North Face Ultra Trail Tour du Mont Blanc a Marco Olmo

Il 25/08 il cuneese Marco Olmo ha vinto la quinta edizione della grande corsa attorno al Monte Bianco, da Chamonix a Chamonix passando per Courmayeur, superando il tedesco Jens Lukas e il francese Nicolas Mermoud. In gara femminile vittoria della statunitense Nikki Kimball. Report di Lorenzo Scandroglio
Un grande Olmo ai piedi del Bianco: una vittoria strepitosa del 59enne cuneese Marco Olmo ha suggellato la quinta edizione della più dura corsa di montagna del mondo, la North Face Ultra Trail Tour du Mont Blanc. Olmo è così il primo ad aver vinto per due volte (e per giunta consecutive) la grand epreuve. La competizione consiste nel periplo completo del Monte Bianco lungo il noto sentiero che i comuni mortali percorrono a tappe in una settimana.

Ma soffermiamoci un attimo sui numeri: 2200 partecipanti (rigorosamente selezionati in base al curriculum che prevede, fra l'altro, la partecipazione nell'ultimo anno ad almeno 2 gare da 50km o ad una da 80) partenza da Chamonix, giro della montagna più alta d’Europa in senso antiorario per un totale di 163 km, 8900 metri di dislivello positivo (più degli 8848 metri dell’Everest), tre nazioni toccate dal percorso, Francia, Italia, Svizzera, arrivo a Chamonix. Una grande festa e un’impresa epica, con una folla che, a tutte le ore del giorno e della notte e in tutti i punti del percorso, non solo nei villaggi, segue e sostiene i concorrenti. Gli atleti sono partiti la sera di venerdì e i primi sono arrivati nel pomeriggio di sabato 25 agosto.

Mentre stiamo scrivendo (domenica 26), non tutti sono ancora giunti al traguardo, dopo due notti e un intero giorno di marcia. Il tempo limite di 46 ore scade alle 16,30 di oggi. Una corsa che, si capisce, non è aperta a tutti. Il tour del Monte Bianco è da tempo immemore un grand randonnée tra i più belli. Al cospetto non solo del Monte Bianco, ma di tutta la costellazione delle sue cime satelliti, dall’Aiguille Noire al Dente del Gigante ai Grandes Jorasses all'Aiuguille Verte, tanto per citarne alcune. E qui ha vinto ancora il "vecchietto" cuneese Marco Olmo, accolto dagli applausi scroscianti del pubblico già a partire da Argentière. Dieci chilometri da pelle d'oca, in cui a stento Marco ha trattenuto le lacrime per l'emozione.

La cronaca della gara, almeno per le prime posizioni, è presto fatta. Ma prima diamo un'altro elemento di valutazione interessante. Per la prima volta al Trail del Monte Bianco sulla linea di partenza si sono presentati, insieme, tutti i vincitori delle precedenti 4 edizioni: Dawa Sherpa (Nepal), Vincent Delebarre (Francia), Christophe Jaquerod (Svizzera) e Marco Olmo (Italia), ovvero alcuni fra i più grandi ultramaratoneti mondiali. Si aggiunga un'agguerrita schiera di giovani americani che, in una conferenza stampa pre-corsa, facevano proclami da record ipotizzando un tempo attorno alle 20 ore (si tenga conto che il record fatto segnare nel 2006 da Olmo era di poco sopra alle 21 ore): Dean Karnazes, Scott Jurek (7 volte vincitore della Western States 100 miles), Karl Metzer (vincitore di sei “100 miglia” nel 2006), Hal Koerner. Si sono ritirati quasi tutti salvo Karnazes, giunto 47^ con 6h e 5' di ritardo da Olmo.

Veniamo brevemente alla cronaca: partenza al brucio del trasalpino di casa Nicolas Mermoud che ha condotto per tre quarti di gara, mantenendo sempre un vantaggio oscillante fra i 10 e i 20 minuti. Olmo nel frattempo, da buon diesel, procedeva con passo costante restando sempre nei 10 e risalendo gradualmente le posizioni. Vincent Delebarre incalzava ma scompariva improvvisamente dalla classifica verso metà percorso. Superati i 100 km Mermoud cominciava ad accusare la costanza del passo di Olmo che, occorre dirlo, così come non accelera, non cala mai di ritmo. Dopo aver attraversato le valli italiane Veny e Ferret e la cittadina di Courmayeur fra la notte e le prime luci dell'alba), il sorpasso temuto dai francesi avveniva al km122 in territorio elvetico a Champex.

Mentre il francese si riposava seduto, Olmo arrivava al punto di rifornimento e si sottoponeva al suo usuale pit stop: frenata in piedi davanti a un tavolo, incoraggiamento della moglie ("bravo Marco, avanti così!") che nel frattempo gli rabboccava le due borracce, barretta ai cereali di quelle che si trovano anche all'autogrill e partenza senza batter ciglio davanti a un esterrefatto Marmoud che, già alla tappa successiva di Bovine dopo una salita di 500 metri di dislivello (126km), accusava 17' di ritardo.

Da qui abbiamo seguito Marco a piedi fino al Col de La Forclaz (135km), correndogli a fianco e incitandolo: che freschezza nel passo e che lucidità mentale! "Quanto c'è di distacco?" - mi ha chiesto. "Non lo so Marco - gli ho risposto - adesso mi fermo e cronometro ma tu vai e vinci. Ci vediamo a Chamonix!". A quel punto il distacco era salito a 21'. Nel frattempo, umile e imprevedibile, il tedesco Jens Lukas risaliva numerose posizioni, recuperava oltre un'ora di ritardo, si metteva alle spalle anche il mitico Dawa Sherpa e Samuel Bonaudo e, ad Argentière, per l'ulteriore contraccolpo dei tifosi di casa, superava anche Marmoud. Al traguardo, come detto, grandi ovazioni per Marco Olmo che passava con 52' sul tedesco Lukas e 59' sul francese Marmoud. Fra le donne Nikki Kimball vinceva con 25h:27'. Non dimentichiamo poi che, da Courmayeur a Chamonix si è svolta l'altra competizione, un po' più breve, di 86 chilometri, vinta da Julien Courier in poco più di 10 ore.

La vittoria di Olmo lascia il segno ed è stata ripresa sulla stampa transalpina con grande risalto, vuoi per l'età del nostro "pensionato", vuoi per il suo stile di vita che si attiene a un regime alimentare vegetariano stretto ("la mia regola alimentare è "non uccidere ciò di cui ti nutri"). Indubbiamente questo fatto dell’età, così come succedeva per i veterani delle falangi romane, dimostra che la componente mentale, la volontà, l’esperienza possono essere determinanti là dove conta la resistenza. C'è chi, non senza un pizzico di retorica, considera questi corridori come gli eroi dell'epoca moderna, capaci di fare emozionare con imprese al limite dell'umano. Specie ora che nessun Omero può più cantare le gesta di Achille, che nel combattimento poteva far valere doti individuali ed umane.

Lorenzo Scandroglio
lorenzo.scandroglio@tin.it



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