Rock Petzl Trip - Valle di Gétû, Cina

Dal 26 al 30 ottobre 2011 nella Valle di Getu in Cina si è tenuto il 10° Rock Petzl Trip che ha riunito molti tra i migliori climber del mondo all'insegna dell'arrampicata ma anche della festa totale. Tra le altre, da sottolineare la grande prestazione di Gabriele Moroni che libera un 9a e di Dani Andrada con la libera della sua via sull'impressionante Grand Arch. Tutto il report di Maurizio Oviglia.
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Chris Sharma e Dani Andrada su Corazon de Ensueno, Grand Arch, Gétû Valley, China
Maurizio Oviglia

Quando organizza qualcosa la Petzl fa davvero sul serio e questa volta, nella Cina Meridionale, nella lontana provincia del Guizhou, ha superato davvero se stessa. Alla vigilia di questo Roc Petzl Trip, che nell’idea del pubblico è sempre apparso come un raduno piuttosto esclusivo di parte della crème mondiale dell’arrampicata in falesia, riservato cioè ad una manciata di atleti, la scelta di una location così lontana e sconosciuta appariva a dir poco una scommessa. Non per nulla la Petzl ci stava lavorando su già da diversi anni ed aveva così ingaggiato diversi chiodatori per tentare di trasformare un piccolo villaggio contadino in capo al mondo in una nuova world climbing destination sul modello di Kalymnos. A questo progetto, avevano partecipato negli anni scorsi fior di nomi di chiodatori, invitati e sponsorizzati da Petzl, basti citare tra tutti Arnaud Petit, Yann Guesquiers, Gerard Horager, Daniel Du Lac, Martial Dumas, Dani Andrada e tanti altri… In molti tuttavia si chiedevano chi mai sarebbe andato così lontano per partecipare ad un raduno, in cui per organizzare un evento le difficoltà logistiche apparivano quasi insormontabili in un paese dove tutto è burocratizzato e gerarchizzato all’inverosimile, e dove nessuno si sogna di prendere la benché minima iniziativa, a meno che questa non arrivi dal governo.

Nei giorni antecedenti l’evento, il sito della Petzl annunciava 450 iscritti ma davvero, considerando le 15 ore di volo, le 5 ore di pulmann in mezzo a villaggi a dir poco fatiscenti, proprio non pensavamo che tanta gente potesse arrivare sin qui con i propri mezzi. Dopo tanto viaggiare, gli striscioni Petzl al campo base del villaggio ci rassicurarono subito e, seppur stravolti dal viaggio, abbiamo constatato che la sistemazione nell’hotel locale non era davvero male, rapportata a ciò che avevamo visto dal pulmann. Nonostante il cielo grigio, già il pomeriggio siamo andati ad arrampicare nel primo buco più vicino a cinque minuti dal campo, la Lazy Dragon Cave, una bella grotta dove il fiume vi entra dentro e vi scompare letteralmente, per uscire un chilometro più giù… Già dalla sera del 25 l’atmosfera era piacevole e si respirava già aria di meeting internazionale di un certo livello. Appena arrivati ecco gironzolare in bicicletta tra le piccole botteghe di alimentari Arnaud Petit (ma come diavolo avrà fatto ad inserire la bici in valigia?) e poco dopo sua moglie Stephanie Bodet, per la quale quando sei come si suol dire a quattr’occhi e balbetti ti viene in mente il detto pakistano “Perché non occorre il porto d’armi per gli occhi di una bella signora? Sparano agli uomini come proiettili, tagliano con la stessa precisione di una lama…” . L’esiguo gruppetto di italiani presenti invece si componeva del fortissimo Gabriele Moroni, di Rolando Larcher e il sottoscritto, accompagnato da Cecilia Marchi. Più Giulia Delladio e Sandro De Zolt inviati e rappresentanti di La Sportiva, main sponsor dell’evento, e Andrea Gennari Daneri per Pareti Magazine.

I francesi l’hanno fatta ovviamente da padroni con un bel gruppone: oltre ai già citati Arnaud e Stephanie, il simpaticissimo Tony Lamiche, Daniel Du Lac con l’onnipresente cappello a larghe falde in testa, Enzo Oddo (per cui si prevede che a breve tutte le climbers impazziranno), Gérôme Pouvreau, Mike Fuselier e tanti altri. Tra le ragazze da segnalare tra le tante la fortissima Melissa Le Nevè e una Liv Sansoz un po’ sfortunata, nuovamente in infortunio nei giorni prima che iniziasse l’evento. Impossibile poi citare tutte le stelle accorse dall’America, Dave Graham, Ethan Pringle e Lynn Hill tra gli altri, dall’Inghilterra, dalla Nuova Zelanda come Mayan Smith Gobat, dalla Corea e dal Giappone, dal Belgio e dall’Olanda… dalla Svizzera c’era naturalmente Nina Caprez, dalla Svezia, dall’Austria, dall’Inghilterra, dalla Spagna (Sharma, Oleda e Andrada) e chi più ne ha più ne metta… Insomma un contesto ideale per sentirsi in falesia, almeno personalmente, una gran pippa… ed appendere le scarpette al chiodo, sigh!

Le giornate di arrampicata si sono succedute tranquille all’insegna di un tempo purtroppo stabilmente uggioso, che non ha permesso di godere appieno dello spettacolo di questi luoghi, lasciandoci anzi un inevitabile idea di tristezza. Peccato. Per fortuna, com’era intuibile, le pareti all’interno delle grotte non si bagnano ed è quindi stato possibile arrampicare ugualmente senza passare le giornate in albergo, anche se sarebbe stato bello tentare almeno di vincere Sharma a briscola! Purtroppo sulle vie all’interno della grande grotta, incredibile meraviglia naturale che da sola vale il viaggio - malgrado la lavorazione bellissima ed a volte curiosa della roccia (i famosi alveoli di Gétû) - abbiamo constatato che la pietra era piuttosto polverosa lasciando sulle scarpette un fastidioso strato di bianco, nonostante il gran lavoro di spazzola operato dall’équipe Petzl. Nessun problema invece per i settori più esterni, come la bellissima Buddha Cave o la Fish Crag, dove l’arrampicata è invece più verticale su roccia magnifica. Un piccolo appunto va fatto sulle gradazioni e sulla chiodatura delle vie, risultata estremamente disomogenea, ma questo è ovvio essendo frutto di un équipe molto eterogenea e trattandosi di vie con pochissime ripetizioni, insomma appena aperte.

In molti si sono confrontati con la multipitch di riferimento nella grotta, l’impressionante “Lost in Traslation” (8a, 4 tiri lunghi e ben distesi) aperta l’ottobre scorso da una delle coppie più forti del mondo, Petit-Bodet, in una settimana di fatiche. Tra essi la nostra cordata inedita Larcher-Daneri (Rolando ha fatto uno spettacolare volo di 15 metri nel vuoto, avendo sbagliato sul runout finale del secondo tiro, trovandosi fuorivia a livello della sosta senza più prese ha dovuto lasciarsi nel vuoto. Andrea e Rolando comunque avranno modo di riprendersi il giorno dopo, scalando un paio di 8a a vista ciascuno), la cordata Mayan Smith e Lynn Hill, Mc Clure con Cody Roth, Sean Villaneuva con Ethan Pringle etc… insomma una specie di Ballando con le stelle dell’arrampicata!! Quanto a me ho avuto occasione di fare solo il primo tiro di questa spettacolare via, constatando con piacere che Petit chioda sempre più secondo i dettami del Larcher Style, ovvero con lunghi run-out e obbligatori onnipresenti. Che dire: bene, per una volta siamo noi italiani a far scuola presso i francesi! E’ stato comunque bello vedere Rolando, dopo il grande volo, andare a complimentarsi con Arnaud per il runout e sentirsi rispondere “Mi hai insegnato tu a fare così!”.

Diversa come concezione è invece l’attigua “Corazon de Ensueno”, 8 tiri sulla volta della grotta aperti in artificiale spesso in solitaria da Dani Andrada, e su cui Dani ha dato spettacolo per tutti i giorni del meeting cercando di liberarla per intero, cosa che peraltro gli è riuscita il 30 ottobre, in cordata con il povero Chris Sharma, che appariva persino in difficoltà a stare dietro alla strapotenza di Dani su questo terreno. Sotto il pubblico osservava quella mosca di colore arancione attaccata al soffitto per tutto il giorno ed io, non potevo fare a meno di pensare a quella foto che Dani aveva mostrato la sera prima, mentre chiodava un soffitto orizzontale con in una sola mano un pesante trapano Hilti. A fianco mi sono ritrovato Stephanie, così non ho potuto fare a meno di chiederle: “Scusa, ma Dani non sa che esistono trapani ben più leggeri dell’Hilti, per esempio il Makita? Come dev’essere devastante chiodare un soffitto di otto tiri con una macchina da 5 kg in una sola mano!” Lei mi ha zittito subito osservando “Si ma Dani non ha mica un braccio normale come il nostro, lui ha un braccio bionico!”. In ogni caso l’ultimo giorno Dani ha chiuso la via tutta da primo, 240m sino all’8c, una via che per la sua conformazione si può ben ritenere una master piece mondiale.

L’ultimo giorno, dentro il Grand Arch, si sono esibiti tutti i più forti sulle dure vie preparate da Horager e Fuselier in un muro strapiombante a terribili alveoli svasati. Devo dire che è stato un bello spettacolo e, nonostante l’umido onnipresente, incredibilmente la roccia non sembrava risentirne molto, considerato le performance dei presenti. Notevole la francese Melissa La Nevè a confronto con la giovanissima Sasha DiGiulian, superlativo il nostro Gabriele Moroni, per tutti i francesi francesizzato ovviamente in “Gabì”, che sembrava più a suo agio di Oddo e Graham sulle infide reglettes del superprogetto Coup de Bambou, stimato 9a dall’élite mondiale lì peraltro presente. A meeting finito, Gabriele riuscirà a chiudere la via, lasciando il suo tocco di classe su questa splendida edizione del Roc Trip, che non può che far onore a tutti noi italiani (se volete leggere nei dettagli la storia del suo concatenamento collegatevi al suo blog!).

Un’ultima parola voglio spenderla sugli spettacoli di contorno perché si sa, un Roc Trip è anche questo, se non soprattutto questo per i più festaioli della compagnia… Tra i filmati proiettati forse il più notevole è stato quello di Gèrome Pouvreau “Ganesh” sull’India e quello di Tonio Lamiche, costantemente alla ricerca di qualche geniale idea che svecchi un po’ e renda meno noiosi e standardizzati i video di arrampicata. Notevole è stata la festa dance finale, ben organizzata davvero, che ha visto la partecipazione di centinaia di cinesi venuti dai villaggi vicini. Eccone un breve sunto: dopo la solita cena a base di riso e verdure si iniziava con un pop cinese di pessima qualità che tuttavia mandava in visibilio il pubblico orientale, lasciando invece attonito quello europeo, che faticava a digerire una specie di incrocio tra un Plastic Bertrand e un Nino D’Angelo cinese che si contorceva sul palco. Seguiva l’ormai mitico e onnipresente Dj della Petzl “Lafouche”, che si lanciava in una a noi più familiare tecno-house. Ma a scaldare il tutto sono stati il flauto di Sean Villaneuva e la batteria di Said Belhaj (decisamente una rivelazione) che hanno saputo improvvisare una jam che ha scaldato in un attimo gli animi degli “occidentali”, tanto che persino i russi battevano il tempo con il piede senza aver bevuto un goccio di vodka! Mentre con Rolando commentavamo che una festa così probabilmente in questo villaggio si sarebbe ricordata per cent’anni, e magari ritrovata nel futuro in qualche ideogramma inciso alla base delle falesie o sul bambù… a capirlo… saliva sul palco uno scatenato Philippe Ribiere… che vi lascio scoprire su google immagini chi è… un mito!

Insomma per farla breve tra fuochi d’artificio e musica a palla la situazione è diventata esplosiva quando il pubblico cinese, dopo un primo momento di smarrimento, ha cominciato a perdere la testa ed ha invaso il palco (il governo cinese aveva mandato mille poliziotti per l’evento, poi richiamati visto che sembrava tutto tranquillo). Un povero Erwann Le Lann dello staff Petzl cercava di tenere la situazione sotto controllo, ma non l’aiutavano certo una Lynn Hill scatenata che improvvisava su un cubo una specie di danza del ventre con il top climber turco Mumin Karabas, o tre climber di New York, due maschietti e una femminuccia, che corpo a corpo si lanciavano in uno streap-tease in equilibrio sul cubo. Tra i cinesi in delirio che fotografavano e filmavano con “l’aifon” ciò che forse non avevano mai visto in un contesto rurale come Gétû, è piovuta una bottiglia di birra sul computer apple di Lafouche, così si è bloccata la musica ed il pubblico è rimasto interdetto… maledizione proprio mentre la newyorkese era arrivata al reggiseno… A quel punto il chitarrista della band locale del pop di cui ho riferito prima ha imbracciato una chitarra elettrica lanciandosi in un assolo hard rock che poco aveva a che spartire col flauto indiano di Sean che per continuare a suonare ha dovuto isolarsi pensando di trovarsi su una cengia in Pakistan… ma a quell’ora, oltre mezzanotte, andava bene tutto… anche una Sasha DiGiulian ormai completamente fuori, che saltava come una cavalletta per tutto il palco…

Oltre le due di notte mi è stato riferito che gli organizzatori sono riusciti a scongelare dal loro aplomb persino Sharma, Andrada, Graham e Daila Oleda mettendoli ai bonghi… io purtroppo sino a quell’ora tra jet lag e giorni pieni di arrampicata non sono riuscito a resistere… abbiate pietà del vostro umile cronista!

In fin di conti una grande festa dell’arrampicata in cui Petzl, come gli altri sponsor di supporto La Sportiva e Ozark, hanno dimostrato di saper organizzare anche dall’altra parte del mondo, nelle condizioni più difficili, creando una nuova area di arrampicata quasi da zero. Certo, i più maligni penseranno che avranno avuto i loro buoni motivi, investendo in un mercato dalle grandi prospettive… resta il fatto che l’hanno fatto nella maniera più intelligente, piacevole e meno invasiva possibile. Di Gétû rimane una guidina distribuita da Petzl per l’evento (e forse ancora disponibile in pdf sul sito Petzl). 250 belle vie da scoprire in un posto un po’ esotico certo non facile da raggiungere da soli. Gétû d’atra parte non è Kalymnos o la Thailandia ma forse si può dire che così l’avventura sta sbarcando finalmente anche nell’arrampicata sportiva…

Maurizio Oviglia (Petzl Italia, La Sportiva, Vertical International Magazine)


Note:
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