La ricerca d'avventura di Tobias Wolf e Stephan Isensee

Il racconto del climber tedesco Tobias Wolf alle prese, insieme a Stephan Isensee, con tre impegnative vie d'arrampicata nelle Alpi che portano la firma dei Ragni di Lecco: Matteo Della Bordella, Fabio Palma e Luca Auguadri. Infinite Jest (Wendenstöcke), Il Mito della Caverna (Val Bavona) e Non è un paese per vecchi (Linescio, Canton Ticino).
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Tobias Wolf e Stephan Isensee su Non è un paese per vecchi 7c+ (7b+ obbl), Linescio, Canton Ticino
Tobias Wolf
Poiché sono uno di quelli che deve lavorare a tempo pieno e che ha una famiglia che lo aspetta a casa, il tempo che posso dedicare alle avventure e i fine settimana liberi sono ridotti. Devo quindi vivere la vita dei cosiddetti guerrieri del weekend, che significa uscire e combattere contro i propri timori e limiti soltanto nei miei 2 giorni di libertà. Sono rari i fine settimana in cui è possibile fare i 900 km di sola andata per arrampicare nelle Alpi. Questi dunque devono essere utilizzati bene per fare sì che le vie scelte lascino il loro segno e che i ricordi durino nel tempo. Quelle che seguono sono le storie delle salite effettuate insieme a Stephan Isensee.

Infinite Jest 8a + (7b obbl), Wendenstöcke
Abbiamo scelto questa via più o meno per caso e non ci aspettavamo qualcosa di così impegnativo. Negli ultimi anni il Wendenstöcke è diventato il mio posto preferito nelle Alpi e dopo aver ripetuto le vie Batman e Dingo pensavo che non fosse possibile salire qualcosa di ancora più sostenuto e audace, almeno per quanto riguarda la protezione e l'arrampicata obbligatoria. Infinite Jest mi ha dimostrato invece che mi sbagliavo. Veniamo dal Elbsandstein nella ex Germania dell'Est, siamo quindi più abituati a salire dei lunghi tratti sprotetti piuttosto che piazzare nuts e friends, pertanto a noi andava bene avere degli spit ogni tanto da moschettonare, anche se ben distanziati tra di loro. Quando siamo partiti sulla via pensavamo che i nuts e i friends sarebbero stati niente di più che il solito peso extra, ma anche qui ci sbagliavamo. Già al secondo tiro ci siamo resi conto che questa via era diversa. L'arrampicata era sostenuta e quasi sempre l'arrampicata tra gli spit faceva anche un po' paura. A parte il tiro chiave nella prima metà, ogni lunghezza è stata una battaglia mentale. E ogni volta che potevamo salire un tiro da secondo, per rilassare un po' i nostri nervi, eravamo felici. Più volte ci siamo chiesti cosa avesse spinto i primi salitori a spingersi così tanto e rischiare voli così lunghi. Siccome ho paura delle cadute sono riuscito ad evitarle, ma con così pochi spit per orientarsi, è facile sbagliare ed uscire fuori via. Ed è proprio così che Stephan è caduto per 15 metri dopo essersi infilato in un vicolo cieco. Tutti questi sono ricordi forti, nonostante siano ormai passati 3 anni. Purtroppo non abbiamo avuto la possibilità di completare la seconda metà della via visto che una striscia d'acqua copriva l'intera linea. Salire soltanto la prima metà ovviamente non equivale a salire tutta la via, ma questa descrizione potrebbe dare qualche idea ai futuri ripetitori. Personalmente sono stato molto contento di aver vissuto una bella avventura e di aver anche chiuso il tiro chiave con quel movimento lungo dal rovescio.

Il Mito della Caverna 8a (7c obbl), Gendarme de Gramesüd
Quando ho cominciato a divertirmi di più a piazzare nuts e friends, il brutto tempo mi ha spinto nuovamente verso sud nella valle delle favole. Nel 2010, dopo aver salito Super Cyril, ho notato una splendida formazione rocciosa nella parte bassa della Val Bavona. Mi sono subito chiesto se quella ripida parete con un evidente sistema di diedri fino a metà altezza fosse scalabile. Ci sono voluti altri 2 anni, poi ho saputo che questa linea era stata salita e sono tornato al Gendarme sopra la centrale elettrica. Con più saggezza rispetto a prima, ora sapevo che non bisogna affrontare le vie di Matteo (Della Bordella ndr) con leggerezza, e così è stato. L'arrampicata è molto bella e non appena raggiunto il diedro la roccia è migliorata ed è diventata molta ripida. Qui, a causa della formazione della roccia, servono molto di più i Friends ed i nuts. Il tempo quel giorno era così brutto che eravamo felici di aver raggiunto il diedro prima che il cielo si aprisse. Da qui in poi la via è così ripida e protetta dal brutto tempo che ci è voluta una mezza giornata perché l'acqua bagnasse questa parte di parete. La sezione che porta al passo chiave diventa sempre più seria mentre la parte bassa della via, che era un vecchio progetto, è protetta in modo migliore. Il tiro di 7c è psicologicamente impegnativo sin dall'inizio: fai un traverso sopra il vuoto con nient'altro che la sosta per proteggerti. Fortunatamente dietro l'angolo c'è un diedro che ci ha consentito di piazzare alcuni dei nostri Friends più piccoli per garantirci una protezione affidabile. Ritornare a sinistra per me è stato come un incubo, non riuscivo a raggiungere le prese successive e non c'erano appoggi. Sono stato costretto a fare un lancio - ed accettare un impegno totale – per raggiungere il primo spit. Più in alto siamo riusciti a fare il passo chiave ma a 2/3 d'altezza l'acqua ha cominciato a colare giù lungo la parete. Così ci siamo ritirati e siamo dovuti ritornare per finire quello che avevamo iniziato. Non sapevamo che la fine del tiro di 8a sarebbe stata una battaglia con soltanto i nuts RP più piccoli da utilizzare come protezione. Inoltre, anche gli ultimi tiri, più semplici sulla carta, si sono dimostrati essere dei gran tiri dove il grado non spiega praticamente nulla. Anche la discesa in doppia è un'avventura, visto che la via strapiomba così tanto da dover fissare la seconda corda sull'ultimo spit del tiro di 8a, poi devi sperare di aver portato una corda da 80m per raggiungere la seconda corda con due calate con la corda singola da 80m. In breve: ancora una volta un'avventura completa.

Non è un paese per vecchi 7c+ (7b+ obbl), Linescio
L'ultima delle nostre esperienze sulle vie di Matteo risale a non molto tempo fa. Dalle nostre esperienze in passato sapevamo che, non conoscendo i tiri, ci era impossibile salire una via di questo genere in giornata. Ma come gestire il tutto in un fine settimana di due giorni? Con 1800 km da percorrere non ci rimmarrebbe più di una giornata e mezza per la scalata. Così la nostra decisione è stata quella di salire in stile big wall, portandoci un portaledge. Un altro problema era che sulla via, essendo esposta a sud, fa molto caldo. Speravamo in un tempo nuvoloso.
L'avvicinamento non è difficile ma più lungo di quanto ci aspettassimo. Ci sono voluti 2 ore e mezza con tutta l'attrezzatura e siamo stati anche fortunati che qualcuno avesse lasciato alcune corde fisse per i ripidi pendii, bagnati e scivolosi, che portano sotto la parete. Senza quelle corde, una piccozza sarebbe forse stata un bel sostituto! La via è impressionante e con 20 spit su 430 metri di arrampicata, comprese le soste, direi che è la più impegnativa delle 3 vie qui descritte. La parete è atipica in quanto non ci sono formazioni evidenti, e in alcuni punti è solo il destino e la fortuna che regalano una linea scalabile. Le protezioni in alcuni punti sono piccolissime e direi che i RP’s e 2 piccoli Ballnuts sono molto utili. Abbiamo impiegato il primo giorno a salire i primi 6 tiri e devo dire che quella sera il nostro corpo era stanco quanto la nostra mente. Non era il posto migliore per un portalege e si poteva anche farne senza, non dormendo stesi ma mezzo seduti. La notte è stata calda e piacevole, un interessante cambio rispetto al giorno in cui siamo stati cotti dal sole, con i piedi che ci facevano un male infernale. Come per tutte la placche tecniche, servono scarpe strette e la soluzione non è mai ovvia, quindi spesso abbiamo arrampicato su e giù fino a trovare la strada giusta.
Il secondo giorno è stato ancora più impegnativo con il passo chiave sull'ottavo tiro, con movimenti fisici e molto impegnativi psicologicamente nel diedro. Anche qui c'è soltanto un minimo di protezioni, e una volta che sei partito non c'è alcun modo di fermarsi. Il tiro di 7c che segue sembra impossibile, con tutti quei licheni sulla roccia liscia, ma poi si è rivelato piuttosto “amichevole” con un passaggio boulder al primo spit. Lo strapiombo fisico alla fine è l'ultima barriera che protegge la parte superiore della via e chi pensa che, rispetto alle placche sotto, potrebbe risultare un gioco facile si sbaglia. Posizionare le protezioni nello strapiombo richiede grande resistenza, in più non è evidente dove salire. Abbiamo finalmente raggiunto la cima ma non c'è stato molto tempo per recuperare le forze, dovevamo scendere alla macchina ed iniziare il lungo rientro verso casa.

Qualcuno potrebbe dire: "Come mai fare vie come queste con spit così distanziati, sono davvero necessarie?" La mia personale risposta è: "Sì, sono necessarie perché visto che sono state aperte dal basso, sono pietre miliari delle persone che le hanno aperte. E' anche necessario per i climbers più giovani trovare le proprie strade e i propri limiti. Se, inoltre, ci sono già un sacco di vie ben protette in una zona non è uno spreco di roccia in quanto quelle vie non sono per tutti."

di Tobias Wolf





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