Zombie, nuova via d'arrampicata a Padaro, Valle del Sarca

Sulla parete di Padaro sopra Arco in Valle del Sarca è stata aperta Zombie, una nuova via d'arrampicata da Dario Chiari, Mattia Guzzetti, Gabriele Mainini e Walter Polidori.
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Durante l'apertura di Zombie, parete di Padaro, Valle del Sarca (Walter Polidori, Dario Chiari, Mattia Guzzetti, Gabriele Mainini 03/2019)
archivio Walter Polidori

Io e Mattia ci stavamo rilassando alla macchina, pronti a berci la solita bottiglia di prosecco che porto per brindare dopo ogni via salita. Davanti a noi avevamo la parete da cui eravamo appena scesi.

La Parete di Padaro, in Valle del Sarca, è un po’ defilata rispetto alle altre pareti, ma era già stata salita nel 1981 da Giuliano Stenghel e Alessandro Baldessarini, per un itinerario esplorativo: Lory e Piero Berti (V+/A3). L’avevo snobbata per anni, non mi piaceva e pensavo che le vie aperte fossero banali. Poi, per curiosità, per inserire quel settore nella mia guida Sarca verticale, ero andato a farci un giro. Ne ero rimasto entusiasta. Come in altre zone del Sarca, anche qui Heinz Grill e compagni hanno aperto una serie di vie molto interessanti e di varie difficoltà, principalmente classiche e dal basso, negli anni dal 2007 al 2009, con qualche via più recente anche di altri alpinisti. Le vie non sono banali e la roccia è di ottima qualità, salvo brevi tratti.

Seduti a guardare la parete io e Mattia, nello stesso istante, ci eravamo detti che nel centro della parete, dove c’è un caratteristico scudo di roccia verticale–strapiombante, c’è una linea logica costituita da una fessura che la incide completamente. Avevo fatto qualche foto, poi l’ebrezza dell’alcool e la soddisfazione per la via salita mi avevano distolto dall’idea. La linea era sempre lì, ero tornato altre volte ad arrampicare a Padaro, ma avevo lasciato il progetto nel cassetto, secondario ad altri. Questo perché sapevo che si trattava di qualcosa di difficile, con risultato incerto, e avevo preferito aprire altre vie.

Però ogni anno ci ricasco, non riesco a fare a meno di mettere cuore e testa in qualche progetto di apertura. Più mi fanno paura più mi affascinano, in una maniera difficile da spiegare. L’esplorazione e l’apertura sono l’essenza dell’alpinismo per me. Con Mattia ne abbiamo fatte di belle salite, anche se in molti casi ho dovuto rinunciare ai suoi inviti di ripetere alcune vie, perché le ritenevo troppo difficili. Poi si è calmato, indirizzando la fiamma che ha dentro verso progetti più importanti e legati al volontariato. Lo ammiro per questo. Nonostante tutto siamo sempre rimasti uniti da una grande amicizia, tanto che poco tempo fa mi ha chiesto di officiare il matrimonio con la sua Maddalena. Mi ha fatto tanto piacere, è stata una emozione incredibile per me e mi sono sentito ancora più vicino a lui, anche se ci si vede poco. Prima di partire per il viaggio di nozze, naturalmente a fare volontariato, Mattia mi ha chiesto se avevo voglia di fare una via insieme. Era il momento giusto: gli ho proposto di tentare la nuova via e lui ha accettato subito molto volentieri. Con noi è venuto Dario, un suo grande amico e ormai anche amico mio. La via, con attacco indipendente su una placca sporca nel bosco, che ora abbiamo un po’ ripulito, passa incredibilmente per un bel diedro-camino nel secondo tiro, che non si vede neanche dal basso. Abbiamo trovato una linea diretta per arrivare alla base della nostra fessura, salvo salire tre metri della via Artemis per raggiungerla. La fessura, che temevo fosse sporca di vegetazione e svasata, è invece bellissima e ottimamente proteggibile a friend, almeno per il primo tratto. In apertura abbiamo fatto largo uso di progressione artificiale su friend, almeno per chi era davanti, cercando di spingere al massimo la libera da parte dei secondi, nonostante lo zaino pesante. Ad un certo punto la fessura è scomparsa, come avevamo temuto studiando le foto della parete. Neanche una esile fessurina da chiodi, nulla salvo qualche raro punto proteggibile. Così abbiamo dovuto iniziare a piantare qualche fix, cercando di metterli il più distante possibile tra loro. Nel primo tentativo ci siamo fermati lì, temendo di non riuscire a terminare la via in giornata. Una calata vertiginosa ci ha portato al bosco, quasi alla base. Eravamo felici per la via davvero bella, un ottimo modo per salutare Mattia prima della partenza, con l’intenzione di comunicargli al più presto la fine dell’avventura, che avrei portato avanti con Dario.

Dopo due settimane infatti siamo tornati, con Gabriele ad aiutarci. Tutti i primi tiri aperti da me e da Mattia li ha tirati Dario, dando prova di grande bravura e determinazione. Arrivati sotto il tratto compatto e strapiombante, ho dovuto salire piantando diversi fix. Con l’aiuto di ganci e qualche friend sono riuscito a non fare una cerniera di chiodi, così da ottenere un tir entusiasmante da salire in artificiale, grazie alla grande esposizione. Un friend su cui ero appeso è uscito durante la chiodatura, tanto che sono rimasto appeso al trapano con cui stavo forando la roccia. Una situazione tanto divertente da descrivere quanto pericolosa e da spavento, visto che il cordino che mi vincolava al trapano è scivolato sul collo e quindi sono rimasto appeso in quel modo. Purtroppo salendo, già nel primo tentativo, abbiamo notato dei fix alla nostra destra, dapprima a distanza di qualche metro, poi molto lontani, che salivano dritti per lo scudo compatto. Ora, verso la fine dello strapiombo, li avevo incrociati ed ero stato costretto a seguirli fino alla sosta di quella via, che si trova a qualche metro di distanza, perché passano proprio per il proseguimento della fessura. Nessun male, solo qualche metro, perché poi siamo riusciti a continuare per una linea indipendente e logica, per fessure e placche con buchi, fino al termine delle difficoltà. Quest’ultimo tratto lo ha aperto Dario, confermando le sue capacità. Ha avuto un ottimo maestro, Mattia, quindi non mi stupisco.

La linea risulta logica nonostante il tratto compatto, perché questo presenta una concavità del tutto simile a quella della fessura, ma cieca; è quindi la naturale unione tra i due pezzi che abbiamo salito proteggendoci prevalentemente con friend.

La discesa si è dimostrata più facile del previsto, perché abbiamo intercettato senza difficoltà, e con un po’ di sorpresa, la linea di calate usata sulla parete per tutte le vie.

Ci tenevo a quella via sullo scudo, la temevo, poi avevo pensato che la roccia fosse sporca, poi…ma Mattia alla fine mi ha convinto, e anche l’entusiasmo di Dario, quando l’ha vista dal basso, ha contribuito a farmi accettare la sfida. Nella seconda giornata Gabriele ci ha aiutati, insomma le due giornate sono state perfette, perché condivise con persone speciali, quelle di cui sono sempre in cerca.

A distanza di tempo sono tornato sulla parete, calandomi dall’alto per togliere un po’ di vegetazione e terra all’inizio e alla fine della via, perché la linea lo merita. Con me l’amica Manuela, che mi ha aiutato in quello che è un vero e proprio lavoro di fatica, compresa la doppia obliqua sullo strapiombo che ci ha dato del filo da torcere per passare. Ora la via è pronta per le ripetizioni, che spero ci saranno. Salendo in artificiale su friend e fix le difficoltà sono accettabili, ma qualcuno “forte” potrebbe liberare la linea.

Dopo avere iniziato la nuova via alla Parete di Padaro, ho subito capito che anche se si tratta di una via relativamente breve e di fondovalle ha le caratteristiche che cercavo. Si tratta di una via aspra, impegnativa, dove si trovano dei fix ma solo dove non è possibile arrangiarsi con altro. Ha le caratteristiche che volevo per chiamarla Zombie, in ricordo di Dolores O’ Riordan, la cantante dei Cranberries del famoso gruppo irlandese. Zombie è la canzone che considero la mia preferita in assoluto. Il testo è impegnato e triste, una forte denuncia contro una delle tante guerre assurde del nostro mondo. Mi dà una fortissima carica per la grinta con cui il gruppo esprime la sua rabbia. La canzone fu ispirata dall'attentato dell'IRA a Warrington, in Inghilterra, nel 1993, dove morirono due bambini.

Ringrazio i miei soci di cordata Mattia, Dario e Gabriele, senza di loro la via non ci sarebbe, e Manuela per il tocco finale, compreso di scritta rosso sangue all’attacco.

Che il futuro ci porti altre avventure come questa!

di Walter Polidori 


SCHEDA: Zombie, Padaro, Arco, Valle del Sarca




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