Oltre il Diau all'Antelao (Dolomiti) di Martin Dejori, Titus Prinoth e Alex Walpoth

Il racconto di Alex Walpoth di 'Oltre il Diau', la nuova alla parete sudovest dell’Antelao (Dolomiti) aperta dal 4 al 7 ottobre 2023 insieme a Martin Dejori e Titus Prinoth.
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L'apertura di 'Oltre il Diau' all'Antelao nelle Dolomiti (Martin Dejori, Titus Prinoth, Alex Walpoth 04-07/10/2023)
Martin Dejori, Titus Prinoth, Alex Walpoth

Tempo fa, Titus, Martin ed io, abbiamo deciso di provare ogni anno ad aprire una nuova via. Riteniamo che l’autunno sia il periodo ideale per queste sfide avventurose e così il 4 ottobre di quest‘anno partiamo in direzione dell'Antelao. La parete sudovest è enorme, frastagliata, alta fino a mille metri e viene superata da poche vie che contano ancora meno ripetizioni.

Tra le vie di Bee e di Bettella e Scalco avevamo individuato l’anno scorso una bella porzione di parete ancora libera. La parte bassa sarebbe stata facile e poco definita, mentre la cosiddetta headwall prometteva una sfida indubbiamente molto interessante. L'accesso alla parete si rivela essere lungo e faticoso attraversando un bosco di mughi.

La mattina siamo grati per le nubi che coprono il sole, ma arrivati all'attacco inizia a pioviscolare. Troviamo riparo in un canale, ma il ruscello ingrossa velocemente, facendoci capire la dimensione della parete. Per fortuna la pioggia cessa presto e continuiamo a salire senza corda su terreno facile. Giunti ad una sezione più ripida veniamo avvolti da una fitta nebbia, e capire dove passare si rivela complicato. Riposiamo così per due ore in una piccola grotta. La visibilità stenta a migliorare, così come il nostro morale. Oramai è già pomeriggio e le giornate di ottobre sono corte.

Pur di non abbandonarci alla pigrizia iniziamo a scalare. Titus scala cinque tiri su roccia molto bella. Martin ed io seguiamo veloci, liberando regolarmente i sacchi incastrati sotto qualche sporgenza. Sulle foto della parete abbiamo intravisto un posto da bivacco in un buco. Giunti lì, la realtà supera ogni nostra aspettativa. Il buco è enorme, profondo una decina di metri, insomma è una vera grotta. Passiamo una notte molto tranquilla e riposante.

All'alba ripartiamo spediti, pieni di fiducia. Presto raggiungiamo la headwall, caratterizzata da un calcare grigio e giallo assolutamente compatto. Sarà difficile superarla solo a chiodi. Comunque, non abbiamo scelta, perché gli spit non li abbiamo portati! A sinistra ci sono delle fessure, ma la roccia sembra meno bella, così decidiamo di tirare su dritti lungo una larga striscia grigia assai liscia.

Il primo assaggio spetta a Martin. Si tratta di un bellissimo tiro di cinquanta metri in placca ed interrotta da una breve fessura.. La scalata è impegnativa ed esposta. Martin riesce a battere alcuni chiodi, sempre distanti l'uno dall'altro. Da secondo, godo appieno l'arrampicata e non vedo l'ora di continuare da primo su questa roccia stupenda.

Supero velocemente i primi metri. Un ottimo friend mi trasmette fiducia e continuo su una placca senza possibilità di proteggermi. La prossima fessura è molto distante. Sto per scoraggiarmi quando trovo una buona presa solcata da un'esile fessura. Un chiodo a lama lungo due centimetri entra dopo qualche colpo. Mi appendo, poi rischio un breve volo, tiene. Dopo diversi tentativi riesco a risolvere l’enigma della placca. Ma mi aspetta già la prossima, più in alto, più ripida ma per fortuna un po’ più appigliata. Costruire una buona sosta è un'altra bella sfida su roccia così compatta, ma grazie ad una bella scelta di chiodi e tre set di friends ci sentiamo sempre sicuri.

Ora è la volta di Titus. I primi metri sono su roccia superlativa e scorrono veloci, poi si aiuta con un pendolo a guadagnare un diedro aperto. Non lo vediamo più, ma sentiamo sporadicamente colpi di martello. Le corde scorrono sempre più lentamente. Ad un certo punto Titus finisce in alto ma dietro ad uno spigolo. È deluso, perché è impossibile fare sosta, e sopra di lui la parete si raddrizza ulteriormente. Decidiamo insieme di allestire la sosta più in basso. Titus si cala quindi su un pecker malsicuro.

Ora abbiamo due problemi più o meno gravi, le fortissime difficoltà davanti a noi e la notte che sopraggiunge. Riuniti in sosta facciamo il punto della situazione. A Titus non resta altro che ritornare al pecker. Sale a malapena qualche ulteriore metro fino ad una clessidra, che lo rende speranzoso. Anche lui vuole vivere la sensazione di volare, scacciando così le paure. Lo fa più di una volta. Oramai imbrunisce, dobbiamo per forza calarci perché non abbiamo portato il portaledge. Facciamo le doppie e arriviamo fino alla cengia all’inizio della headwall. Ognuno si impegna a lungo per rendere la cengia più pianeggiante ma risulterà lo stesso una notte molto meno comoda di quella precedente.

L’unico vantaggio di un sonno disturbato è la voglia di scalare di nuovo il giorno dopo. Infatti, risaliamo la corda alle prime luci. Titus inaugura la giornata con alcuni voli, un‘ottima tecnica per svegliarsi! Allunga la mano verso una minuscola fessura e riesce a agganciare un pecker. Lo carica lentamente mentre noi tratteniamo il respiro. Il gancio regge, Titus si alza di un metro scarso. Ora non scorge nemmeno una ruga per il cliff, è costretto ad abbandonare l’arrampicata artificiale. Grazie ad alcuni passi in libera estremamente difficili riesce a salire la placca più repulsiva. Ma non è ancora finita, seguono altri quindici metri di scalata impegnativa con protezioni precarie e lontane.

Dopo aver sfidato e sfinito Titus per oltre tre ore la parete si dimostra nuovamente benevola. Il tiro si conclude su una stretta cengia. La parete sudovest dell’Antelao però ancora non molla. I prossimi due tiri sono caratterizzati da una serie di fantastiche fessure, ma solo duri passi in placca permettono di arrivare da una all’altra.

Martin si confronta appena sopra la sosta con una placca ostica che preferisce salire in artificiale affinché non ci venga addosso. Io vivo il mio momento di paura superando un tetto friabile alla fine del tiro, quando gli amici sono oramai lontani e nascosti dalla nebbia.

Quest’ultima, presente più o meno tutto il giorno, si dirada appena usciti dalla headwall. Il sole basso ci regala una luce calda, paragonabile alla sensazione di calore che sentiamo dentro. Questa volta a tratti abbiamo pensato di non farcela, di dover uscire sulla vicina via Bee. Di nuovo la cordata in tre si è dimostrata perfetta, almeno uno era sempre così fiducioso da riuscire a convincere gli altri due.

Al tramonto esultiamo sull’anticima. La vetta dell’Antelao però è lontana e il percorso per arrivarci sembra complicato. Non ci resta altro che trascorrere un’altra notte in parete, su una comoda cengia esposta a est. Assorbiamo così i primi raggi di un nuovo giorno, liberando energie nascoste che ci fanno arrivare in cima e ritornare a valle leggeri, anche perché avevamo finito il cibo e l’acqua.

di Alex Walpoth

Link: www.gagherdeina.com

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