L’Attico del drytooling in Valsavarenche

Andrea Arici e Raffaele Mercuriali hanno aperto una nuova falesia per il drytooling in Valsavarenche.
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L’Attico del drytooling
arch. Arici - Mercuriali
L’Attico, questo è il nome della nuova grotta per il drytooling in Valsavarenche (proprio sopra la famosa Grotta Grotta di Haston) che è stato scoperto, chiodato ed ideato da Andrea Arici e Raffaele Mercuriali. Si tratta di vie molto diverse tra loro: tecniche, atletiche, delicate e di piedi. Insomma, avvertono i due apritori, c’è l’imbarazzo della scelta. Oltre alle coordinate del posto (vedi sotto), Arici e Mercuriali ci hanno inviato anche un piccolo report sulla loro scoperta (e sul loro lavoro) nell’Attico ma soprattutto sulla loro grande passione per l’arrampicata a “secco” con picche e ramponi.

Per arrivare all’Attico: prendere l’uscita dell’A5 Valsavarenche/Villeneuve, raggiungere e passare il paesino di Villeneuve proseguendo verso il Monte Bianco per circa 1 km, poi girare a destra verso Pont e seguire le strada che vi porta in Valsavaranche. Circa 1 km prima di Pont, c’è un parcheggio sulla sinistra, punto di partenza di escursioni per il rifugio Chabot, posteggiare li. La falesia rimane sulla sinistra, proprio sopra la famosissima Grotta di Haston. Da li a piedi ci vogliono circa 10 minuti, si arriva alla grotta di Haston, e la si supera sulla destra per 200 metri, da qui dei cordoni fissi permettono di arrivare alla parte bassa della falesia

Di seguito riportiamo le “specifiche" (nomi e grado) delle vie chiodate da Arici e Mercuriali, con un avvertenza: i gradi sono da considerarsi senza speroni, con gli speroni le vie strapiombanti sono quasi un grado in meno (gradata con D perché in questi 2 anni non c’è mai stato ghiaccio) .

Settore alto
1 lacrime di sangue D11+
2 l’attico dei super eroi D11+/D12
3 lacrime dei super eroi D13/D13+ (continuazione da dx a sx delle 2 vie precedenti: da liberare)
4 movimento sexy D8+
5 balcone sul paradiso D10+

Parte bassa
6 Dani california d7
7 Kekko lo stambekko d6
8 W la figa d6+
9 d6


L’attico dei supereroi
di Andrea Arici e Raffaele Mercuriali

La passione è qualcosa di così forte da influire in modo determinante sui pensieri e sulle azioni dell’uomo; qualunque cosa sia l’oggetto di tale interesse - una donna, la montagna, uno sport... - dal momento in cui si risveglia in noi, questo diventa un pensiero che occupa quasi esclusivamente la nostra mente. Un po’ come quelle canzoni talmente orecchiabili che, pur avendole sentite alla radio soltanto per pochi secondi, sono capaci di ricorrere ossessivamente nella testa per tutto il giorno! Finché si tratta di donne nulla di strano: con qualunque amico ne parli saprà capirti e nel peggiore dei casi converrete che, dal momento che la popolazione terrestre è costituita soprattutto da donne, la situazione non è poi così disperata!

Se si ha la passione per la montagna è ancora meglio, benché in questo caso la bilancia terrestre penda a favore dei mari, di vette ce n’è sparse qua e là per tutto il globo e non serve neanche esser corrisposti...
Il problema comincia a sussistere per chi, come me, ha la passione per il dry tooling... Con gli amici soprattutto: nella maggior parte dei casi, alla domanda “Vieni a fare dry tooling con me?” la risposta è “Dry che?!”, senza neanche chiedere l’aiuto del pubblico! Essendo uno sport così recente, in una valle come la nostra sono ancora in pochi a sapere di cosa si tratta e per gli altri l’unico dry che conoscono è il Martini – e guarda un po’, in quel caso sono sempre disposti ad accompagnarti!

Il secondo problema sono le falesie: se di campi da calcio ne trovi in ogni paese, e anche più di uno, le vie di dry sono molto, molto meno; ma come ogni altra passione quando nasce è troppo tardi e così ti scopri disposto a spostarti chissà dove per poter “spicottare” un po’... Ovviamente con tutto quello che comporta: autostrade, carburante, alberghi (già che vado lontano non mi prendo un giorno solo, no?!) da pagare, fidanzate che si lamentano di non passare il week end con loro e centinaia di telefonate prima di riuscire a mettersi d’accordo con quei pochi altri, affetti come me dal morbo della piccozza, sul come, dove, quando incontrarsi...per poi trovarsi come al solito in due, io e il Raffa!

Tappa Valle d’Aosta, grotta di Huston. Ci mettiamo finalmente ad arrampicare, un fine settimana di full immersion, quanto basta per far scorta fino alla prossima uscita. Poi, l’ultimo giorno, qualcosa comincia a martellarci nella testa... Ogni volta sembra che le vie non siano mai abbastanza, devi provare altro, metterti alla prova con passaggi di più difficili... E’ allora che una domanda è spuntata all’improvviso: cosa ci sarà sopra? Magari si riesce a chiodare ancora qualcosa... Corda dall’alto, risaliamo e... Eccola, un’altra grotta! E’ sempre stata lì, chissà quanti altri hanno alzato lo sguardo mentre arrampicavano e forse l’hanno vista, ma solo a noi è apparsa in tutta la sua bellezza: non si poteva che innamorarsi di lei... Sotto una specie di incanto, più la guardavamo e più immaginavamo vie tra tetti e fessure, signore vie! Anche voltandosi lo spettacolo è straordinario: non è da tutti avere come dirimpettaie “Mission impossibile” e “Tsunami”!

Ormai è Domenica, ce ne andiamo salutando a malincuore l’oggetto del nostro nuovo colpo di fulmine, ma in viaggio verso casa non riusciamo a pensare ad altro... Una telefonata al Raffa per comunicargli la mia decisione: passerò la settimana prossima nella nuova grotta a chiodare. E così è stato, per cinque giorni ho forato la sua roccia e messo spit per potermi affidare a lei in qualunque momento futuro avessi sentito il suo richiamo, scendendo fra alberi e camosci tutte le sere per mangiare e passare la notte in jeep (la passione prende anima e corpo, come potevo allontanarmi da lei per andare a dormire in albergo?!). Finalmente il sesto giorno sono arrivati i rinforzi, il Raffa con il suo camper, e occhi nuovi hanno contribuito a creare nuove vie.

Arrivato il tramonto, lasciati trapano, picozze e imbrago, nonostante le forze se ne fossero già andate da un po’, con il naso all’insù abbiamo contemplato il lavoro fatto e ci siamo resi conto di aver trasformato quella grotta “all’ultimo piano”, rifugio di stambecchi e camosci, nell’attico dei nostri sogni. Vie dure, vie che mettono davvero in gioco le nostre capacità, passaggi che si sudano, che fai e rifai, ma dalla soddisfazione impagabile, le vie che cercavamo da tanto.

A coronare l’impresa ecco, domenica mattina, salire inaspettatamente della gente, provano le vie della grotta di Haston e poi, probabilmente incuriositi dalla nostra presenza più su, ci raggiungono: sono francesi e non francesi qualunque: Jeff Mercier con un gruppo di amici. Accettano di “testare” le nostre vie. Cosa si poteva chiedere di più di ricevere i loro complimenti e sentirsi proporre quel M 13?! Una via da supereroi... Dopotutto è così che, quando appagata, ti fa sentire la passione...
Ma la passione per il dry tooling è un fuoco che difficilmente si spegne, quel fuoco che continua a farti confrontare con te stesso, che ti permette di scoprire nuovi limiti e superarli: nel nostro attico la sfida è aperta...

Note:
Planetmountain
arch. news dry tooling



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