Jon Griffith e Will Sim aprono nuova via in stile alpino su Mt Deborah in Alaska

Gli alpinisti britannici Jon Griffith e Will Sim hanno effettuato la prima salita di Bad to the Bone, la prima via che supera la parete Nord Ovest del Monte Deborah in Alaska.
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Jon Griffith e Will Sim durante la prima salita della parete NO di Mt Deborah in Alaska, aprile 2015
Jon Griffith Alpine Exposures

In tre giorni ad aprile gli alpinisti britannici Jon Griffith e Will Sim hanno effettuato la prima salita della parete NO del Monte Deborah, la cima di 3761m nel massiccio Hayes Range in Alaska. Salita per la prima volta nel 1954 lungo la cresta sud da Fred Beckey, Henry Meybohm e Heinrich Harrer, questa montagna è rinomata per la sua difficoltà e, comprensibilmente, per le poche salite in passato. Dopo precedenti spedizioni a Denali, Hunter e Ruth Gorge, i due stavano cercando qualcosa di remoto e non facile su un'enorme parete inviolata, e Monte Deborah offriva esattamente questo.

Griffith e Sim hanno identificato la parete piramidale utilizzando Google Earth raggiungendo Mt Deborah in elicottero. La spedizione è stata bloccata prima ancora di iniziare a causa di una forte tempesta che ha distrutto il campo base. I primi due giorni si sono trasformati in "pura sopravvivenza" scavando disperatamente una truna che sarebbe poi diventata il loro rifugio per il resto della spedizione.

Quando il tempo è finalmente migliorato Griffith e Sim hanno osservato con attenzione la parete - in precedenza avevano visto soltanto l’ultimo quarto della parte superiore - e poi il 23 aprile sono partiti per la salita in stile alpino. Sono stati necessari due bivacchi per superare i 2000m di via e dopo aver raggiunto circa 2/3 dell’altezza, sono stati costretti a traversare per raggiungere e seguire la cresta NO a causa del pericolo valanghe in parete. La vetta è stata raggiunta tardi, il 24 aprile, ed il giorno successivo sono scesi lungo un versante che non conoscevano, ovvero la paurosa parete ovest, alta 400m, dopodiché hanno completato il lungo rientro al campo base.  In totale, Griffith e Sim sono stati in montagna per tre giorni. Non hanno fornito dettagli sulle difficoltà tecniche, ma sono d'accordo che sia dal punto di vista fisico che da quello mentale, questa salita è certamente stata una grande impresa in montagna.


Mt Deborah: era questo il vostro obiettivo originale?
Will:
Sì una nuova via su uno dei versanti settentrionali di Mt. Deborah era il nostro obiettivo principale. Deborah è una grande montagna con una reputazione difficile. Forti venti, roccia di terribile qualità, difficile da raggiungere ed una posizione molto isolata fanno sì che salirla, da qualsiasi via, è impegnativo.
Jon: La parete è molto attraente, la montagna è bella, ma a trovarla è stato Will - lui è bravo a scovare delle linee interessanti. In effetti, la scoperta è stata fatta su una foto della parte superiore della parete, vedevamo soltanto l’ultimo 1/4 e speravamo che gli altri 3/4 sarebbero stati fattibili. Solo quando siamo arrivati al campo base siamo riusciti ad individuare una linea ed a vedere se effettivamente eravamo in grado di salire la montagna.

Soltanto voi due? Come ci siete arrivati e quanto ‘into the wild’ vi siete sentiti?
Will:
Abbiamo utilizzato un elicottero per arrivare al ghiacciaio Gillam. Originariamente avevamo in programma di volare con un piccolo aereo ma a causa della poca neve sarebbe stato difficile atterrare vicino a dove volevamo. Utilizzando l'elicottero siamo riusciti a stabilire il campo base in una buona posizione.
Jon: La sensazione che si ha nel massiccio Hayes è sicuramente molto diversa rispetto al Central Alaska Range. Credo che, proprio per aver usato un elicottero, ci sentivamo tagliati fuori ancora di più. Inoltre non si vedeva una sola persona, naturalmente, non ci sono animali (come tutti sanno nel Central Alaska Range ci sono un sacco di uccelli ladroni). Ad essere sinceri se si fosse rotto il telefono satellitare, non so come saremo tornati!

Tre giorni in montagna. Vi aspettavate di impiegare questo tempo? E quanto ‘leggeri’ siete saliti?
Will:
Avevamo previsto tre o quattro giorni. Soprattutto perché la discesa era un grande punto di domanda. Siamo dovuti scendere lungo la parete ovest, in una valle diversa, per poi salire su un crinale è scendere ancora per circa un miglio prima di fare una serie di corde doppie e rientrare nella valle del nostro campo base. Alla fine tutto ha funzionato, ma non sapevamo quanto tempo ci avrebbe richiesto.
Jon: Appena siamo arrivati al nostro campo base siamo stati colpiti da una tempesta davvero brutta - venti forti come un uragano. Questo sicuramente ha aumentato la sensazione di essere su una montagna selvaggia, e ci ha dato spunti di riflessione per quanto riguardava la nostra strategia di salita. Ad essere onesti non eravamo sicuri quanto tempo avremmo impiegato - la via era così enorme, con un sacco di sezioni che non riuscivamo a vedere. La cosa migliore era fare una stima ad occhio e croce. Abbiamo avuto una finestra di bel tempo molto ristretto, non più di 4 giorni prima dell’arrivo di una tempesta in quota, e questa non era un’esperienza che volevamo provare. Sapevamo tutti e due che, se fossimo stati lenti, avremmo dovuto continuare il terzo giorno senza sosta finché non eravamo scesi.

"Bad to the bone" - cattivo fino all’osso. Il nome dà una buona idea di quello che avete dovuto sopportare…
Will:
l’abbiamo chiamato "Bad to the bone" perché la parete, e la montagna in generale, ci hanno trasmesso la sensazione di essere veramente seri. Per certi versi l’opposto del granito perfetto che si trova nell Central Ranges in Alaska. Poi quando eravamo seduti al Campo Base, dopo la salita, stavamo bevendo whisky guardando la parete quando sul lettore MP3 abbiamo sentito la canzone "Bad to the bone”, sembrava perfetta! Penso che la peggior sorpresa della nostra spedizione è stata quando la nostra tenda al campo base è stata distrutta da una tempesta durante la prima notte dopo il ghiacciaio. Abbiamo trascorso due giorni al Campo Base cercando di sopravvivere finché siamo riusciti a rifugiarci nella truna, dove siamo rimasti fino alla fine. Solo al quarto giorno della tempesta siamo riusciti a ritrovare la nostra tenda distrutta che conteneva tutto il nostro cibo e l’attrezzatura.
Jon: Ah! Beh, la parete è un posto abbastanza rognoso. Abbiamo trascorso una giornata ad osservarla mentre veniva colpita dal sole il giorno prima della nostra salita. Ci sembrava completamente immobile e questo ci rassicurava. La mattina seguente, quando eravamo al crepaccio terminale, ci sono stati due scivoloni di neve piuttosto grandi a sinistra ed a destra di noi ed eravamo li li per rinunciare. In un certo senso la parete sembra sicura, non esistono enormi seracchi in alto, ma ci sono migliaia di funghi di neve pensili e grandi cornici di neve che danno una sensazione davvero scoraggiante. Veramente scoraggiante. Quando eravamo più in alto in parete è arrivato il sole e questa volta la parete è scoppiata - non so il motivo per cui non era successo niente il giorno precedente, è un mistero. Ma tuttavia in parete è iniziato a cadere un fiume di neve dall’alto, sicuramente al limite per definirlo solamente 'spindrift'. Per questo motivo abbiamo abbandonato la nostra linea diretta in alto effettuando un traverso per uscire dalla parete il più velocemente possibile. Ad essere onesti faceva un po’ paura, penso che siamo stati fortunati a trovarci ancora sui pendii bassi e non dentro al couloir superiore quando si è scatenato l'inferno. Tuttavia siamo stati colpiti da alcune grandi colate di neve e mi ricordo di aver recitato almeno una volta la tradizionale frase 'se scendiamo da questa montagna non arrampicherò mai più!

Parlaci della discesa
Jon: Questa è stata davvero spaventosa - è circondata da enormi cornici di neve. Inoltre temevamo che non ci sarebbe stato ghiaccio sotto la neve (avevamo ragione), e la roccia era bruttissima. Così le discese in doppia su questa parete erano piuttosto impegnative. Dopo le prime doppie ci è sembrato che le cose andassero un po’ meglio e che saremo anche potuti scendere arrampicando se necessario, ma eravamo piuttosto preoccupati per il manto nevoso e questi enormi cornici sopra le nostre teste.

Tre giorni piuttosto impegnativi
Jon: Penso che la gente sia un po‘ troppo ossessionata dai numeri senza vedere il quadro generale. La parete nord di Deborah non è una cima di granito, non si formano ovvie goulottes e graziosi diedri da M6 come nel Central Ranges… Non c’è alcuna 'linea' come tale, perché non è così che funziona la roccia su questa montagna. Bisogna invece seguire l’istinto e continuare a sperare che si possano collegare le varie linee di debolezza della parete. Per fortuna ci siamo riusciti, per un pelo - e ci sono stati momenti in cui sembrava che avremmo dovuto arrenderci. Non appena sali sulla roccia diventa un incubo - non si tratta di aver pelo sullo stomaco - semplicemente non si riesce a salire quella roba. Sei costretto ad arrampicare in conserva per il 95% della via e ci sono pochissime soste. Arrampicare in conserva su terreno difficile con poche protezioni, mentre la montagna attorno a te comincia a scrollarsi di dosso i funghi di neve non è qualcosa al quale si può facilmente attribuire un grado, capisci?

Allora come riassumeresti l’esperienza?
Jon: Nel complesso è una via piuttosto grande, una buona esperienza alpinistica su questa montagna. Credo che la via sia facilmente oltre 2000m, e la discesa era enorme, complicata, e anche molto pericolosa. Non credo che la consiglierei! Niente era certo fino a quando non siamo scesi dalla montagna - non sapevamo se la nostra discesa avrebbe funzionato oppure no e rinunciare e scendere dalla parete sarebbe stato incredibilmente difficile (a causa del ghiaccio molto sottile e la roccia inutile). Avevamo iniziato con l'idea di fare qualcosa un po‘ più piccolo e meno alto rispetto  ai nostri due precedenti viaggi in Alaska - qualcosa di più tecnico ma meno stressante e spaventoso. Da qualche parte durante i nostri preparativi qualcosa è cambiato e abbiamo scelto Deborah. È abbastanza speciale aprire una nuova via su una parete così grande e su una montagna così bella.





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