Starsky e Hutch, l'avventura sulla via trad aperta da Castaldi e Marrosu a Capo Caccia

Maurizio Oviglia presenta Starsky & Hutch la via trad aperta nel 2001 a Capo Caccia (Alghero, Sardegna) da Lorenzo Castaldi, Marco Marrosu e Angelo Baldino, di cui lo stesso Oviglia insieme a Fabio Erriu ha compiuto la prima ripetizione (on sight) il 17 ottobre 2013. Una linea del tutto ardita in mezzo a giganteschi strapiombi la cui bella e 'rocambolesca' apertura è raccontata direttamente anche da Marco Marrosu.
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Il tracciato di Starsky & Hutch, la via aperta nel 2001 da Marco Marrosu e Lorenzo Castaldi (Enzolino) a Capo Caccia, Alghero, Sardegna.
Marco Marrosu
Una delle cose che amo di più nel mio lavoro di compilatore di guide è il momento della ricerca delle informazioni, che per me può durare anche alcuni anni. Chi mi conosce sa che non ho mai fatto una guida a “tavolino”, ma che al contrario mi piace ripetere quasi tutte le vie, andare a vedere di persona, metterci “il piede” insomma. Qualche volta, ripetendo qualcuna di queste linee dimenticate, dove nessuno vuole mai andare e pertanto quasi o del tutto irripetute, mi capita di “vedere” nuove linee… così finisco sempre per tornare con l’attrezzatura di apertura! Ma altre volte, al di là delle aspettative, la ripetizione può rivelarsi non solo interessante ma del tutto appagante. Può anche essere in più lo stimolo, al di là dell’arrampicata, della bellezza o meno di essa, della sua difficoltà, di scoprire le storie che stanno dietro queste piccole avventure che sovente, solo per il fatto di trovarsi su pareti modeste sul mare, non hanno mai ricevuto l’onore delle cronache.

Al di là del fatto che Marco Marrosu e Lorenzo Castaldi (Enzolino), al secolo Starsky ed Hutch, siano due amici, questa loro via mi aveva da sempre incuriosito. Un po’ per la storia della sua apertura, che definirei alquanto rocambolesca, ma anche per la linea, del tutto ardita in mezzo a giganteschi strapiombi. Mi son sempre detto: prima o poi… Ora, con la scusa della guida, il “poi” è arrivato e mi sono dovuto quindi confrontare ad armi pari con la bravura di questi ragazzi che, totalmente da autodidatti e con un bel po’ (almeno secondo me) di fegato e pazzia, si erano buttati su questa parete. Si sta parlando, attenzione, di arrampicata tradizionale, senza nulla in posto, né spit e tantomeno chiodi. E salire degli strapiombi incrostati di salsedine e di calcite solo con i friend all’imbrago non è cosa da tutti i giorni!

Su Starsky ed Hutch ho vissuto 5 ore di vera avventura, con la consapevolezza di non avere neanche la possibilità di scendere o un compagno che mi avrebbe potuto dare il cambio se fosse sopraggiunto un problema (“nonno Fabio”, 70 anni compiuti, è stato veramente bravissimo, perché i traversi anche da secondi non son semplici da fare…). Insomma mi sono sentito trasportato improvvisamente sulle scogliere di Gogarth, dove è stata scritta la storia dell’arrampicata inglese, e tutto ciò nella tranquilla e spittata” Sardegna.

Qualche tempo fa, proprio su planetmountain, si parlava di filosofie dell’altopiano andate ormai perdute in evanescenti arabeschi di illusioni. Invitiamo chi soffre di nostalgia da Nuovo Mattino a venire a scalare con noi i “nuovi altipiani”, per comprendere quanto quegli anni, a dispetto dalle apparenze, siano stati interiorizzati, anche dalle nuove generazioni. Sono, insomma, parte della storia nostra e non sono niente affatto stati “assassinati” dall’arrampicata sportiva. Purtroppo non tutti abbiamo avuto la fortuna di vivere il Nuovo Mattino e compreso le complicate metafore di Giampiero Motti, ma certamente dentro di noi quell’aria di rivoluzione ha lasciato un segno…

Maurizio Oviglia

Il racconto della prima salita di Starsky & Hutch (di Marco Marrosu)
Quello strapiombo era lì ormai da milioni di anni, ma era solo negli ultimi cinque che ci guardava con un'aria un po' troppo provocante. L'aspetto, dal mio punto di vista, era un po' orrido, e ci volle un bel po' perché lo conoscessi e mi avvicinassi a lui con occhi nuovi. L'espressione provocante però, gli anni passano per tutti, cominciò poco a poco a trasformarsi in aspetto altezzoso. D'altronde, come una bella ragazza, una bella parete va saputa corteggiare..
Era il 1997 quando, preso coraggio, ci provammo per la prima volta e siccome sono timido e altrettanto è Lorenzo, decidemmo di andarci assieme. In due, pensavamo, sarà più facile. Quel giorno fu un duro rifiuto da accettare. Avevamo sottovalutato la parete e, partiti alle 18, pensavamo che il solo dislivello giustificasse le poche ore di luce che ci rimanevano. In realtà era tosta! Durante l'azione ci trasformammo lui nello scuro e bassottino Starsky e io nel più alto e biondino Hutch. Così la progressione diventava un continuo "Dai corda Starsky" "Molla Hutch". 
Dopo due tiri la luce cominciò a calare, i tetti incombevano su di noi e lo strapiombo ci aveva provato fisicamente e psicologicamente. Avevamo notato una via di uscita sulla sinistra ma la mancanza della frontale, l'incognita da affrontare e lo stress al quale eravamo stati sottoposti si faceva sentire. Prepariamo la calata su alcuni chiodi da roccia. Ma buttata la corda soprimmo con orrore che toccava per un metro per poi sparire lontana nel vuoto, che l’arrivo era sul…mare e che ad esso mancavano 10 metri!
Provammo così a spostare la sosta ma tutto era liscio ed inchiodabile: non ci rimaneva altro che quel buco con una lieve strozzatura… e incastrarci il nodo fatto su un cordino e metterci dentro la corda in doppia. Su questa nuova e più economica sosta cominciammo, non senza emettere preghiere di ogni genere e pensando ai tuffatori di Acapulco, la calata. Che culo! La corda strapiomba dalla base della parete di oltre 20 metri e non arriva all'acqua per 5!! Abbiamo addosso il casco, chiodi, nut, friend, il martello, le scarpette e ... così, in perfetta tenuta da nuotatore, il primo si cala, nessun nodo in fondo alla corda e via, tuffo! Il secondo invece, arrivato alla fine della doppia si aggrappa disperatamente con le mani a un capo e, di nuovo che culo, la corda scorre e riusciamo nuotando a recuperare il nostro capitale.
La cotta ci era però rimasta come un amore non consumato e così ritornammo, questa volta con un compagno con un nome che ci poteva portare fortuna (Angelo), e con più esperienza e più rughe sul volto per ricordarci come eravamo più forti e incoscienti da giovani e più maturi oggi. La via è splendida. Il traverso del terzo tiro merita da solo la ripetizione. Una frattura netta e trasversale taglia la base dei tetti, le mani si artigliano come cliff e i piedi raspano e aderiscono sul niente. Come gibboni ci si lascia dondolare da un metro all'altro sino a raggiungere la sosta col cordino lasciato. Sotto solo il vuoto e lo strapiombo assoluto, in alto un lungo tetto di oltre 5 metri che copre tutto il traverso. I tiri precedenti sono mozzafiato con cordini che si agitano nell'aria e l'ultimo regala il momento più bello: l'arrivo sulla cima.
Buona ripetizione quindi… e che possiate godere come abbiamo goduto noi (parete di grande esperienza è!)
Marco Marrosu



Starsky& Hutch (Capo Caccia, Sardegna)
Prima salita: Lorenzo Castaldi, Marco Marrosu e Angelo Baldino, 8 luglio 2001
Prima ripetizione (on sight): Maurizio Oviglia e Fabio Erriu, 17 ottobre 2013
Sviluppo 130 mt
Difficoltà VII+ (VII- secondo la relazione originale), R2/III
Materiale: in posto quattro cordini. Portare friend e nut, tre o 4 chiodi per le soste
Salita ardita su grandi strapiombi, con lunghi traversi. La ritirata è impossibile. Necessaria roccia asciutta.
Relazione: dal Belvedere di Capo Caccia affacciarsi all’orlo e percorrere una evidente cengia che scende al mare. Prima che finisca portarsi poco a monte su una cengia parallela ed entrare in un anfiteatro alla base dei grandi strapiombi (10 minuti, necessario mare calmo). Scritta alla base della via.
Salire una fessura strapiombante, poi traversare a destra su buone prese per le mani in strapiombo esposto direttamente sul mare, quindi entrare in un tunnel uscendone 5 metri sopra. Traversare a destra ad una cengia, S1 (VII+ in libera).
Salire un camino scabroso, quindi una parete aperta di roccia fragile e tratti improteggibile arrivando alla base di una spaccatura strapiombante. Scalarla uscendo su un’esile cengetta sotto il tetto, S2 (VII). Traversare a sinistra sulla fessura per le mani per oltre 40 metri, S3 (VI+). Continuare verso sinistra con un passo bellissimo ed espostissimo sul vuoto, quindi per blocchi (con attenzione) all’orlo, S4 (VI).
Relazione e valutazione dei primi ripetitori



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