Coffee Break Interview: Paul Swail / Kevin Jorgeson

La guida alpina irlandese Paul Swail e il climber statunitense Kevin Jorgeson sono intervistati da Daniela Zangrando per la puntata #16 di Coffee Break Interview, il suo progetto per esplorare sogni, desideri e limiti dei protagonisti dell'arrampicata e dell'alpinismo.

PAUL SWAIL

Daniela Zangrando: Il passo chiave*.
Paul Swail:
Trovare un equilibrio tra vita, lavoro, e gioco. Penso che avrei potuto diventare facilmente un alpinista molto egoista, ma incontrare mia moglie ha inserito tutta la vita in un contesto. Vivo in un perfetto bilanciamento tra lavoro come Guida Alpina, viaggi, scalate in tutto il mondo e una moglie che mi è estremamente di supporto.

D.Z.: Cosa vuol dire spostare il limite?
P.S.:
Spingere il limite è qualcosa che accade abbastanza regolarmente. Lavorare in montagna con clienti che hanno delle aspirazioni mi mette nella condizione di prendere sempre delle decisioni su come tenere le persone al sicuro, dando loro un’avventura e gestendo i rischi.
Durante il mio recente viaggio sulla Avellano Tower, in Patagonia, aprendo una nuova via di 1000 metri, ho finito con il tiro chiave. Questo mi ha spinto fuori dalla mia zona di comfort, ma superarlo è stato estremamente gratificante!

D.Z.: I tuoi limiti, ora.
P.S.:
Penso che il mio senso dell’avventura e l’esposizione al rischio potrebbero cambiare un po’ visto che diventerò padre a luglio! Credo di aver sempre cercato di fare del mio meglio per spingere oltre i limiti senza assumermi troppi rischi inutili, però alcuni di questi non sono proprio controllabili!

D.Z.: Se non dovessi più fare il climber, cosa faresti? Hai un piano altro, parallelo?
P.S.:
Potrei anche essere uno sciatore, ma al momento mi piacerebbe molto fare il ginnasta o il ballerino di break dance.

D.Z.: Cosa ti piacerebbe cambiare del mondo dell'arrampicata? Di questo che a tutti gli effetti penso sia il tuo lavoro?
P.S.:
Penso che questo mondo non sia male. Molte persone hanno l’opportunità di iniziare a scalare grazie a pareti indoor aperte in tutto il mondo e poi alcune di loro si trasferiscono nell’ambiente esterno, cosa che trovo fantastica.
L’arrampicata permette di vivere un’attività nei luoghi più belli del mondo. Non farei altro che togliere i bulloni dalle salite!

D.Z.: Descrivimi il luogo. Quel posto che senti tuo. Dove puoi rifugiarti, pensare, distruggere, gridare.
P.S.:
Penso che il mio luogo preferito resterà sempre Fair Head, sulla costa a settentrione dell’Irlanda del Nord. Belle scogliere rocciose sul mare, da cui si può ammirare il tramonto sull’oceano.

D.Z.: E per ultima cosa un sogno. Che meriti di essere chiamato tale.
P.S.:
Trovare la parete inviolata di 1000 metri! Finché penso che potrebbe essere là fuori, pronta per essere scoperta, posso sognare!


KEVIN JORGESON

Daniela Zangrando: Il passo chiave.
Kevin Jorgeson:
Bisogna fronteggiare almeno un passo chiave tutti i giorni. Meglio saperlo.

D.Z.: Cosa vuol dire spostare il limite?
K.J.:
Deve voler dire qualcosa? Forse, spingere il "limite" ha senso solo per capire che i "limiti" sono malleabili, temporanei e fugaci. Sono frutto della propria immaginazione, come un guardrail sulle ambizioni.

D.Z.: I tuoi limiti, ora.
K.J.:
Il limite maggiore contro cui combatto è la soddisfazione. Ho così tanti interessi in questo periodo della mia vita che è difficile poter sfidare i miei limiti in ogni area contemporaneamente. E voglio fare così tanto proprio perché sono insoddisfatto dello stato attuale di parecchie cose.

D.Z.: Se non dovessi più fare il climber, cosa faresti? Hai un piano altro, parallelo?
K.J.:
Non smetterò mai di essere un climber, ma i miei interessi sono sempre stati più ampi degli obiettivi personali che perseguo nell’arrampicata. Oltre a scalare, sto lavorando duramente per portare questo mondo a più persone, con un nuovo marchio di palestre progettato tanto attorno all’esperienza di non arrampicata che a quella di arrampicata. Mi appassiona l’idea di creare delle opportunità dove non ce ne sono, inserendo l’arrampicata nelle comunità non servite. In pratica, installiamo delle pareti attrezzate nei doposcuola degli Stati Uniti, stabilendo partnership con le palestre dei quartieri. Finora abbiamo chiuso dei progetti a Sonoma, CA e St. Louis, MO. È già prevista una terza apertura per maggio a Los Angeles, CA.

D.Z.: Cosa ti piacerebbe cambiare del mondo dell'arrampicata? Di questo che a tutti gli effetti penso sia il tuo lavoro?
K.J.:
Penso che un mondo con più scalatori sia un posto migliore. Qualcosa del nostro sport favorisce un senso di connessione tra le persone, aiutando a capire di cosa si è veramente capaci, e diffondendo un senso di apprezzamento per gli ambienti in cui si vive. Spero che questo sport vada in crescendo, che mantenga una cultura di rispetto per l’ambiente e faccia da monito alla generazione successiva, perché ci vada piano.

D.Z.: Descrivimi il luogo. Quel posto che senti tuo. Dove puoi rifugiarti, pensare, distruggere, gridare.
K.J.:
Svegliarsi su un portaledge su El Cap ai primi raggi della luce del mattino, con un caffè in mano.

D.Z.: E per ultima cosa un sogno. Che meriti di essere chiamato tale.
K.J.:
Pace.

Daniela Zangrando

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* Il termine "crux" in inglese identifica sia "il passo chiave" in senso alpinistico che "la chiave" vista come punto cruciale, soluzione, elemento nodale della vita quotidiana.
Gli intervistati sono stati lasciati liberi di intendere o fraintendere il termine a loro piacimento.




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