Cava Ispica, l'arrampicata a Ragusa e un ritorno alle sue origini

La storica falesia Cava d’Ispica - Pernamazzone a Ragusa in Sicilia è ritornata agli antichi splendori grazie ad un importante lavoro di richiodatura. Il report di Massimo Flaccavento e Giorgio Iurato.
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Cava Ispica: la falesia dal rifugio Pernamazzone
archivio Massimo Flaccavento, Giorgio Iurato

Gli anni passano in fretta e i primi capelli bianchi iniziano a spuntare, tante cose sono cambiate e tante altre sono state portate via dal tempo, ma ritornare ancora a Cava d’Ispica ha sempre un sapore particolare. Ogni volta che lasciando la statale si imbocca la sterrata che scende all’interno della valle, sembra quasi di fare un salto nel tempo.

Allora, e parliamo a più di venti anni fa ormai, l’arrampicata a Ragusa era molto diversa. Le falesie si contavano appena, e il gruppo sportivo Arrampiko guidato da Giancarlo Canzonieri e Piero Criscione era in pieno fervore. Alla passione per la scalata si accostava il desiderio per la scoperta, e di conseguenza questo si trasformava nella valorizzazione delle rocce che circondavano Ragusa, la nostra città.

Cava d’Ispica diventò così un luogo simbolico per gli arrampicatori ragusani, e alla base della falesia il bellissimo Rifugio Pernamazzone fungeva da base ideale per le nostre avventure dietro casa. Avventure semplici e confezionate alla vecchia maniera. Impossibile dunque ripensando a quei tempi, non ricordare ad esempio quando più per gioco che per altro, era nata la tradizione di offrire un cannolo ogni qual volta si riusciva a fare una bella libera. Certo col tempo questa abitudine è lentamente caduta, ma è bello ricordarsene oggi, a distanza di tanti anni.

Le lunghe giornate passate a scalare sulle vie appena attrezzate terminavano davanti al camino del rifugio, a parlare di arrampicata e di mille altre cose, con la consapevolezza di essere felici grazie a quello che la natura e soprattutto la vita ci stava regalando. Le prime linee, che ad oggi sono ancora tra le più meritevoli, nacquero per mano di Piero e Giancarlo, e noi che del resto eravamo poco più che pivellini, ci limitavamo a scalare e ad aiutare per quello che ci era possibile nei lavori di chiodatura.

Col tempo però le cose cambiarono, e anche da parte nostra arrivò un buon contributo in termini di nuovi tiri, sia per mano mia che da parte dell’infaticabile Giorgio Iurato. Un paio di interessanti linee furono aperte anche da Giuseppe Cassarino, e infine in tempi più recenti, qualche altra bella via è stato il regalo del comisano Francesco Catalano. Dopo di che per anni non sono state aperte più nuove vie e la falesia è stata frequentata più sporadicamente rispetto una volta. Chissà, forse perché i nostri tempi hanno spostato l’interesse da parte degli arrampicatori verso luoghi più alla moda, o forse perché anche noi in fondo non eravamo più capaci di guardare queste pareti con la stessa fantasia di allora…chissà!?!

Il tempo che non passa quasi mai in punta di piedi, anche in questo caso ha lasciato il suo segno. Catene arrugginite, fittoni malridotti e fix corrosi, erano la triste accoglienza per chi veniva ad accarezzare queste rocce dimenticate.
Insomma, era venuto il momento di riportare in vita questi gioiellini di calcare, e per farlo è stato necessario il contributo di un po’ di persone. Dopo aver rinunciato a numerosissime giornate di arrampicata, abbiamo iniziato la pulizia delle vie e la sostituzione dei vecchi spit, nonché effettuato numerose modifiche e migliorie doverose. La falesia così è lentamente ritornata agli antichi splendori. Approfittando poi dei lavori in corso, io e Giorgio abbiamo anche colto l’occasione per aprire alcune belle vie nuove. Evidenti e sotto gli occhi da sempre, finalmente anche loro hanno preso vita!

Tornando alle vecchie vie vi è la certezza che queste non hanno perso ancora il loro smalto, e i nomi bizzarri con i quali le avevamo battezzate, racchiudono ancora l’essenza di un periodo sereno e spensierato. Sembra naturale pensare quindi che se verrete a scalare da queste parti, forse potrete vivere le stesse emozioni che animavano noi tanti anni fa.

Sulle placche grigie la roccia è molto bella, e tra prese svase e qualche nostalgica goccia, potrete conquistare la cima di autentici capolavori, uno per tutti è "Meccu", un tiro molto bello, in assoluto tra i più interessanti del settore.
Sulle vie che caratterizzano la parte finale della falesia invece, dove la parete è giallastra e la scalata è più atletica, vi potrà capitare di imbattervi su una roccia particolare. Di tanto in tanto qualche piccola crosta salta via, ma le prese abbastanza generose e l’inclinazione ideale, offrono generalmente una bella arrampicata di continuità spezzata di tanto in tanto da qualche passaggio singolo.

Potrà capitare quindi di trovarsi alla base della storica "Tarantella malandrina" o della recente "Inverno caliente", allacciarsi le scarpette, e salutare il carrubo alla base delle vie, lo stesso che da una vita inebria l’aria col suo odore.
Sensazioni semplici, dettate dalla natura, e proprio per questo indelebili!

E’ giusto dirlo però, nelle belle giornate tra una via e l’altra il sole cocente vi farà sudare non poco, e questo anche in pieno inverno, ma per rifocillarsi come si deve a fine scalata sarà sufficiente fermarsi al mitico bar Fucsia, e dopo chissà, ci si potrà perdere per le vie di Modica, magari pensando proprio a quel tiro che non si è fatto, un motivo in più quindi per ritornare a fare un altro giro, un’altra corsa…ma questa è un’altra storia, sotto a chi tocca!

Buone scalate a tutti
Massimo Flaccavento e Giorgio Iurato

Per aver contribuito a questo progetto si ringraziano: P. Causapruno, E.Corallo, G.Barbagallo, A.Tidona, G.Distefano, M.Gianino, G.Leggio, L.Rabito, P.Criscione, F.Catalano, D.Pennisi , C.Cristaudo insieme al CUS Catania, G.Iurato e M.Flaccavento.


SCHEDA: la falesia Cava d’Ispica - Pernamazzone




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