Vie d'arrampicata di Giuliano Stenghel sull'Isola di Tavolara, Sardegna

Giuliano Stenghel introduce l’affascinate Isola di Tavolara sulla costa NE della Sardegna che, anni fa, aveva letteralmente stregato l’alpinista di Rovereto. A tal punto da aprire una grande quantità di vie di arrampicata su questa montagna in mezzo al mare.
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In arrampicata sull'Isola di Tavolara, Sardegna
archivio Giuliano Stenghel

Giuliano Stenghel, grande alpinista e apritore dolomitico, è un grande appassionato di Sardegna ed in particolare dell’Isola di Tavolara. Negli ultimi dieci anni, infatti, “Sten”, come tutti conoscono Giuliano, ha aperto una gran quantità di vie sulle scogliere dell’isola e persino scritto un libro dal titolo curioso: “Nonno perché abbiamo i denti d’oro?”, dove si narrano le storie e le affascinanti leggende a cui è legata l’isola. Ma il libro è anche una prima monografia alpinistica dell’isola, le cui prime notizie in questo senso furono riportate su “Mezzogiorno di Pietra” di Alessandro Gogna.

Giuliano ci tiene a precisare che è legato soprattutto al versante meridionale, che si presenta come una lunghissima scogliera di calcare bianco di ottima qualità, alto sino a 600 metri (!!) di cui in genere la prima parte è la più difficile e continua. Molte delle vie aperte su questa scogliera non sono mai state pubblicate e giova in proposito ricordare che si tratta di arrampicate “alpinistiche” tradizionali dove ci si deve interamente proteggere ma, soprattutto, che la gran parte di esse è raggiungibile solo con l’ausilio di una barca. Insomma vie per appassionati di mare e di alpinismo, percorsi che è consigliabile intraprendere in inverno ed in primavera per non rimanere troppo scottati dal sole…

di Maurizio Oviglia



Isola di Tavolara - una montagna in mezzo al mare di Giuliano Stenghel

L'isola di Tavolara condiziona tutto il panorama della costa NE della Sardegna. E' un immenso scoglio di roccia calcarea, dolomitica, poggiato su un basamento di rocce granitiche; si erge per quasi seicento metri con pareti verticali e falesie dolomitiche che strapiombano sul mare blu cobalto; una montagna in mezzo al mare ricca di vegetazione. Chiunque s'avventura lungo il sentiero che dal ristorante - punta d'approdo dei battelli o delle imbarcazioni - seguendo la costa porta a punta La Mandria, non può fare a meno di godere dei profumi del mirto, del rosmarino e delle tante specie di piante, alcune addirittura endemiche, che crescono su Tavolara.

L'isola, frazione di Olbia è in gran parte di proprietà della famiglia Marzano, anche se una zona, probabilmente la più bella dello Spalmatore di Fuori, è stata espropriata dalla NATO, e quella altrettanto bella è rimasta alla famiglia Bertoleoni (re di Tavolara) che gestiscono i ristoranti.

Tavolara, un posto unico, magnifico che merita di essere visitato. Ma l’isola è prima di tutto una montagna che ammalia, soprattutto gli alpinisti. Salire in vetta a Punta Cannone (565 metri) non è facile, anzi: i diversi percorsi e purtroppo poco segnalati e difficilmente individuabili, e i tratti in cui bisogna arrampicarsi seppur servendosi di una ferratina o di un percorso con corde fisse, necessitano di una buona esperienza in montagna e di un'attrezzatura adeguata oppure di una guida alpina. Da poco è stata ripristinata l’antica Via delle Scale (Via degli Angeli): una via con alcuni tratti attrezzati che percorre interamente la cresta che scende da punta di Lucca fino al mare. Itinerario alpinistico molto impegnativo che si può raggiungere seguendo il sentiero di punta la Mandria fino alla parete rocciosa.

L'alpinismo su Tavolara si è sviluppato prevalentemente negli anni settanta sulla parete N-NW, grazie a Bodo Habel e altri fortissimi rocciatori tedeschi che hanno aperto le prime vie di estrema difficoltà. Proprio loro hanno portato la Croce in vetta poi da qualcuno divelta. Prima di loro le salite erano su itinerari più facili e per cacciare.

Con tutte le montagne del mio Trentino, perché mi sono lasciato sedurre e ammaliare dal fascino di un posto tanto lontano? Di preciso non lo so, ma le forme cariche di mistero di quello scoglio in mezzo al mare mi hanno completamente catturato. E non è soltanto questo, c’è di più, c’è qualcosa che provo dentro, che ho avvertito sin dal principio, una strana sensazione ed emozione, come se qualche forza misteriosa mi avesse chiamato in quei luoghi. Senz’altro ha contribuito la Croce in vetta che ora non c’è più…

La Tavolara, una montagna in mezzo al mare alta quasi seicento metri, con pareti scoscese sulle quali ci si può avventurare soltanto con una certa esperienza alpinistica e mentalità esplorativa. Se non fosse per il mare, sembrerebbe una delle nostre montagne, con giganteschi pilastri di roccia grigia in alto e, in basso, ripide falesie con grandi grotte. Rocce vive, inquietanti e ardite nelle forme, spettacolari per l’intensità dei colori. Questa piccola isola mi ha stregato a tal punto dal trasformare le mie vacanze, invece dell’assoluto riposo, un libro da leggere, magari qualche nuotata in un mare da sogno in continue arrampicate su pareti vergini e da brivido. Nei miei spostamenti vedo le spiagge con tante persone che sono lì tutto il giorno, sdraiate che si riposano, poi si bagnano e si riposano ancora, dormono… Allora mi viene spontanea una domanda: “Ma quanto dormono questi?”. Forse sono io che sono sbagliato, io che sono sempre in movimento. Spesso ripenso ad una frase scritta sulla trave di un rifugio alpino del gruppo del Brenta: “Non è riposo il riposo, ma mutar fatica alla fatica è riposo”. Insomma, per riposare, si può cambiare genere di fatica.

Sull’isola di Tavolara ho provato delle sensazioni indescrivibili, immerso in una natura intatta, ho percepito qualcosa di nuovo, di diverso: una strana impressione, come se lasciata l’affollata spiaggia dell’attracco, si varcasse una porta immaginaria che conduce in un’altra dimensione. Infatti, chi si avventura su queste rocce, avverte una sensazione di solitudine ed è cosciente della pericolosità e delle eventuali conseguenze che comporterebbe un incidente di percorso. Nonostante ciò, amo questo grande scoglio, con rocce di bianco calcare a strapiombo e con una vegetazione unica e rara: un insieme di colori che si riflettono nel mare. E che mare! Non è una montagna per tutti, anzi la sua peculiarità la rende un posto dove è ancora possibile scrivere delle belle pagine di alpinismo, aprire nuove vie fuori dal giro dei grandi e più conosciuti massicci, ma non per questo meno difficili e pericolose.

Ma, a mio parere, il versante Sud-est è il più bello e interessante per la moltitudine di possibilità alpinistiche che offre. Si raggiunge spesso servendosi di un gommone o di una imbarcazione e la scogliera è un muro a picco sul mare che s'innalza dapprima per 250 metri per poi degradare dolcemente su rocce più facili fino alla cresta sommitale. Una bastionata che si tuffa nel mare, lavorata da immense grotte che formano caratteristiche, quanto invitanti, strapiombi di colore marron scuro e s’allunga a oriente per chilometri, originando un paesaggio dall’aspetto grandioso, incantevole. Qui la roccia è prevalentemente magnifica: lavorata e levigata dal tempo, dal vento e dal mare, solida e spesso strapiombante. Rocce bianche e giallastre, variamente maculate di marron scuro, calcare dolomitico che all'alba si colora di rosa. Qui l'ambiente è incantevole, affascinante e selvaggio, dominato dallo spettacolo di una natura prevalentemente intatta. Su queste falesie nidificano molte specie di volatili ed in particolare i gabbiani. Che posto sublime!

Ricordo la prima volta che ho scalato questo versante: una giornata splendida di primavera, sulla barca il silenzio era quasi irreale ma quando, con i miei compagni, abbiamo messo le mani sulle rocce, all’improvviso si è scatenato un trambusto impressionante, centinaia di gabbiani in allarme gridavano e volavano sopra le nostre teste, uno spettacolo inquietante e per noi la paura che gli uccelli ci attaccassero per difendere i loro piccoli nei nidi. E' difficile spiegare il paradiso di questa falesia lunga quasi sei chilometri e alta seicento metri. L'alpinista che vi ci si avventura non potrà non rimanere colpito dalla luce, dai profumi in alto della macchia e dai colori: il blu trionfa dappertutto nel mare e nel cielo. Ciononostante per guadagnarsi l'attacco delle vie ci vuole un gommone o una barca, inghippo che con il tempo e soprattutto con l'aumento d'interesse di chi vorrà scalarla, sono certo, si potrà risolvere. Alcune vie sul tratto di falesia vicino a punta La Mandria si possono già raggiungere via terra arrampicando sul traverso (Traverso infinito), per ora di oltre mille metri, che ho aperto a pelo d'acqua e dedicato a mia moglie Nicoletta.

Per chi si avventura su questa scogliera, è facile imbattersi in grotte, che appaiono come grandi o piccole sale, alcune addirittura che si perdono, nei quali è bello riposarsi all’ombra e al fresco. Grotte che si aprono a strapiombo, che dominano questo mare cristallino, scavate dalla furia delle acque e dal tempo e plasmate dal vento. L’arrampicata su questa lunga falesia è simile a quella delle pareti più classiche e frequentate delle Dolomiti con roccia a mio parere ancora più bella.

Per le vie che ho aperto con l’uso di qualche chiodo, cordoni in clessidre e friends ho adottato la scala di difficoltà UIAA, questo per mantenere la tradizione alpinistica della scogliera e della maggior parte delle vie fin’ora tracciate.

L'isola di Tavolara quindi: una montagna in mezzo al mare, con pareti scoscese sulle quali ci si può avventurare soltanto con una certa esperienza alpinistica e mentalità esplorativa. Se non fosse per il mare, sembrerebbe una delle nostre montagne, con giganteschi pilastri di roccia grigia in alto e, in basso, ripide falesie con grandi grotte. Rocce vive, inquietanti e ardite nelle forme, spettacolari per l’intensità dei colori.

Per il trasporto con barca o gommone all'attacco delle vie è possibile contattare la soc. Skipper 3421558571-3457937167Un grazie di cuore ai miei compagni di corda: Mariano Rizzi, Andrea Zandonati, Massimo Putzu, Franco Nicolini, Franco Moi, Eugenio Vanzetta, Chiara Stenghel, Davide Gallizzi e Franco Monte.

Giuliano Stenghel




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