Arrampicata, alpinismo e cambiamenti climatici

In che modo può il nostro amore per l’arrampicata, per l’alpinismo e per la montagna influenzare il clima? E cosa possiamo fare per cambiare questo processo? Ecco le idee e le osservazione della climber tedesca Lena Müller, che attualmente sta facendo un dottorato di ricerca sugli effetti dei cambiamenti climatici all'Università di Innsbruck e che recentemente ha ripetuto l'E9 Prinzip Hoffnung a Bürs in Austria.
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Lena Müller in arrampicata trad a Cadarese
Johannes Ingrisch

Per quanto possa sembrare scomodo penso sia semplice: più andiamo ad arrampicare, più pratichiamo l’alpinismo, più viaggiamo per andare a fare boulder, a sciare e camminare in montagna, peggio è per il nostro ambiente. Il clima si sta attualmente riscaldando principalmente a causa del massiccia combustione di combustibili fossili (1), prodotta ad esempio dal traffico e dalla produzione di beni industriali. Al fine di ridurre i rischi associati al riscaldamento globale, è indispensabile contenere l'innalzamento della temperatura globale al di sotto di 1,5 gradi, e ciò può essere ottenuto soltanto riducendo drasticamente le emissioni di carbonio (3). Tuttavia, più pratichiamo i nostri sport outdoor, più viaggiamo e più consumiamo materiale. In tal modo, contribuiamo al riscaldamento globale.

Il più grande contributo individuale ai cambiamenti climatici potrebbe provenire dalle emissioni di carbonio che produciamo quando viaggiamo verso le falesie e le montagne che vogliamo scalare. Se siamo riluttanti a rinunciare del tutto ad una scalata, ma vogliamo comunque vivere in modo ecologicamente sostenibile, allora dobbiamo ridurre la nostra “impronta di carbonio”. Possiamo farlo, ad esempio, compensando il nostro viaggio piantando alberi. Ciò significa che il carbonio, che viene rilasciato nell'atmosfera quando guidiamo una macchina o quando prendiamo un aereo, viene assorbito dagli alberi: più alberi vengono piantati, più carbonio viene rimosso e meglio è per il clima (2). Questa compensazione, tuttavia, viene spesso criticata come un modo per "alleviare la coscienza", perché in tal modo si può continuare ancora ad inquinare. Anche se questo può essere vero, ho accertato che la compensazione può aumentare anche la consapevolezza delle emissioni prodotte dai viaggi e, di conseguenza, portare ad una riduzione dell'impronta di carbonio. Alla fine, tuttavia, servono diversi decenni prima che gli alberi compensino il carbonio emesso. Quindi meglio ancora è, prima di tutto, non produrre emissioni di carbonio.

Pertanto, ci sono altre opzioni che dobbiamo applicare per migliorare la nostra impronta di carbonio. Ad esempio, possiamo rinunciare a volare del tutto, o rimanere in una falesia per un periodo di tempo più lungo, invece di precipitarci in diverse falesie ogni fine settimana o durante una vacanza. Inoltre, possiamo ridurre la nostra impronta scegliendo mete più vicine, oppure usufruire del car sharing o - idealmente - dei trasporti pubblici e della bicicletta. Anche se sulla carta questo sembra semplice, non significa che in pratica sia facile.

Quindi, come possiamo gestire questa situazione? Personalmente credo che noi, come arrampicatori, alpinisti ecc, siamo molto bravi a seguire un processo e lavorare sui nostri punti deboli, sia quando si tratti di scalare una determinata montagna, di chiudere un particolare tiro oppure di completare un protocollo di allenamento. Sono fermamente convinta che la riduzione della nostra impronta di carbonio possa essere vissuta non solo come un obbligo, ma anche come un'opportunità, un processo in cui ognuno di noi può imparare a migliorarsi costantemente. Mi piace vedere ogni piccolo contributo ai cambiamenti climatici come una “quota di emissioni personali". Questa quota, o contingente, può essere usata per tutti gli aspetti della nostra vita. Se facciamo qualcosa che la consuma in gran parte, dovremmo ridurre altrove. Ad esempio, se non siamo disposti a rinunciare a recarci in una specifica falesia o montagna che abbiamo sempre voluto salire, potremmo considerare questo come un'opportunità per evitare emissioni in un'altra area della nostra vita. Ciò mi sembra una grande opportunità per riconsiderare e valutare attentamente tutti i vari aspetti della nostra vita. Richiede la ricerca di alternative in altre aree: possiamo ad esempio cambiare la nostra dieta (mangiare soltanto cibi di stagione, prodotti locali, consumare meno carne), riconsiderare il nostro consumo di beni (acquistare abbigliamento per l’arrampicata sostenibile, riparare indumenti o attrezzatura) oppure impegnarci di più politicamente (a favore del clima, votando).

Credo che se iniziamo a parlare di come agire in vari modi, allora siamo sulla buona strada. La nostra passione per questi sport può diventare una grande spinta motivazionale per preservare e proteggere la natura, dove amiamo trascorrere così tanto del nostro tempo. Questa è la nostra opportunità, un'opportunità per trovare soluzioni sostenibili per il nostro stile di vita di fronte ai cambiamenti climatici. Alla fine, il tutto si riduce in ciò che siamo disposti a cambiare nella nostra vita. Forse non si tratta soltanto di cambiamenti radicali o decisioni drastiche. Potrebbe invece trattarsi di piccoli cambiamenti che hanno comunque un grande impatto e che siamo disposti a fare. E che quindi potremmo fare di nuovo. E di nuovo. E di nuovo.

di Lena Marie Müller

L'autrice
Lena Marie Müller, nata in Germania 28 anni fa, è attualmente impegnata in un dottorato di ricerca sugli effetti dei cambiamenti climatici all'Università di Innsbruck. Nel maggio 2020 ha effettuato una rara ripetizione della difficile via d’arrampicata trad Prinzip Hoffnung di Beat Kammerlander trad a Bürs. Invece di prendere la macchina, ha quasi sempre raggiunto la falesia in treno da Innsbruck.

Referenze
1: IPCC, 2013: Climate Change 2013: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Stocker, T.F., D. Qin, G.-K. Plattner, M. Tignor, S.K. Allen, J. Boschung, A. Nauels, Y. Xia, V. Bex and P.M. Midgley (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, 1535 pp.
2: Bastin, Jean-Francois; Finegold, Yelena; Garcia, Claude; Mollicone, Danilo; Rezende, Marcelo; Routh, Devin et al. (2019): The global tree restoration potential. In: Science 365 (6448), S. 76–79.
3: IPCC (2018) Summary for Policymakers. In: Global warming of 1.5°C. An IPCC Special Report on the impacts of global warming of 1.5°C above pre-industrial levels and related global greenhouse gas emission pathways, in the context of strengthening the global response to the threat of climate change, sustainable development, and efforts to eradicate poverty. World Meteorological Organization, Geneva, Switzerland, 32 pp.




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