Memento Mori al Pizzo Badile, prima solitaria per Rossano Libera

Tra il 17 e il 18 luglio Rossano Libera, guida alpina e alpinista di Sondrio, ha realizzato la prima solitaria e 2a ripetizione, della direttissima Memento Mori sulla parete Nord Est del Pizzo Badile. Una via e una salita che molti definiscono la 'più allucinante' della parete.
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La parete e il tracciato della via “Memento Mori”, ripetuta in prima solitaria da Rossano Libera tra il 17 e il 18 luglio 2012

“Ho lasciato passare due, tre giorni per godermela, senza raccontare niente a nessuno...” a dirlo è Rossano Libera che, tra il 17 al 18 luglio scorsi, ha realizzato la prima solitaria di Memento Mori al Piz Badile. Una via mitica, o meglio “pazzesca”, aperta, dal 24 al 26 agosto 1980, sulla parete Nord Est del Pizzo Badile dai cecoslovacchi Josef Rybicka, Jan Simon e Ladislav Skalda. Il grado è VI+ A3, lo sviluppo circa 850 - 900m. Ma questi numeri direbbero poco, se non si aggiungesse che per quella generazioni di eccezionali alpinisti queste difficoltà rappresentavano il massimo, il “fine scala”. Anche perché quella loro linea direttissima corre, prima fra immensi strapiombi e tetti poi sul catino superiore, su roccia da “paura”. Appunto, roccia "marcia" con relativo e sicuro bombardamento di scariche che solo quegli straordinari alpinisti cecoslovacchi potevano pensare di affrontare. Tant'è che, prima della solitaria di Rossano Libera, l'unica ripetizione di Memento Mori (anche il nome in questo caso ha il suo perché) era quella, nell'inverno del 1982, ad opera (ancora!) dei cecoslovacchi Frantisek Bauer e Jan Doubal. Ora è chiaro che con queste premesse si può pensare di tutto. Si può anche dire che queste salite, e tanto più la solitaria, sono insensate e non raccomandabili. Resta però che, da sempre, l'alpinismo non è solo questo ma è anche questo. Inutile nascondercelo. Come è inutile sottolineare, ancora una volta, che salite così non sono per tutti. Anzi non sono consigliabili a nessuno. Non bisogna mitizzarle piuttosto bisogna accettarle, e rispettarle, per quello che sono: una scelta individuale e personalissima. Una spinta a cui non si può rinunciare... D'altra parte occorre ricordare che Libera non è nuovo a questo genere di salite, e l'appellativo di grande alpinista solitario non è certo sprecato per lui. Basti pensare, tra le altre, alla sua prima solitaria invernale sulla Cassin sempre (e non a caso) sulla nord est del Badile.

Di certo c'è solo che per queste salite ci vuole qualcosa di “diverso”, che va oltre anche all'alpinismo. Bisogna possedere motivazioni non usuali unite ad una coscienza totale dei rischi. Occorre, verrebbe da dire, una consapevolezza pura, quasi mistica per usare una nostra vecchia definizione dell'alpinismo di Rossano. Ci vuole una spinta inarrestabile e visionaria, e per questo inimitabile. In altre parole sono un'esperienza irripetibile. Come quella vissuta su Memento Mori che Rossana Libera ci ha raccontato in una telefonata intensa e coinvolgente...


UNA SALITA VISIONARIA di Rossano Libera

“Forse non è neanche la cosa più difficile che ho fatto. O meglio non riesco a parlare delle difficoltà, perché per me è stata un'esperienza che andata ben oltre i numeri. Sì, so che sembrerà strano, e che forse non sarò compreso, ma per me questa è stata soprattutto una ricerca, una ricerca mistica... Aldilà delle alte difficoltà, e aldilà di quei tetti e diedri assolutamente marci e con protezioni non buone, su questa via ho provato delle cose diverse, sentivo che c'era qualcosa di diverso... e che era arrivato il momento giusto. Sentivo che questo era un incontro da non perdere. E sapevo che questo poteva accadere solo su quella via. In realtà erano più di vent'anni che ci pensavo, anzi tra me e Luca Maspes era diventato quasi uno scherzo. Sapevamo che c'era quella via sul Badile, quella “Memento Mori” che era stata ripetuta solo d'inverno quando il pericolo di scariche è più limitato. Così quasi a prenderci in giro ci dicevamo che mancava la solitaria... Appunto, era una boutade. Uno scherzo che ci ha messo quasi 25 anni a maturare. Poi, ecco che era arrivato per me il momento di affrontarlo. Fin dall'inizio l'ho sentito come un richiamo. Allo stesso tempo era come se volessi chiedere alla montagna, al Badile: “ma io e te ci vogliamo ancora bene?”. Così ho lasciato fare al destino il suo corso. Ma non consiglierei a nessuno quella via. Quando ho attaccato sapevo e sentivo di essere nelle mani della montagna. I sassi continuavano a cadere... eppure per me non c'era scelta: dovevo farlo. Volevo essere lì e basta... quello era il mio posto. Il primo giorno, sul tiro prima del bivacco, sopra la fascia dei tetti, dopo aver superato la prima parte strapiombante della via, due sassi mi hanno centrato, sul casco il primo sull'orologio che avevo al polso il secondo. So che magari qualcuno adesso sorriderà, ma quei due colpi li ho vissuti come una prova che in qualche modo la montagna mi stavo accettando, che avevo sentito bene, che quello era il momento. Ho pensato che non porto mai l'orologio al polso quando scalo e che se non l'avessi avuto quasi sicuramente quel sasso mi avrebbe rotto il polso... e da lì, dov'ero, tornare indietro con il polso rotto sarebbe stato molto difficile, se non impossibile. Era un altro segno che dovevo essere lì. Allo stesso tempo sapevo bene che se una scarica mi avesse colpito, se qualcosa fosse andato storto qualcuno avrebbe sicuramente detto che me l'ero cercata. I sassi hanno continuato a cadere anche il giorno dopo, e io ho continuato a lasciare fare al destino, concentrandomi solo nel vivere il più profondamente possibile quello che stavo vivendo. Sentivo che quello era il mio “oltre”, una mia frontiera indicibile. Era la mia illuminazione.... tanto che in realtà non so neanche cosa raccontare né quale sia il vero senso. So solo che quando sono arrivato in cima non mi sono mai sentito così accettato e legato alla montagna. Mi sono sporto a riguardare la via dove avevo vissuto per due giorni... e ho pianto di commozione”.


Rossano Libera, nato a Sondrio nel 1969, arrampica da più di 20 anni, è guida alpina. Il suo è stato definito un alpinismo “mistico”. Quel che è certo è che il suo curriculum di prime salite e soprattutto di solitarie, d'estate e d'inverno, è di quelli da fare invidia ai grandi alpinisti. Il suo terreno privilegiato sono le Alpi Centrali, le montagne più vicine a casa sua. Ma negli ultimi anni è stato protagonista di solitarie e salite anche su grandi vie del Monte Bianco, che hanno stupito più di un addetto ai lavori (ad esempio: la prima in giornata del tracciato originale di Beyond the Good and The Evil (5+/VI/A2), capolavoro di Twight sull'Aig. des Pelerins). Particolare non irrilevante è la fama di vie “pericolose” che hanno le linee che portano la sua firma. Come non è secondaria la sua capacità di stare in parete, da solo, per progetti (anche in inverno) che in molti considerano avventure difficilissime, se non “impossibili”. Un esempio sono le sue prime solitarie invernali sul Badile: come, nel 2004, quella su Ringo Star che gli ha richiesto 5 giorni di scalata e su cui ha tracciato un’importante variante di sette lunghezze. O come quella del 2008 che in 36 ore (bivacco compreso) gli ha permesso di sbucare in vetta al Badile percorrendo in prima solitaria invernale la mitica via Cassin sulla Nord Est. Negli ultimi anni Rossano Libera è diventato uno specialista anche nell'arrampicata su ghiaccio e misto moderno. In questo stile spiccano, tra le altre, “Bocconi amari” la difficile via aperta con Ezio Marlier sul Monte Emilius. Ma anche le prime salite del “Mostro”, 180m di cascata gradata WI6/6 e de "La Matita" WI6/6+, entrambe in Val Codera. Nel 2006 ha vinto il premio Grignetta d'oro (ex aequo con Rolando Larcher) ed il “Premio De Simoni”. L'ultima sua salita che ha fatto notizia è la prima solitaria invernale della via Cassin al Piz d’Eghen nelle Grigne, nel febbraio 2011.

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Note:
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