Le otto montagne di Paolo Cognetti - alla ricerca del nostro posto nel mondo

Le otto montagne, il nuovo libro di Paolo Cognetti (Giulio Einaudi Editore, 2016) è il racconto di una montagna vissuta come sentiero indispensabile per capire un po' di noi stessi. Recensione di Paola Lugo.
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La copertina di 'Le otto montagne' di Paolo Cognetti (Giulio Einaudi Editore, 2016)
Einaudi Editore

Qual è la nostra quota? Amiamo camminare per i boschi, scoprire le tracce degli animali cercando funghi e fragole, o preferiamo la montagna delle malghe, quella dei duemila metri, gli alpeggi estivi con i loro odori di bestie e di latte; oppure la nostra insofferenza per il “basso” (la città, il cemento, il frastuono) ci spinge ancora più in alto, nel mondo dei tremila, dove il ghiacciaio custodisce le nevi centenarie e la croce di vetta è la nostra unica compagna.

Romanzo evento di questa fine 2016 (venduto all'estero prima ancora di essere pubblicato in Italia e recensito alla sua uscita negli inserti culturali dei principali quotidiani nazionali, dove lo si paragona addirittura a London, Hemingway, Rigoni Stern...) Le otto montagne è soprattutto un bel romanzo di formazione, in cui Pietro, il protagonista e voce narrante, cerca di trovare il suo posto nel mondo, di capire appunto qual è la sua quota, i 1500 della madre o i 3000 solitari e appartati del padre.

Figlio di due genitori cittadini controvoglia, Pietro vive l'estate in Val d'Aosta, sì ai piedi del Monte Rosa, ma in una valle minore e dimenticata, a Grana, lontana dai rumori delle località più famose. I mesi estivi sono scanditi soprattutto dall'amicizia con Bruno, l'unico ragazzino che vive in paese, e sono mesi di avventure favolose, di scoperte nel bosco, al torrente, nelle case disabitate e in rovina . Sono mesi anche in cui Pietro deve seguire suo malgrado il padre in lunghe escursioni su per i monti, faticando e sbuffando, soffrendo il mal di montagna sul ghiacciaio, mentre l'insensatezza di tutto quell'andare, quel mettersi alla prova in un mondo estraneo e solitario, lo faranno allontanare per molti anni dallo stare in alto, per tuffarsi nel mondo “in basso”, nel lavoro, nella città.

Bruno resta: è, e sarà sempre, un montanaro. Sarà Pietro a tornare, alla morte del padre, per ripercorrere le sue orme sulle montagne sassose e solitarie, ritrovando l'amicizia con Bruno come se il tempo non fosse passato. Non può fermarsi, però: partirà di nuovo, verso altre montagne, verso il Nepal, dove conoscerà la storia del Sumeru, il monte al centro del mondo, intorno al quale vi sono otto montagne. Di chi è la conoscenza, di chi percorre le otto montagne, o di chi sale l'altissimo Sumeru? Quale solitudine scegliere, lo sradicamento di Pietro o la stanzialità caparbia di Bruno?

Vi sono sicuramente alcune ingenuità nel libro, alcune semplificazioni un po' scontate (gli alpinisti “veri” sono macchiette un po' patetiche, i giovani scalatori che sfidano i sassi armati di magnesite e tracotanza rappresentano il come “non si va in montagna”, ragazzi viziati e ricchi che vivono in baite finto rustiche, lontanissimi dalla dignità dell'alpeggio di Bruno e della balma di Pietro). Ma non importa, perché il libro è bello, e nelle sue 200 pagine scarse riesce a raccontare una montagna protagonista e discreta: sentiero indispensabile per capire un po' di noi stessi, da percorrere con sincerità e rispetto per tutta la vita.

Recensione di Paola Lugo




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