Chiedilo a Keinwunder, l’incredibile mistero dell’alpinismo

PlayAlpinismo film: Chiedilo a Keinwunder di Carlo Cenini ed Enrico Tavernini racconta e svela l'appassionante e incredibile storia di Hermann Keinwunder un alpinista tanto dimenticato quanto pazzesco. Recensione di Vinicio Stefanello.
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Chiedilo a Keinwunder di Carlo Cenini ed Enrico Tavernini (produzione Compagnia delle Nuvole)
PlayAlpinismo

Ci sono alpinisti di cui nessuno, o quasi, conosce l’esistenza. Uno di questi è Hermann Keinwunder. Una figura particolare - che, confesso, anch’io avevo solo sentito nominare casualmente. Niente più che un accenno… quasi un modo di dire. Quel “Chiedilo a Keinwunder”, appunto, detto di sfuggita quasi a riassumere in un’unica formula, vaga quanto misteriosa, tutte le risposte alle eterne domande, tutte rigorosamente senza soluzione, sull’alpinismo. Bene, ora, grazie all’incredibile lavoro di ricerca di Carlo Cenini ed Enrico Tavernini, tutti possono conoscere l’incredibile storia - direi anche la dolorosa e combattuta vicenda umana - di uno degli alpinisti più controversi, strani e probabilmente più visionari, nonché assolutamente sconosciuti, della storia dell’alpinismo. Perché questo mockumentary (attenzione… nomen omen) è davvero una chicca inaspettata che getta uno sguardo sul mondo dell’alpinismo e lo scandaglia nella sua essenza - se volete - più controversa.

Insomma, come mai Hermann Keinwunder è stato dimenticato, anzi cancellato, dalla storia dell’alpinismo? Il film cerca una risposta con l’aiuto di eccezionali documenti ma anche affidandosi alla competenza e alla passione di un climber che ha fatto la storia dell’arrampicata moderna come Maurizio Zanolla alias Manolo, un alpinista himlayano di lunghissimo corso come Fausto De Stefani e (ciliegina sulla torta) uno dei massimi storici e scrittori di alpinismo come Enrico Camanni. Tutti e tre risultano assolutamente illuminanti nei loro interventi. Poche volte li abbiamo visti così appassionati e anche profondi. D’altra parte il mistero attorno a questa figura di uomo e alpinista aldilà di ogni schema non può che “prenderti”. Anche se a tratti si ha quasi l’impressione, da certi loro mezzi sorrisi o sospensioni, che avrebbero voluto dire anche dell’altro. Forse c’è qualcosa che non si può ancora dire su Keinwunder?

Anche per questo e per dipanare l’intricata matassa i registi hanno interpellato, tra gli altri, un regista profondo come Silvano Agosti, uno studioso di psicobiologia e psicologia fisiologica come Giorgio Vallortigara, senza contare quello psicoanalista (rigorosamente tedesco) di cui non ricordo il nome. Inoltre, proprio per l’incredibilità del personaggio, sono riusciti a far testimoniare anche la splendida donna che - ahilei - ha avuto una fugace quanto intensa storia d’amore con il nostro, avendone peraltro anche un figlio. I due, madre e figlio, sono stati “regolarmente” abbandonati da Keinwunder per il quale l’attrazione per le pareti, le montagne e la scalata era irrinunciabile e non contrattabile con le esigenze e i bisogni di una famiglia. Triste storia anche questa, e per la verità forse non dissimile da tante altre storie alpinistiche e non, che diventa l’asse portante del racconto. E’ proprio il figlio abbandonato, infatti, o meglio la sua ricerca del padre, che fa da filo conduttore al film. Un percorso che lo porterà, di scoperta in scoperta, ad affrontare non solo la figura paterna ma anche se stesso.

Premesso tutto ciò, va da sé che, per gli alpinisti e non, questo è un lavoro assolutamente da vedere. E per chi non avesse ancora capito di cosa, ma soprattutto di chi stiamo parlando, basti dire che Hermann Keinwunder era un alpinista e un “visionario” che ha precorso i tempi. Come nella sua programmatica - vorrei dire ideologica - avversione della cima. Lui, ben prima dei Nuovi Mattini, aveva già rifiutato il concetto di cima e direi anche quello di conquista. Lasciate perdere se i molti detrattori lo consideravano un emerito cacciaballe, tanto lo sapete c’è sempre “un alpinista fallito, un puro, un teorete o un chissà chi a sparare cazzate”. E’ vero: Keinwunder non arrivava mai in cima, si fermava sempre un po’ prima. Ma, e ditemi se è poco, lui scendeva da dove era salito anche se erano pareti impossibili. Non a caso fu sempre lui, dopo uno scherzo a dir poco feroce - e che per brevità non vi svelo, a teorizzare il concetto futuristico di UltraVetta. Per dire: voleva cambiare con interventi ingegneristici pazzeschi la vetta del Campanile Basso… Vabbé forse l’uomo era un po’ esagerato, ma non lo sono un po’ tutti gli alpinisti?

Comunque si dovrebbe raccontare anche delle sue esplorazioni negli States, quando Yosemite non era ancora quello di adesso per l’arrampicata. Oppure di quell’autentico scoop, documentato nel film, della sua scoperta, anzi della sua “amicizia” con lo Yeti. A dirla tutta neanche Messner c’è riuscito. Ma andremmo troppo oltre. Vi basti che questo è un mockumentary da non perdere per la profondità, la passione e anche per… il divertimento. Ah sì, per chi non lo sapesse un mockumentary viene definito da wikipedia come “un falso documentario”. Ma voi non ci badate, non fate come lo strepitoso silenzioso ed anonimo detrattore del film. Voi guardatelo senza preconcetti… Chiedetelo a Keinwunder. Non ve ne pentirete ;-)

Vinicio Stefanello

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CHIEDILO A KEINWUNDER
REGIA DI Enrico Tavernini e Carlo Cenini
SCENEGGIATURA di Enrico Tavernini e Carlo Cenini
PRODUZIONE Compagnia delle Nuvole
DURATA '47

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