Alex Bellini: un mare d’avventura, oltre la montagna

Alex è in mare da 274 giorni. E’ solo. E da nove mesi sta remando per raggiungere Sidney. Alex, che di cognome fa Bellini, è partito il 21 febbraio da Lima (Perù) e ora si trova a circa 200 miglia dalla costa australiana, dopo 8065 miglia tutte remate attraverso l’Oceano Pacifico. E’ un’immensità difficile da comprendere.

Occorre far fare un bel giro al mappamondo per seguire la rotta che unisce la partenza all’arrivo agognato. Occorre anche un bel po’ di immaginazione solo per percepire lo spazio, il tempo e l’enorme difficoltà di tutto questo remare. E forse tutto ciò è ancora più difficile per noi abituati a misurare le avventure dell’alpinismo con numeri, gradi e altezze delle montagne.

In questi giorni, per esempio, questo marinaio solitario nel deserto d’acqua del Pacifico sta attraversando dei momenti difficili. L’11 novembre un’onda ha rovesciato la sua barca che fortunatamente dopo un “giro della morte” è ritornata in linea di galleggiamento. Non prima però di riempire la cabina d’acqua e causare ad Alex due brutte botte in testa. Inoltre, il tutto ha mandato in tilt il satellitare che Alex usava per comunicare con la moglie e il suo team tecnico, oltre che per il collegamento settimanalmente con i “mitici dottori” Cirri e Solibello di Carterpillar (Radio2).

Come non bastasse il 19 novembre una tempesta, ‘condita’ da migliaia di fulmini e accompagnata da venti oltre i 30 nodi (!) nonché da onde alte come muri, gli ha messo fuori uso il gps. Così ora sarà costretto a navigare con la bussola e con il supporto del suo team “soprattutto per quel che riguarda l´avvicinamento a terra”. Un approdo che in queste ultime ore è fortemente ostacolato da forti venti e correnti contrarie che lo obbligano a navigare verso ovest, allontanandolo notevolmente dalla rotta più breve per Sidney.

Va detto che Alex non è nuovo a tutto questo. Nel 2005 ha attraversato l’Atlantico in 226 giorni, coprendo - sempre in solitaria e a forza di braccia - gli 8.300 chilometri che separano Genova da Fortaleza. Un’avventura che ha raccontato nel libro ‘Mi chiamavano montanaro’. Alex infatti è valtellinese. Ma non è per questa appartenenza alle terre alte che presentiamo la sua avventura in queste nostre pagine dedicate alla montagna. Piuttosto ci ha colpito l’evidenza di come sia vicina, pur nella sua diversità, da quelle che si vivono in montagna.

Prova ne è anche la lettera inviata via internet da Alex e pubblicata nel Forum che da nove mesi lo segue giorno dopo giorno. “Con oggi” scrive tra l’altro Alex “ho toccato il fondo del barile e più in basso di così non posso andare. Quindi può solo che migliorare ma tutto deve partire da me. Ho pensato, sinceramente, anche se era il caso di abbandonare, di darmi per vinto, ma sono arrivato alla conclusione che se mollassi ora, senza neppure provare a tenere duro ancora un po’, sono certo che me ne pentirei per tutta la mia vita”.

Non ci sono dubbi: potrebbe benissimo essere stata scritta da un alpinista mentre vede allontanarsi la vetta. Ma anche da chi deve affrontare le difficoltà della vita. Ecco è questo carattere universale che le avventure, tutte le avventure, contengono ciò che ci interessa. C’è altro, anche nel campo dell’avventura, oltre all’alpinismo. E siamo sicuri che lo sanno bene anche gli alpinisti, molte volte assorbiti nel bellissimo ed intricato bozzolo della loro passione. Quindi, unendoci ai tantissimi che partecipano al forum di Alex, anche noi tifiamo per lui.