamato urlando il Silenzio. Ci eravamo ritrovati su quella parete, quasi sempre in ritardo sul nostro stupore, a sfogliare tramonti, trattenendoli a lungo negli occhi, strappandoli agli orizzonti lontani che sembravano tuffarsi nell’infinito, al di là delle lunghe ombre, dove il cielo velato di nubi stracciate dal vento si staccava dalla terra nuda di polvere. E ancora per una volta ci aveva trattenuto a lungo il Silenzio. Con la sua tenerezza ci riavvolgeva caldo, come l’abbraccio di un padre.
La Patagonia mi ha sempre dato tanto, però questa volta mi ha tolto in un colpo solo molto, troppo di più di quello che mi ha concesso.
Giac, te ne sei andato in un giorno senza sole, cupo di vento e neve, quando anche il Torre si era rivestito del suo urlo e dove il tuo passo si allontanava piano da un altro giorno che stava per finire. Un soffio della montagna ti ha portato via, tradito da quel pendio di neve, perfido e crudele, esposto agli accumuli pronti al distacco… quando anche il freddo ha stretto il nodo intorno al tuo destino.
In quel silenzio assordante, la peggiore delle solitudini mi ha devastato e violentato il cuore, lasciandomi solo a cercarti in un pianto profondo pieno d’angoscia, che subito non riusciva a lacrimare. Ho gridato il mio dolore al vento, ho urlato rabbia alla montagna che sembrava voler seppellire di tormenta anche la mia sofferenza, ho fatto a pugni col nulla e anche con Dio. Ho litigato con la neve ed imprecato contro il diavolo, ho toccato la profondità fino al vuoto, ho stramaledetto la sorte e quella strana ingiustizia bastarda che, in questo mondo che va così storto, tende sempre a togliere il meglio per lasciare lunga vita al peggio. Ma poi una lacrima mi ha insegnato che la ricerca non poteva essere vana.
Ho inseguito a lungo la mia fragilità aggrappandomi alla forza della disperazione per non sentirmi un inutile prigioniero della paura. Ho anche cercato di ascoltare l’infinito, però non sono più riuscito a ritrovare in tempo il tuo respiro… E quando, in quell’abbraccio di gelo, il peso della morte mi ha schiacciato il cuore e la sua ombra mi ha tolto ogni speranza, ho intravisto nei tuoi occhi ancora chiari il vuoto di un cielo assente e l’affanno di un fiato lacerato, mentre lacrime di solitudine lavavano la polvere della tristezza di una vita spezzata, di un grande amico perduto, di un altro sogno infranto.
Mi ripetevi sempre che per te non contava tanto l’arrivare in cima o quante volte l’avresti fatta. Ti sentivi libero dalla schiavitù della vetta. La montagna non era mai terra di conquista, oggetto di consumo o strumento di visibilità solo per apparire, bensì sempre nuova occasione per vivere grandi esperienze fatte di enormi soddisfazioni, anche se talvolta piegate da inevitabili coraggiose rinunce, ma tuttavia chiaro insostituibile pretesto per condividere sogni infiniti. Ponevi sempre il valore umano dinanzi al successo o al risultato, la qualità della persona prima dell’essere alpinista. Per te era più importante il rispetto, il sentimento dell’Amicizia, l’armonia nel rapporto con l’uomo e la parete senza prevaricazione; valevano di più l’intensità delle emozioni che si provano durante la salita e le sensazioni condivise in un legame sincero.
La tua grandezza stava nel considerarti assolutamente normale ed io mi sentivo in perfetta sintonia con te, per la solidarietà, l’affiatamento e l’intesa che ci univa.
Adesso, questa vita che mi sembra così ingrata, anche senza di te si è già rimessa in cammino. Mi sento confuso e provo dolore. Non ce la faccio ancora a sciogliere quel nodo tanto stretto che mi tiene legato a te. La tua impronta è troppo profonda ed è così difficile lasciarti andare.
E ora, quando anche la tristezza vorrebbe tornare a sorridere al ricordo della tua risata, sentendo di te più che mai la mancanza, desidererei tanto riuscire a riempire il silenzio con la tua voce, il vuoto con la tua presenza, il cuore con il tuo entusiasmo, l’animo con la tua passione.
Forse non sarò più capace di sognare come prima, o forse basterà una nuova forza, la tua che sento mi stai già dando, Giac, per mettere di nuovo ordine fra il disordine dei miei sogni. Alla fine sarà sempre Lui, il Silenzio, a chiamare.
Elio Orlandi

E’ straordinario sentire il vento, sentire che ti parla, sentire vivo tutto ciò che ti sta attorno, guardare queste montagne e sentire vive le storie d’altri tempi. Sette anni quaggiù mi hanno cambiato la vita, tutto assume un aspetto diverso. Impari ad apprezzare anche il minimo particolare, a gustare anche quel minuscolo pezzo di pane in fondo alla ciotola, prima di infilarti nel sacco a pelo nella neve...
Fin dalle prime volte che ho camminato lungo i sentieri di queste valli, ho sentito i brividi, l’emozione salire in corpo e poi lo sguardo perdersi in questo mondo verticale che lo senti scorrere nelle vene, è linfa vitale, senza fine… e poi, tanta motivazione, tanta carica per buttarci su questa parete a volte tanto ostile, ma altrettanto straordinaria da ammagliarci con la sua linea tanto elegante.
Giorni e giorni passati là in alto appesi, ti fanno guardare dentro la vita, a volte riesci a trovare quella lucidità e quell’obiettività, che nella frenesia, nello stress di tutti i giorni non trovi. Verticale e ombre giocano con le luci dall’alba al tramonto, appigli  disegnati come su una tela di Van Gog, arte indiscussa, creata e modellata dal tempo; l’artista disegna le sue tele e noi le nostre linee sottili e immaginarie. Nuovi progetti  di giochi verticali, linee ideali che poco a poco prendono forma, solamente “con pochi chiodi e martello“, appesi nel vuoto come un ragno sul suo filo.
Arrampicare e legarsi ad una corda è una cosa che ho fatto con poche persone, devi avere fiducia nel compagno, l’uno non è superiore all’altro, la cordata si alterna, alla corda sono legate due vite ognuna importante e ognuna con la propria storia, si sale e si scende sempre con la stessa attenzione fino all’ultimo passo, ognuno ha bisogno dell’altro.
… Su questa montagna 15 anni fa ho perso un caro amico, il più grande amico, e sulle Dolomiti ho perso un fratello “grande arrampicatore“, eppure amo le montagne e questa montagna come non mai.
Le storie della vita sono infinite: è anche questo che da una grande voglia di vivere, vivere per chi non c’è, vivere per quello che hanno lasciato, vivere per trasmettere a chi sa apprezzare e capire questo mondo, vivere per condividere, tesori… tesori unici. Quando metto le mani sulla roccia sembra che tutto si trasformi, il corpo, la mente entrano in un turbine di emozioni indescrivibile… Dio come è bello vivere…”
Fabio Giacomelli




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