Coffee Break Interview: Federica Mingolla / Nina Caprez

Seconda puntata del progetto Coffee Break Interview di Daniela Zangrando per esplorare sogni, desideri e limiti dei protagonisti dell'arrampicata e dell'alpinismo. Le protagoniste di questa settimana sono le climber ed alpiniste Federica Mingolla e Nina Caprez.

FEDERICA MINGOLLA

Daniela Zangrando: Il passo chiave*.
Federica Mingolla:
Non si tratta solo del blocco che ci troviamo davanti quando scaliamo una via di roccia, ma anche di un vero blocco mentale. Se si riesce a superarlo per prima cosa con la testa, allora anche il corpo seguirà la mente proprio lì dove è andata a proiettarsi.
Sembra un gioco semplice… ma quando ci si trova nel bel mezzo della partita, spunta la paura di perdere e rischia di batterti se abbassi anche solo per un attimo la concentrazione. Mai abbassare la concentrazione quando si scala! Mente e corpo devono riuscire a muoversi all'unisono, la loro complementarietà è la chiave dell'arrampicata.

D.Z.: Cosa vuol dire spostare il limite?
F.M.:
Ad un certo punto qualcosa si esaurisce. È in quel preciso momento che senti di non poter far altro che ripartire da zero, sapendo bene che, raggiunta quell’area di spegnimento, saprai andare al di là. Sarà magari solo una questione di pochi secondi, di pochi centimetri, ma con la sicurezza di essere comunque oltre.
Penso che solo andando al proprio limite, e sforzandosi di farlo senza mollare prima, si possa ottenere un miglioramento e spostare l’asticella che delimita la soglia oltre la quale si aprirà un nuovo mondo di determinazione e allenamento.
Push your limites vuol dire credere in se stessi e provare a dare il meglio, perché solo così si potrà passare avanti, superando il punto di esaurimento, proiettati al livello successivo.

D.Z.: I tuoi limiti, ora.
F.M.:
I miei limiti sono legati molto alla mia motivazione, che spesso è ballerina.
Per questo motivo di solito mi faccio accompagnare da gente motivata più di me!
Preferisco inseguire un obiettivo facendo finta che mi interessi appena, dicendo a me stessa che sono lì per divertirmi e nient’altro. Poi, però, quando mi trovo davvero sul pezzo, mi riscopro a tirar fuori gli artigli. Reagisco bene, agguerrita, ma senza ansia da prestazione, e posso farlo proprio perché chi è lì con me ha iniziato ad incitarmi e incoraggiarmi fin dalla prima presa. L’attenzione del compagno di cordata sul progetto che stiamo condividendo mi è fondamentale. Dalla sintonia che si crea riesco a trarre una forza enorme… mi sento invincibile! Non è successo ancora tantissime volte, ma direi che sono state poche ma buone: ad esempio sulla Via Attraverso il Pesce e sulla Via della Cattedrale, entrambe in Marmolada, scalate con due persone diverse dall’altro capo della corda. A questo proposito, come non ringraziare i mie super soci Roberto Conti e Nicolò Geremia!
Non penso di avere altri limiti. Se ho la motivazione e se il bel tempo è dalla mia, sento di poter fare qualsiasi cosa. Tralascio i limiti dovuti a fattori economici… non voglio mica rovinare la poesia che si sta creando in questa intervista!

D.Z.: Se non dovessi più fare il climber, cosa faresti? Hai un piano altro, parallelo?
F.M.:
Non penso di essere solo una climber. Probabilmente per un periodo lo sono stata, ma adesso mi considero un’alpinista. La roccia rimarrà sempre il mio punto di forza, ma per come vivo la montagna non mi ritengo più climber e basta.
Mi piace respirare la montagna a tuttotondo, nelle sue diverse sfaccettature, legate alla natura, al cambiamento delle stagioni: d’estate vado ad arrampicare sulle grandi pareti e in autunno scelgo quelle più “piccoline”, in inverno amo calzare gli sci ai piedi o fare ghiaccio. Mi piace molto anche andare in mountain bike o a correre sulle cime… sono momenti che mi danno un senso di libertà e felicità tali da poter tranquillamente essere paragonati a quelli in cui ho la consapevolezza di aver salito una via “difficile”.
Il mio piano per il futuro? Voglio diventare una Guida Alpina e portare le persone a realizzare le loro piccole o grandi cime!

D.Z.: Cosa ti piacerebbe cambiare del mondo dell'arrampicata? Di questo che a tutti gli effetti penso sia il tuo lavoro?
F.M.:
L’unica cosa che posso dire a riguardo è che sarebbe bello se ci fossero più esempi della Ragni di Lecco Academy in tutta Italia. I Ragni di Lecco sono un modello da seguire e hanno dato la possibilità a tutti, a partire dai più giovani, di vivere l’arrampicata in ogni suo aspetto, lasciandoli liberi di scegliere quello che preferiscono – le gare, la falesia, l’arrampicata tradizionale, …
Non me la sento di dare giudizi sul mondo dell’arrampicata, anche perché non lo vivo più come una volta, quando mi dedicavo costantemente all’allenamento focalizzandomi su gare e gradi. Per come la penso adesso, tutti dovrebbero scalare solo per il piacere di farlo… l’obiettivo è sempre e solo quello di divertirsi!
Per quanto poi riguarda l’arrampicata come lavoro, non credo per me sia così, ma non voglio aprire questo capitolo gigante. Lasciamo correre.

D.Z.: Descrivimi il luogo. Quel posto che senti tuo. Dove puoi rifugiarti, pensare, distruggere, gridare.
F.M.:
La Valle dell’Orco.
È la mia casa, dove sono cresciuta come arrampicatrice, passando dagli spit alle protezioni veloci, da una tecnica da palestra a quella più raffinata richiesta dal granito. Ma, soprattutto, qui ho conosciuto la persona che mi ha fatto sognare e mi ha permesso di realizzare tutto quello per cui oggi qualcuno mi ricorda. Della Valle dell’Orco amo tutto… le emozioni che mi ha regalato e che continua a darmi, le persone che incontro quando mi fermo al Rifugio Massimo Mila in fondo al lago di Ceresole, i suoi colori! È il miglior posto per trovare rifugio e ricordare quanto importanti siano le giornate spese in buona compagnia, a respirare aria pura e accarezzare quella roccia bella e letale, difficile da capire tanto quanto un problema di Algebra 2… ma che soddisfazione quando si rivela e si arriva in cima a qualche paretina di granito compattissimo!
Adoro questo posto e potrei parlartene per ore… non mi serve andare lontano per essere felice vedi?

D.Z.: E per ultima cosa un sogno. Che meriti di essere chiamato tale.
F.M.:
La Patagonia o lo Yosemite o ancora il Canada!
Il mio sogno è vedere il mondo e i suoi posti più belli. Se mai un giorno riuscissi ad andare a visitare questi luoghi magnifici, mi piacerebbe anche essere capace di far qualche buona foto per conservarne il ricordo.
Penso che l’alpinismo sia l’approccio migliore per spingersi nel mondo: puoi fare salite mozzafiato, ma soprattutto puoi goderti tutto il prima e il dopo. Il viaggio, i paesi, la cultura locale, i cibi, e via dicendo!
Ovvio che non vedrei l’ora di metter le mani sulla roccia… chi non vorrebbe toccare quelle pareti? Sicuramente non sono la prima a sognare questi luoghi, ma sì, potrebbe essere decisamente un bel Sogno.


NINA CAPREZ

Daniela Zangrando: Il passo chiave.
Nina Caprez: La chiave sta nel fare i conti tra la vita reale e la vita da sogno di Nina. Come posso stare con i piedi per terra se sono sempre così fottutamente fortunata? :-)

D.Z.: Cosa vuol dire spostare il limite?
N.C.:
È lo straordinario sentimento di quando il tuo cuore decide di dare tutto per una cosa. E ti assicuro che non è il caldo a giocarmi strani effetti**! È un’emozione forte, quella di essere in grado di surfare il flusso… quando sei dentro questo viaggio tutto ha senso e l’equilibrio che si crea tra corpo e anima ti fa sentire capace di superare te stesso e di fare cose incredibili.

D.Z.: I tuoi limiti, ora.
N.C.:
Arrampicare senza corda. Non c’è verso.

D.Z.: Se non dovessi più fare il climber, cosa faresti? Hai un piano altro, parallelo?
N.C.:
Amo creare e modellare. Mi piacerebbe costruire presto la mia casa. Ho già dato forma a due appartamenti e adoro fare le cose con le mie mani ed essere creativa. Non ci sono limiti!

D.Z.: Cosa ti piacerebbe cambiare del mondo dell'arrampicata? Di questo che a tutti gli effetti penso sia il tuo lavoro?
N.C.:
Posso solo incoraggiare le persone a essere più folli e a fare quello che desiderano, senza timori nei confronti dei pregiudizi altrui. Forse dicendo quanto segue mi allargo troppo, ma voglio farlo: quanto favoriti dalla sorte dobbiamo sentirci se possiamo arrampicare?! Non c’è niente di cui lamentarsi. È una fortuna che sento di dover condividere.

D.Z.: Descrivimi il luogo. Quel posto che senti tuo. Dove puoi rifugiarti, pensare, distruggere, gridare.
N.C.:
Casa di mia mamma in Svizzera. È dove sono cresciuta, in una piccola baita circondata dal verde e dalle mucche. Mi sento bene là.

D.Z.: E per ultima cosa un sogno. Che meriti di essere chiamato tale.
N.C.:
Mi piacerebbe mettere al mondo un figlio. Un bambino in buona salute.

* Il termine “crux” in inglese identifica sia “il passo chiave” in senso alpinistico che “la chiave” vista come punto cruciale, soluzione, elemento nodale della vita quotidiana.
Gli intervistati sono stati lasciati liberi di intendere o fraintendere il termine a loro piacimento.
** Nina Caprez al momento dell’intervista si trovava a scalare ad Indian Creek, Utah, Stati Uniti.

di Daniela Zangrando 

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Coffee Break Interview torna mercoledì 10 gennaio… Stay tuned!!!




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