Manolo, appigli ridicoli... in tutti i sensi

‘Appigli ridicoli’ al Baule è una via aperta da Maurizio 'Manolo' Zanolla nel 1990. Un 8b di 20 metri su parete verticale e leggermente strapiombante...
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Maurizio 'Manolo' Zanolla
Oscar Durbiano
‘Appigli ridicoli’ al Baule è una via aperta da Maurizio ‘Manolo’ Zanolla nel 1990. Un 8b di 20 metri su parete verticale e leggermente strapiombante, su cui all’epoca Manolo aveva scavato un monodito e allargato un appiglio. Preistoria insomma, tanto più che in quella piccola e lontana falesia super tecnica non ci va mai nessuno, o quasi. E, invece, a novembre di quest’anno ecco il restyling quasi casuale: tappati i due ‘scavati’ il Mago ripete la via, ora naturalmente più difficile.

La cosa sta avendo una certa risonanza nell’ambiente, vuoi per quello che potrebbe sembrare un ripensamento e ritorno sui propri passi, vuoi per il tipo e la difficoltà della via. A noi è sembrato interessante sentire il diretto interessato. Era un po’ che lo volevamo fare e questa salita, che capita proprio nel bel mezzo della ri-discussione sulle vie ‘scavate’, ce ne dà l’opportunità.

Quello di Manolo è il parere di un climber che ha letteralmente attraversato l’arrampicata sportiva in tutta la sua evoluzione. Dalle ripetizioni in libera delle vie classiche in Dolomiti, all’apertura di nuovi itinerari moderni con uso parsimonioso (molto parsimonioso) di chiodi, alla nascita dell’arrampicata sportiva in falesia, all’esplorazione della scala delle difficoltà dai primi 6a fino a questo, solo in ordine di tempo, ‘ultimo’ 8c alla soglia dei suoi 44 anni…


Appigli ridicoli, come sono nate le ultime novità?
"Ultimamente ho avuto grossi problemi fisici per una forte epicondilite su entrambi i gomiti, estesasi in seguito anche alle spalle. La cosa (che probabilmente mi porterà all'operazione) mi ha costretto, naturalmente, ad un inverno e ad una primavera di assoluta immobilità. Purtroppo all'inizio dell'estate, in Sardegna, il fastidio si è riacutizzato costringendomi nuovamente all'immobilità.

Intanto, Pietro Dal Prà, da buon monello tentatore, continuava a decantarmi Silbergeier (la via aperta in Ratikon da Beat Kammerlander). Tanto me ne parlava che appena i dolori si attenuavano l'idea di poterla salire cominciava prepotentemente ad insinuarsi. Però le sue decantate difficoltà "tecniche" (secondo lui a me congeniali) rimanevano proibitivamente sull'8b, e questo era sufficiente per sospettare che non c'era niente di facile, ed era quindi obbligatorio un periodo di allenamento. Poi, per verificare il mio stato di forma, sono ritornato dopo anni al Baule, perché a mio avviso offre un’arrampicata simile a quella in Ratikon, o almeno quello che di più simile si può trovare da queste parti."

Baule, chi è costui?
"E’ una piccola falesia, fuori moda e fuori mano, nascosta sulle Vette Feltrine. Per andarci bisogna avere il piacere di camminare in mezzo alla natura (1,30 ora di avvicinamento n.d.r.). La roccia è ottima; un calcare verticale leggermente strapiombante, con vie piuttosto tecniche e di movimento. Uno stile decisamente démodé. 9 vie in tutto, per un piccolo campionario di reglette, nette e taglienti, appigli verticali e a volte svasi, dove non è sempre facile ed evidente l'uso dei piedi, ma dove, però, si può anche respirare. Roba da vecchietti insomma."

Appigli ridicoli aveva due ‘scavati’...
"Si, avevo scavato un monodito e migliorato un buco."

Adesso sei ritornato e...
"Sono ritornato e ho ritrovato il piacere di quell’arrampicata straordinaria. Mi ha nuovamente catturato il suo grande fascino che è proprio quello di trovarsi in quel posto, senza la pretesa di essere una falesia di tendenza o alla moda, ma soltanto un luogo dove giocare con l'equilibrio delle cose. Riccardo Scarian (il popolare Sky neo campione italiano di boulder n.d.r.) mi ha recentemente accompagnato al Baule, di cui credo sia l'unico ad aver ripetuto alcuni itinerari.

Così, ripetendo ‘Appigli ridicoli’, mi è venuta la voglia di riportare la via alle sue condizioni naturali; l'ambiente e Riccardo mi hanno convinto del tutto. Ho chiuso il monodito scavato, e riportato all’origine l’appiglio che avevo migliorato, anche se così facendo avevo il dubbio di non riuscire più a salirla. Tre tentavi più tardi, invece, è arrivata la catena."


Difficoltà?
"E’ difficile valutare la difficoltà di una via come questa. Perché, anche se nel suo genere è un po’ ‘telefonata’, è pur sempre una via che, oltre ad appigli piccoli e netti, presenta un paio di passaggi un po' aleatori. Vista la mia età, la poca forza, i malanni e la rapidità con la quale l'ho risolta, magari come è stato detto non sarà un 8c... ma almeno 8b+ dovrebbe valere. E’ chiaro che, come sempre, occorre la conferma dei ripetitori; ma - com’è altrettanto da "sempre" - credo anche che una via bisogna farla prima di esprimere giudizi!"

E verranno a ripeterla?
"Non lo so. E’ difficile trovare ancora qualcuno che abbia il piacere di arrampicare su vie come queste, e soprattutto così lontane. Scarian è sicuramente un dei rari fuoriclasse che lo farà, anche perché ama questi posti e questo genere di arrampicata. Adesso l’arrampicata è quasi un altro sport e sembra esistere solo sulle linee strapiombanti. Ma sono convinto che i campioni sono in grado di arrampicare ad altissimo livello su tutti i terreni.

Forse è l'abitudine a farlo che manca; anche se penso che la forza e la tecnica di salire uno strapiombo sia diversa dall’arte e dalla capacità di risolvere i rebus che talvolta si nascondono in una placca liscia, dove la creatività e la capacità interpretativa sono importanti almeno quanto ‘fissare’ l’appiglio. Trovo sia giusto esaltare un'arrampicata fisica e in qualche modo sempre più sportiva e tridimensionale ma mi sembra riduttivo credere che sia solo quella l’arrampicata."


Appigli scavati o non scavati...
"Non sono senza peccato, anche se in realtà credo di aver scavato ben poco: qualche buco in due o tre vie; mentre, a differenza di quanto mi è capitato di leggere, non ho mai spaccato alcun appiglio dalle mie vie. Questo può confermarlo Riccardo Scarian, uno dei pochi che le ha ripetute.

Ho sempre avuto una grande rispetto per la natura, e sempre di più sono affascinato dalla grandiosità delle linee inscalabili e completamente lisce che racchiudono, nel modo più disarmante, l'incapacità e la mortalità dell'uomo. Forse non sarei più capace di interrompere anche semplicemente la continuità dei colori della pietra. Sono assolutamente d'accordo con chi asserisce che ci sia qualcosa di assolutamente straordinario in una linea perfetta e inscalabile."

E’ una condanna senza appello?
"No, è una condanna al tagliare e al chiodare selvaggio. Sono comunque anche consapevole e tollerante verso realtà dove non ci sono altre soluzioni e non esistono alternative. Certo però che sarà un fenomeno sempre più isolato. Spero che presto ci sia una convinzione culturale e reale che porti a questa consapevolezza, senza il bisogno di restrizioni forzate, e gli spazi, che ormai diventano sempre più stretti, allarghino i modi di vedere. Al Baule, in qualche modo volevo dare un mio piccolo segnale in questa direzione..."

Manolo cosa propone?
"Mi piace pensare che l’arrampicata continui ad essere emozione, al di là del grado e della difficoltà."



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