Matteo Pilon in forma a Tomorrow's World, il tempio mondiale del drytooling

Il report di Matteo Pilon che nella falesia di drytooling Tomorrow's World in Dolomiti, valorizzata soprattutto da Tom Ballard, ha ripetuto Invocation D14 e ha effettuato la prima ripetizione nota di War without End D15. Entrambe le salite sono state effettuate con lo Yaniro.
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Matteo Pilon in drytooling nella falesia Tomorrow's World, Dolomiti
Francesco Pradal

Tomorrow's World - la grotta di Tom Ballard - è decisamente il tempio mondiale del drytooling. È il luogo dove Tom ha liberato il primo D15, A Line above the Sky, dove un anno dopo Darek Sokolowski ha dichiarato il primo D16, Parallel World. Negli ultimi anni ho visto i più forti drytoolers del mondo arrivare, anche da molto lontano, per provare i capolavori tracciati dal compianto alpinista su questo tetto orizzontale largo quasi quaranta metri.

Ma per quanto io abbia la fortuna di vivere poco distante da lì, è difficile che riesca a trovare qualcuno con cui andare a scalare in questa grotta, vista la difficoltà estrema dei tracciati. Per questo motivo aspetto con ansia le visite del mio grande amico Lele Bagnoli, drytooler fortissimo, che attraversa l'Italia per metterci le piccozze. Io e Lele ci siamo conosciuti così, grazie a questa grande passione che condividiamo e che ci porta ad intraprendere lunghi viaggi insieme per raggiungere gare e grotte varie.

L'ultima volta che eravamo stati lì era il marzo del 2020, ma la nostra missione si era interrotta subito per la pandemia perché Lele era dovuto scappare veloce già al secondo giorno per rientrare in Lombardia prima che chiudessero i confini. Così per un anno e mezzo abbiamo solamente potuto aspettare che, tra impegni vari, lavoro e allenamento, arrivasse l'occasione giusta per tornare.

In questa stagione avevo ripreso gli attrezzi in mano molto presto. Già a metà settembre, archiviati gli impegni con il corso guide, avevo iniziato la preparazione per un progetto molto duro nella grotta di casa, per la prima volta seguendo un regime più severo, con uno stile di vita più regolato e una dieta più sana. E già dopo qualche settimana vedevo ottimi risultati. Così quando Lele mi ha proposto un weekend dei nostri ho accettato volentieri. Era un'occasione per testare i miei progressi e portare a casa qualche tiro che da tempo suscitava il mio interesse. Il mio piano era infatti quello di salire Parallel World D16 (poi proposto D15+ da Kwon YoungHye dopo la sua impressionante ripetizione flash), un tiro che per difficoltà probabilmente è secondo solo ad Ascension D15+ salito dallo stesso Kwon in Cina. Mentre Lele, un po' più in ritardo con la preparazione, aveva deciso di tornare a studiarsi i movimenti di A Line above the Sky D15, una prova di grande forza e resistenza. Per raggiungere il mio obiettivo avevo deciso di andare per gradi, scalando prima le due sezioni precedenti: Invocation e War Without End.

Così un bel sabato mattina raggiungiamo finalmente la grotta. La prima giornata, dopo molto tempo, va bene ma con qualche intoppo. Nel mio primo giro di riscaldamento arrivo facilmente ad una presa dal chiudere Invocation D14+, scoprendo poi che questa era rotta. Devo lavorare un po' per trovare una soluzione ma alla fine individuo un piccolo appoggio per i ramponi dove, molto delicato, eseguo il movimento finale chiudendo il tiro nel giro seguente. Per Invocation propongo il grado D14 perché nonostante un paio di movimenti lunghi, non richiede grande continuità.

Passo quindi al concatenamento seguente, War Without End D15+. Anche qui la qualità della roccia non ottima mi dà l'impressione che abbia modificato nel tempo qualche movimento. Provo diverse possibilità per passare, sempre su piccoli appoggi naturali delicati e, trovata una soluzione, a fine giornata faccio un tentativo dal basso. Questa volta però uno di questi appoggi si rompe e cado. Sulla linea parallela, anche Lele oggi ha dovuto affrontare qualche ostacolo per colpa di una presa rotta.

Il secondo giorno, dopo esserci informati bene sulle prese originali delle due vie, torniamo armati di trapano per provare a sistemarle. Sulla linea di Lele si tratta semplicemente di ritoccare la presa rotta, mentre sulla mia il problema è più complicato e mi richiede diversi tentativi per ripristinare l'appoggio che continua a rompersi.

Sempre all'ultimo, riesco in qualche modo a passare e portarmi a casa la prima ripetizione di War Without End, che secondo me è semplicemente un solido D15. È di sicuro una bella soddisfazione, ma mi resta una sola giornata per completare la seconda metà del tetto e completare il vero obiettivo, Parallel World.

La sera a casa ci ricarichiamo con una bella pizza e studiamo bene i video delle ascensioni per prepararci a dare tutto la mattina seguente. Lele decide, visti i problemi riscontrati tra forma e ricerca della sequenza, di ridimensionare il tiro e provare French Connection D15- che segue la stessa linea per metà della volta e poi esce su Oblivion e War Without End.

È lunedì mattina, terzo giorno in grotta, io decido di scaldarmi direttamente sul progetto, vedere dove arrivo e poi studiarmi le prese che non conosco della seconda metà. Parto e con grande sorpresa ripeto con facilità il tiro chiuso la sera prima e, sentendomi ancora fresco, decido di proseguire a-vista. So bene che non è una scelta molto saggia, ma il fisico risponde bene, la maggior parte delle prese è ben visibile e la catena si avvicina sempre di più. Raggiungo un buon riposo, sento che le energie tornano in fretta. Mancheranno più o meno sette movimenti. C'è una buona possibilità che dando tutto posso chiudere la via al primo colpo. Mi faccio tentare dall'idea di non doverci più salire ma cado a quattro movimenti dalla fine. Non mi resta che risalire la corda, studiarmi le prese mancanti e riprovare tra qualche ora.

È il turno di Lele. Anche lui scala bene e va distante già nel giro di riscaldamento, poi si prende del tempo per ripassare il resto del tiro. Passa un'ora e riprova. Un altro buon tentativo ma non è abbastanza, così prende la decisione di chiudere qui la sua giornata e tornare in futuro quando avrà maturato una buona forma.

Tocca a me. Alzo il volume della musica per caricarmi durante i soliti rituali della preparazione, poi parto deciso. Questa volta non fallirò. Percorro veloce la prima parte. Anche i piccoli appoggi, che ormai hanno retto due volte, non mi spaventano più. Sento però che il tentativo precedente ha portato via più energie di quanto pensassi e capisco dal dolore che la pelle sotto i guanti si è già aperta e questo sarà l'ultimo giro. Non importa, dovrei averne abbastanza. Riposo bene dove si può e vado via veloce, sequenza dopo sequenza, saltando molti rinvii per risparmiare tempo e attrito della corda. La penultima sequenza è una serie di sei movimenti che eseguo senza passare alcun rinvio. Tengo a malapena l'ultimo movimento, sette o otto metri dall'ultima protezione, rinvio con fatica e per fortuna trovo al volo un buon appoggio per riposare. Mi sono risparmiato un bel volo. La catena è qua a destra, saranno quattro metri. Soltanto tre prese. Mi prendo il mio tempo per recuperare e parto. Uno, due. Ultima presa in vista. Il movimento è lungo, forse il più lungo di tutta la via. Il mio sospetto è che anche qui qualcosa si sia rotto, ma prima l'ho fatto perciò non importa. Devo solo aspettare il momento giusto per l'ultima sparata. Per diversi minuti alterno figure quattro e nove. Intanto guardo indietro, seguo la corda che corre via lungo tutta la volta, attraverso troppi moschettoni per poterli contare. Laggiù in fondo c'è Lele che mi urla di tenere duro e mi ricorda di respirare. Intanto il momento arriva. Raccolgo tutta la mia determinazione, imposto il movimento e sparo verso l'ultima presa, il buchino nella placca, arrivando corto di un paio di centimetri. Il braccio sinistro mi ha tradito, dopo essersi fatto carico di decine di movimenti ha mollato. Gli è mancato lo spunto. Cado sulle braccia e provo disperatamente a ripetere l'intero processo. Ma ad ogni figura quattro sento la presa diminuire. Qualche minuto di agonia, poi le mani si aprono e cado nel vuoto.

Nei guanti c'è il sangue. Io e Lele ci ridiamo sopra e decidiamo che la nostra spedizione si conclude qui, con diversi rimpianti, con qualche soddisfazione ma soprattutto con una bella lezione imparata. La grotta di Tom rimane là e noi torneremo più agguerriti, con quella stessa passione che da anni macina chilometri di asfalto e di tetti orizzontali, per portare le nostre venerate piccozze sempre un po' più in là. Dopotutto la stagione è appena iniziata!

Ci tengo a sfruttare l'occasione per ringraziare i miei sponsor Milton Mountaineering e Blackyak per il continuo supporto. E l'amico Francesco Pradal che si è preso la briga di venire quassù solo per scattare queste bellissime foto.




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