Everest: Moro, Steck e Griffith e l'aggressione a 7200m

Il 27/4/2013 Simone Moro, Ueli Steck e Jon Griffith hanno subito un'aggressione da parte di un gruppo di sherpa iniziata mentre stavano raggiungendo il Campo 3 dell'Everest per acclimatarsi e poi continuata al campo 2.
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La piramide dell'Everest dal versante Sud.
Simone Moro

I fatti potrebbero meritare poco più di un trafiletto nella cronaca, nera, di un quotidiano. Ma qui siamo all'Everest, a 7200 metri di quota, e una rissa con tanto di lancio di pietre, coltellate, insulti e minacce pesantissime è qualcosa ai limiti dell'immaginazione. Anche per i protagonisti. Da un lato Simone Moro e Ueli Steck, due degli alpinisti più famosi del mondo, che insieme a Jon Griffith stavano raggiungendo il Campo 3 per una salita di acclimamento. Dall'altro un gruppo di sherpa (sembra 3) che stavano attrezzando con le corde fisse il percorso. Moro, Steck e Griffith conoscono bene le regole e l'Himalaya. Sanno che il lavoro degli sherpa è importante, delicato e pericoloso. Li rispettano.

Così, secondo quanto dichiarato dagli stessi alpinisti, i tre salgono, veloci e slegati, a sinistra della linea in cui si stanno posando le corde. Ad un certo punto però, per raggiungere la propria tenda, devono traversare a sinistra e sono costretti a scavalcare le corde fisse. Cosa che fanno cercando di non creare problemi agli sherpa. Prima passa Griffith. Poi tocca a Steck. E qui scoppia tutto. Il leader del team degli sherpa comincia a gridare. Scende in doppia. Accusa gli alpinisti di avergli scaricato del ghiaccio addosso, di aver interferito pericolosamente con il loro lavoro. In qualche modo Steck e il leader degli sherpa vengono anche a "contatto". A questo punto Moro, e lo stesso Steck, cercano di calmare gli animi. Di spiegarsi. Si offrono anche di contribuire al proseguimento della posa delle corde fisse. Ma non c'è nulla da fare. Il capo spedizione degli sherpa richiama tutti i suoi uomini (sembra 17 in tutto) e scende al Campo 2. Cosa che fanno anche Moro, Ueli e Griffith non prima però di aver fissato 260m di corde fisse.

Potrebbe finire tutto qua. Con una grande litigata e una "quasi" rissa a 7200m. Non è così, purtroppo. Al campo 2 avviene il secondo atto. Il più incredibile e anche il più doloroso. Quando arrivano al campo 2 infatti, i tre alpinisti vengono accolti dalla durissima contestazione di un gruppo formato da un'ottantina di sherpa. E, sempre secondo la ricostruzione di Moro, Steck e Griffith, insieme agli insulti e alle minacce (anche di morte) volano anche pietre. Steck viene colpito al volto forse da una di queste pietre. Moro schiva una coltellata che va a finire sullo spallaccio. Il tutto dura circa un'ora… e le cose non sono diventate ancora più gravi se non fosse stato per l'intervento provvidenziale degli altri alpinisti presenti al Campo 2 che si sono frapposti tra i due gruppi. Ora Moro, Steck e Griffith sono tornati al campo base. Sui fatti stanno indagando le autorità nepalesi. Steck e Moro stanno pensando di rinunciare alla loro spedizione che aveva l'obiettivo di aprire una nuova via sull'Everest. Inutile per ora fare ipotesi, sarà importante sentire la voce anche degli sherpa. Ma è chiaro che condannata senza mezzi termini la violenza mai accettabile, occorre però capire ancora meglio, comprendere lo stress, e qual è la loro condizione di "lavoro" sulla montagna più alta del mondo, e non solo.

Insomma è tutto molto brutto, forse anche avvilente. In questi anni ci siamo abituati all'Everest come un mondo a parte, distante anni luce non solo da tutte le altre montagne ma anche dal mondo normale. Ma questo supera davvero ogni più (nera) immaginazione e richiede una profonda riflessione da parte degli alpinisti e del mondo dell'alpinismo.

>> La ricostruzione dei fatti da parte di Simone Moro, Ueli Steck e Jonathan Griffith <<

29/04/2013 - Everest, intervista a Simone Moro dopo l'aggressione a 7200m




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