No way down. Il libro di Graham Bowley sulla tragedia del 2008 sul K2

E' uscito in Italia “No way down. 2 agosto 2008. La più grande tragedia del K2” di Graham Bowley edito da Mondadori nel quale si ripercorre la tragedia del K2 che costò la vita a 11 alpinisti ed alla quale è sopravvissuto l'alpinista italiano Marco Confortola.
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Marco Confortola in cima al K2 nel 2008
archivio Marco Confortola
E' probabile che dovremo attendere un bel po’ prima che una ricostruzione complessiva venga fatta. E anche così l’esperienza purtroppo insegna che non tutto potrà essere chiarito...” Così scrivevamo poco meno di tre anni fa, all'indomani della terribile conclusione della tragedia del K2 che, nel 2008, costò la vita a 11 alpinisti. Era una previsione fin troppo facile. Suggerita com'era dalla storia di tante altre vicende dell'alpinismo che, insieme a dolore e sofferenza, immancabilmente hanno portato con sé ricostruzioni riviste, corrette e spesso messe in discussione. Così è stato anche per questa tragedia sul K2, ultimamente tornata all'attualità delle cronache.

Proprio in questi giorni è uscito anche in Italia “No way down. 2 agosto 2008. La più grande tragedia del K2”. Il libro, del giornalista del The New York Times Graham Bowley, pubblicato da Mondadori, che riporta molte voci di chi, a vario titolo, è stato coinvolto in quei tristi fatti. Partendo dalla testimonianza di Marco Confortola, l'alpinista di Valfurva che fu l'unico a sopravvivere tra quanti restarono imprigionati tra la cima e quel traverso del “Collo di bottiglia” che li separava dalla vita. Per continuare con le dichiarazioni dei famigliari e della fidanzata dell'irlandese Gerard "Jesus" McDonnell che bivaccò, proprio con Confortola, sotto la cima a circa 8300m prima di scomparire per sempre. E ancora con la testimonianza dello sherpa Pemba Gyalje (uomo del 2008 per il National Geographic Adventure) che salvò non solo la vita a Confortola, raccogliendolo proprio alla base del Collo di bottiglia e trascinandolo al Campo 4, ma anche all'olandese Wilco van Rooijen che si era perso in discesa.

Nell'intervista di anticipazione del libro, apparsa sul settimanale Sportweek della scorsa settimana, Bowley afferma di aver voluto dar voce a tutti, senza tralasciare i dubbi su quanto è successo in quei giorni sul K2. Come quelli sollevati dalla fidanzata americana di Gerard McDonnell che non crede alla versione di Confortola sulla scomparsa dell'alpinista irlandese: “Lei è convinta che sia stato Marco ad abbandonare il compagno e i coreani...”. Il giornalista statunitense ha dichiarato però di non aver voluto tirare alcuna conclusione, cercando di fornire ai lettori solo le diverse testimonianze e i diversi punti di vista. Nel libro dunque non c'è una “conclusione” né un punto definitivo alla ricostruzione di quanto è successo. E non potrebbe essere altrimenti. Perché quella del 2008 sul K2 è una vicenda per certi versi emblematica dell'alpinismo del nostro tempo, ma non solo.

Marco Confortola a quella terribile esperienza ha già dedicato, il suo libro “Giorni di ghiaccio” uscito per Dalai Editore il 7 aprile 2009. In tv e ai giornalisti della carta stampata ha più volte raccontato ciò che ha vissuto sul più bello e difficile tra gli Ottomila. Ciononostante continua a vivere il destino e il peso di essere l'unico testimone di una tragedia. Non può, e temiamo non potrà, sottrarsene. E' un paradosso: solo lui può raccontare ciò che è accaduto, ma resterà sempre chi avrà dei dubbi. Non solo perché tutto è avvenuto a quelle quote altissime in cui i meccanismi della vita si degradano, comprese le attività come l'attenzione, la memoria e in generale tutte le capacità cognitive. Ma anche perché, in questa come in tutte le tragedie, il confine tra il destino ineluttabile e l'errore umano o le scelte sbagliate è quanto mai indefinito.

Infatti, se c'è una cosa sicura quella è proprio la serie di “errori” o “scelte sbagliate” che sembrano essere stati commessi da molti alpinisti nelle fasi sia iniziali sia finali della salita. Erano troppi. Erano troppo lenti. Probabilmente hanno attrezzato in maniera inadeguata il Collo di bottiglia. Qualcuno forse non era nemmeno in condizione di affrontarla quella salita. In pochissimi hanno valutato questa situazione come estremamente critica. Ma soprattutto la maggioranza non ha tenuto in debito conto uno dei comandamenti degli Ottomila: c'è un tempo limite per la salita dopo il quale, a qualsiasi distanza sia la cima, si deve scendere anche se, come quel giorno, le condizioni meteo sono perfette. E' chiaro che ciò non sempre succede: è accaduto e accadrà ancora che qualcuno vada oltre, che “si prenda il rischio”. Ma questo fa parte delle scelte individuali che ogni alpinista deve avere la capacità di fare conoscendone e, quando ci sono, “subendone” purtroppo anche le conseguenze.

Vorremmo aggiungere che questo tipo di analisi non ha nulla a che fare con il mancato rispetto del dolore per chi non c'è più, né con una visione catastrofica dell'alpinismo. Come abbiamo già scritto in queste pagine, si sbaglia e si continuerà a sbagliare in montagna. Come si continuerà a godere dell'immensa gioia di andare per vette. Ma fare alpinismo è anche conoscerne i rischi, saperli valutare e, non per ultimo, avere una profonda e limpida motivazione che va aldilà del raggiungimento a tutti i costi dell'obiettivo. Solo così si può esercitare la rinuncia. Quel saper tornare indietro che molti grandi dell'alpinismo hanno indicato come essenziale. Questo è l'esercizio più difficile. Com'è difficile, e per certi versi anche sbagliato, sostenere che questa sia la “verità” e la “chiave” di questo come di altri incidenti della montagna. Parlarne, scriverne e anche analizzarli è solo un tentativo per interrogarsi, capirne di più e affrontare la montagna con più consapevolezza e conoscenza anche di noi stessi.

E' per questo che, in attesa di leggere il libro di Graham Bowley, vi proponiamo due video. Il primo pubblicato dal sito della Gazzetta dello Sport raccoglie la testimonianza proprio dello sherpa eroe Pemba Gyalje che sul K2 ha salvato Confortola e Wilco van Rooijen. Il secondo, che abbiamo realizzato al TrentoFestival 2009, è il racconto di Marco Confortola su ciò che ha vissuto sul K2.

Tragedia del K2, parla lo sherpa eroe



Marco Confortola presenta Giorni di ghiaccio. Agosto 2008. La tragedia del K2



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