E' morto Emanuele Cassarà, uno dei padri delle gare di arrampicata.

Alle ore 12,00 dell'8 dicembre ci ha lasciati Emanuele Cassarà. Nato a Torino nel 1929, Cassarà fu giornalista e scrittore tra i più autorevoli e noti tra quanti si sono dedicati all'alpinismo, nonchè uno dei padri delle gare di arrampicata. Il ricordo di Andrea Mellano.
Emanuele CassaràAlle ore 12,00 di ieri, 8 dicembre, dopo due mesi di lunga lotta tra la vita e la morte, ci ha lasciati Emanuele Cassarà. Nato a Torino nel 1929, Cassarà fu giornalista e scrittore tra i più autorevoli e noti tra quanti si sono dedicati all'alpinismo; un'attività per la quale nutrì un interesse così profondo da sconfinare in autentica passione. Una passione che, nei suoi scritti, è sempre stata sostenuta da una profonda conoscenza del mondo alpinistico unita ad un'analisi, così limpida e anticonformista, da apparire, a volte, quasi spietata.

Con la verve polemica che lo contraddistingueva, Cassarà non fu solo un giornalista che raccontò l'alpinismo: lui se ne fece parte attiva cercando di rappresentarne il lato “antiretorico” e innovativo. Non a caso, infatti, con Andrea Mellano e Alberto Risso, fu uno dei padri ed ispiratori delle gare di arrampicata. Con loro inventò, e rese possibile, quello storico avvenimento che, nel 1985, con la prima competizione di Bardonecchia, tenne a battesimo il movimento internazionale delle gare di arrampicata e determinò la nascita di questa nuova disciplina sportiva.

Si trattò di un cambiamento epocale per il mondo dell'arrampicata e dell'alpinismo. Una vera ribellione, per certi versi, dagli schemi precostituiti: in un campo di gioco e di confronto leale, infatti, emergeva alla luce del sole quella che per Cassarà era la competitività sommersa dell'alpinismo. Quella stessa competitività negata, nonché mascherata e avviluppata nelle maglie della retorica ideale e romantica della montagna, che spesso (anche se non sempre) rappresentava (e rappresenta) la vera molla alla base delle imprese alpinistiche.

Le gare, allo stesso tempo, abbattevano quei vincoli che volevano l'arrampicata legata esclusivamente al concetto di rischio estremo, in assonanza ad un alpinismo mostrato come un olimpo di eroi, spesso votati alla morte. Va da sé che tale visione ebbe da subito molti detrattori, soprattutto in seno al Club Alpino Italiano, anche se nel tempo questo “approccio laico all'alpinismo” di Cassarà - come felicemente lo definisce lo storico Pietro Crivellaro - ha contribuito in maniera determinante per un nuovo modo di pensare l'alpinismo stesso.

Con Cassarà se ne va, dunque, una delle voci più importanti, certamente tra le più autorevoli e innovative, tra quanti hanno cercato di raccontare, capire ma anche cambiare l'alpinismo. Per trent'anni Cassarà ha cercato di farlo dalla tribuna privilegiata e particolare, appunto “laica”, del grande quotidiano sportivo nazionale, Tuttosport. Dal 1965 al 1995, nella rubrica “Bivacco dell'alpinista”, ha seguito tutta l'evoluzione dell'alpinismo, dalla fine dell'epoca delle ultime imprese sulle Alpi di Walter Bonatti, fino alle imprese himalayane di Reinhold Messner passando per i “fuochi rivoluzionari” del “Nuovo mattino”.

La sua è stata un'esperienza unica nell'ambito del giornalismo legato alla montagna, sia per lo stile sia per il supporto “non specializzato” che la ospitava. Tutti gli scritti apparsi su Tuttosport sono raccolti nel volume “Un alpinismo irripetibile”, forse l'opera maggiore, firmata da Emanuele Cassarà. Anche se tra gli altri suoi libri vanno senz'altro ricordati: “La morte del chiodo” (Zanichelli 1983, Nordpress 2002), "Le quattro vite di Reinhold Messner" (Dall'Oglio, 1982) e l'ultimo “Un balilla partigiano” (CDA & Vivalda, 2004). Da non dimenticare, poi, l'esperienza, dal 1986 al 1989, che vide Cassarà dirigere il FilmFestival della montagna di Trento.

Proprio quest'anno Emanuele Cassarà, nella piemontese Bardonecchia e nella trentina Arco, aveva partecipato ai festeggiamenti per il ventesimo anniversario di quelle prime gare di arrampicata che lo avevano visto protagonista. Proprio a Bardonecchia di questi vent'anni aveva regalato ai presenti un'analisi profonda, serena, come sempre lucidissima. E, proprio a Bardonecchia, Marco Ballerini, uno degli arrampicatori simbolo di quella stagione “rivoluzionaria” e “ribelle” ha definito Cassarà e Mellano: “I veri ribelli di quella storica stagione dell'arrampicata”. Sì, con Cassarà se n'è andato un vero e indomabile ribelle, uno spirito libero del pensiero.

di Vinicio Stefanello

L'ultimo addio ad Emanuele Cassarà avverrà alle ore 13,30 di domani 10/12/2005 al Cimitero monumentale di Torino (sala del commiato del crematorio).

Una vita di amicizia...
di Andrea Mellano

"Raccchiudere, ora, in poche righe una vita di amicizia è arduo: corro il rischio di rendere banali fatti, inizative e anche punti di vista dialettici (e ce ne sono stati) che hanno caratterizzato il nostro lungo cammino, alla ricerca di  una visione dell'alpinismo e dell'arrampicata che tenesse conto, in primo luogo, dell'uomo e della sua integrità fisica, che significa dare all'azione un valore sportivo e non (solo) metafisico.

Il nostro primo incontro avvenne nel lontano 1962, al mio ritorno dall'Eiger. Subito mi colpì la sua capacità di approfondire i fatti e le motivazioni, sgombrandole dalla bolsa retorica eroica. Con me aveva trovato terreno fertile, in quanto non per scelta ma per spirito di contraddizione mi trovavo ai margini di un mondo alpinistico ingessato e paludato, autoreferenziale.

Ma il nostro rapporto non si esauriva nelle tematiche alpinistiche. La politica, la letteratura, la cultura in generale erano argomenti ricorrenti, anche durante le escursioni e arrampicate. La sua intelligenza e passionalità hanno contribuito molto alla mia maturazione alpinistica e sportiva. Ed è da queste discussioni e riflessioni che scaturì l'idea di una Federazione per l'arrampicata sportiva, che prese corpo nel 1985 con Sportroccia e nel 1987 con la fondazione della FASI.
Ora mi sento più solo.
Ciao
Andrea"




Un balilla partigiano
Note:  



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