Contrafforte di Peak Slesova: Federica Mingolla e Niccolò Bartoli aprono una big wall nella Ak-Su Valley in Kirghizistan

Nella Ak-Su Valley nel Pamir Alay in Kirghizistan Federica Mingolla e Niccolò Bartoli hanno aperto Vivere la vita, una big wall di 800m con difficoltà fino al 7b sul contrafforte sud del Peak Slesova, anche denominato Peak 3850. Gli ultimi 4 tiri sono stati aperti con il basco Jon Segurola.
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Niccolò Bartoli in apertura su Vivere la Vita (800m, 7b), contrafforte sud del Slesova Peak, Ak-Su Valley, Kirghizistan (Niccolò Bartoli, Federica Mingolla estate 2022)
archivio Federica Mingolla

Federica Mingolla è senza ombra di dubbio una delle alpiniste più forti e polivalenti della sua generazione. Elencare le sue salite è praticamente impossibile ma dal suo grande repertorio verticale ne spiccano di veramente importanti, come la prima femminile da capocordata del Pesce in Marmolada, l’apertura di L'isola che non c’è nel massicciò del Monte Bianco, l’apertura di una big wall sul Nalumasortoq in Groenlandia e la prima ripetizione di Incroyable sul Pilastro Rosso del Brouillard (da sottolineare, il giorno dopo aver ripetuto la storica Ratti - Vitali alla Aiguille Noire de Peuterey…). Dopo uno stop improvviso lo scorso autunno dovuto alla frattura di entrambi i calcagni, Federica si è ripresa alla grande salendo fino al 8c/+ in falesia. Adesso ha aggiunto un’altra interessante pagina aprendo una lunga, bella nuova via sul contrafforte sud del peak Slesova nella remota Ak-Su Valley nel Pamir Alay in Kirghizistan. La 27enne guida alpina ci è riuscita con un compagno d’eccellenza, Niccolò Bartoli, l’esperto delle placche della Val di Mello per intenderci, con il quale aveva salito Bellavista alle Tre Cime di Lavaredo poco prima della loro partenza. Ecco il racconto dell’apertura di Vivere la Vita (800m, 7b max), inviatoci direttamente dalla città di Osh.

WELCOME TO KIRGHIZISTAN
Parli russo? È la prima domanda che ti pongono i locali quando arrivi in questo paese. Nessuno me l’aveva mai chiesto prima in effetti. No, non parlo russo e nemmeno Nic lo parla! Il problema è che il loro inglese non è nemmeno al livello della scuola elementare, perciò alla fine si finisce per comunicare a gesti, che rimane a tutti gli effetti la lingua universale per eccellenza.

Oltre al farsi capire, un altro aspetto cruciale che ci ha fatto penare non poco è stato il fattore cibo. Tra un mal di pancia e un rigettare, alla fine ci siamo anche trascinati in parete e devo ammettere che alla fine il risultato di 6 lunghi giorni di apertura (in particolare l’ultimo) si è rivelato del tutto sorprendente: una parete proprio sopra il campo base senza vie e con una roccia stupenda. Il motivo? Probabilmente le placche hanno allontanato i pretendenti, che si erano presentati senza la giusta munizione di spit.

The Wall of Dykes è il nome della parete, oppure Contrafforte sud del Peak Slesova o ancora 3850. Insomma, una parete di 800 metri con una faccia ovest inviolata che ci ha lasciati senza parole per la qualità della roccia e la linea logica che ci ha permesso di scalarla. L’arrampicata è prevalentemente di aderenza, proprio come piace a Nic, ma la maggior parte dei tiri li si scala a friend, placche proteggibili in pratica, una figata!

Eravamo partiti con 100 spit dell’8 comprese le soste con anelli di calata, pensando di avanzarne ma alla fine sono bastati al pelo per concludere il lavoro: chi si aspettava 800 metri di via?!? Aprire su questa parete non è stato facile, ombra fino a mezzo giorno partendo da 3000 metri di quota e statiche di soli 200 metri non ci sono state d’aiuto. Scalare le lunghezze già aperte per arrivare all’ultimo metro guadagnato la volta precedente con conseguente dispersione di energie e di tempo non è stato sicuramente l’approccio più rapido, ma anche trascinare una portaledge su delle placche non ci è parsa una soluzione facile.

In più, quando eravamo ormai a soli 4 tiri dall’uscita della via Nic ha cominciato a stare male, così male che diceva di non riuscire a muovere le mani. Non sappiamo bene quale strano male si sia abbattuto sul nostro campo base ma sta di fatto che ogni giorno c’erano nuovi malati e nuovi guariti. Il problema è stato che mentre i sintomi normalmente, anche nel mio caso, duravano al massimo 2 giorni, nel caso di Nic sono andati avanti per quasi una settimana. Una grande finestra di bel tempo e rest days non vanno gran d’accordo con questa situazione e una mattina di cielo limpido e temperature miti (rare per queste zone) decido di andare a finire la via in solitaria, per approfittare della finestra di bel tempo.

Mentre sono a colazione ne parlo con un amico basco conosciuto in quei giorni al campo base che mi inizia a squadrare come se fossi impazzita. Dopo nemmeno 10 minuti dalla nostra conversazione il basco, Jon Segurola, lo vedo arrivare davanti alla mia tenda con un mucchio di materiale in mano e il sorriso sul volto. È bastato quello per farmi capire che la mia avventura non sarebbe stata in solitaria e ammetto che mi sono sentita un po’ sollevata. Ho sempre rifiutato il “solo”, e solo in casi di estrema necessità ne ho fatto uso.

Questa volta ci sarebbe stato Jon con me! La nostra avventura è iniziata quella mattina alle 7:15 tra sguardi complici e poche parole, perché di inglese Jon non ne parla granché e io lo spagnolo lo mastico appena, ecco perché la frase più ripetuta probabilmente è stata “io non intiendo nada!” Ma è andata bene così! Non serve parlare quando ci si capisce guardandosi appena. Io da capocordata e lui al seguito, due zainetti con lo stretto indispensabile per una lunga giornata in parete, il trapano e gli spit rimasti per finire la via.

Non mi sarei mai aspettata la prima salita integrale della via così, da capocordata e chiodando in libera gli ultimi tiri con difficoltà fino al 6c e con un compagno sconosciuto che si è rivelato un vero guerriero! No siesta! 20 tiri tutti d’un fiato sapendo bene dove andare e che movimenti fare, lui al seguito veloce come Speedy Gonzales e super motivato.

Alle 20:30 mettevo l’ultima sosta in cima al 3850, la vetta, gridando qualcosa al cielo che ormai stava iniziando ad imbrunire. Uno dei tramonti che ricorderò per sempre, con il trapano in mano, le mani sporche e vissute dalla lunga giornata la fatica nelle braccia e il sorriso di Jon che mi dava forza.Tutto perfetto. Anche il nostro rientro al campo base, intorno a mezzanotte, quando ad aspettarci davanti a un fuoco, qualche uova sbattute è un po’ di riso, c’erano Nic e la moglie di Jon, contenti di vederci, e noi come loro ma soprattutto affamati.

La via l’abbiamo chiamata Vivere la vita, come la canzone di Mannarino, perché chi conosce le sue parole conosce anche il significato di questa avventura, conosce la via e anche un po’ noi. Le difficoltà non sono estreme, infatti si parla di una scalata continua intorno al 6c con qualche lunghezza di 7a e un 7b, ma è una linea da integrare con molti friend ( 2 serie + micro), non sempre facile da intuire e molto lunga. Farla in un giorno è da fuoriclasse!

Le soste sono attrezzate con fix dell’8 ad anello di calata e, soprattutto, queste ultime sono dritte. Unica pecca, se così vogliamo definirla, è che le corde devono essere da 70m. In ogni caso credo che ad oggi sia la via attrezzata meglio in termine di materiali e usura di questi, grazie ovviamente al fatto che è nuova e che abbiamo deciso di non decimare sugli spit alle soste.

Dopo l’apertura il Kirghizistan ci ha regalato altre belle giornate di tempo perfetto, nelle quali abbiamo scalato altre linee in Ak-Su, con Nic che finalmente si era ripreso e con un altro spagnolo di nome Mandi. In particolare vorrei ricordare la storica e bellissima via in fessura: la Perestroika Crack, 800 metri di incastri e diedri fino alla sommità del Peak Slesova 4240m. Dopo un bivacco alla base della via, la scalata in un giorno fast & light è stata la ciliegina sulla torta di questa splendida esperienza in Kirghizistan con due compagni splendidi.

Per chi volesse prendere in considerazione un viaggio qui consiglio di non aspettarsi un terreno come quello che abbiamo noi nelle Alpi, con vie relazionate bene, roccia solida per le tante ripetizioni e un buono stato del materiale in via. Il Kirghizistan è un posto ancora poco frequentato dal punto di vista arrampicatorio e nonostante ora stia crescendo l’interesse per questo paese le sue pareti non contano molte salite ogni anno. A parer mio, è meglio presentarsi con un bel bagaglio di esperienza in terreni accidentati ed uno spirito più alpinistico che arrampicatorio, per non avere brutte sorprese o meglio, per limitarle al massimo!

di Federica Mingolla

Federica ringrazia: La SportivaPetzlSalewa, Alba Optics, Sherpa Mountain Shop
Niccolo ringrazia: Wild Country (main sponsor), Vertical Evolution per gli spit, Pedon, Fiorelli sport 

Link: www.federicaguidaalpina.com

SCHEDA: Vivere la Vita, contrafforte sud Peak Slesova, Kirghizistan




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