Canada Ice Trip 2007, il viaggio di Kurt Astner e Konrad Auer

Kurt Astner e Konrad Auer tra il ghiaccio, i grandi spazi e i silenzi canadesi. Un intenso viaggio, con piccozze e ramponi, alla ricerca dell'ice climbing senza confini.
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La Ghost Valley: è sempre un’avventura speciale raggiungerla: da Canmore ci vogliono circa due ore e chiaramente dipende tutto dall’autista…
arch. K. Astner - K. Auer
ICE CANADA 2007 REPORTAGE
di Kurt Astner - traduzione Gabi Erlacher

L’inverno quest’anno ha davvero risparmiato il ghiaccio ed allora ho preso la decisione di ripartire ancora una volta per il Canada. Si trattava del mio quarto viaggio nella British Columbia, eppure le informazioni che mi erano arrivate circa le favorevoli condizioni meteo ed il fatto che laggiù le possibilità sono siano davvero illimitate mi hanno indotto ad una decisione rapida e senza riserve. E il mio collega ed amico Konrad Auer di Perca, guida alpina nonché entusiasta “eisfreak”, si è lasciato convincere senza fatica a questo cambiamento di programma.

Così il 22 gennaio abbiamo preso il volo da Monaco per Calgary, via Francoforte. Avevamo prenotato come sempre l’appartamento al Rocky Ski Loodge da Hans Peter Stettler, un mio buon amico. Da casa avevamo già prenotato anche la jeep, indispensabile per chi si dedica alle arrampicate su ghiaccio canadesi. Non sono difatti sufficienti condizioni meteo ottimali, se non si hanno poi i mezzi per raggiungere le varie mete. E poi a me piace tantissimo guidare nella Ghost Valley: è sempre un’avventura speciale raggiungerla: da Canmore ci vogliono circa due ore e chiaramente dipende tutto dall’autista…

La più ricca scelta in fatto di scalate si ha certamente nel National Park. Da Lake Luis guidiamo in direzione Jasper e in circa un’ora raggiungiamo il Monte Wilson, un imponente massiccio sopra la Davis Thomson Highway. Quando arriviamo il ghiaccio ha lo spessore giusto, è bello compatto e la parete si presenta in ottime condizioni. Un’ora di salita e arriviamo alla prima sezione ghiacciata: sono 50 metri buoni perpendicolari di ghiaccio, poi riprendiamo a camminare in direzione Les Miserables e Wooha Wooha, che si presentano, una dopo l’altra, in un imponente anfiteatro ben visibile dalla Highway. Se si vogliono affrontare tutte e tre queste cascate nella medesima giornata bisogna mettersi in marcia per tempo e “spingere sull’acceleratore”, proprio come abbiamo fatto io e Konrad. Si dovrebbe aspettare una giornata di cielo coperto per potersi concentrare con calma sulla scalata dal momento che l’irradiazione solare è fortissima e, con essa, aumenta il rischio di slavine. Queste cascate peraltro sono esposte interamente a sud…

Il giorno dopo ci aspetta un tour davvero emozionante e particolare per chiunque arrampichi su ghiaccio. Alle otto facciamo colazione al Rampat Creek, l’unico ostello aperto in inverno nel parco; un’ora dopo ci troviamo alla base di Polar Circus, una delle cascate più conosciute del pianeta. E’ sempre freddo qui, la mattina presto bisogna aspettarsi i 20 gradi sotto zero e verso mezzogiorno siamo ancora sui meno cinque. Arrampichiamo per due tratti senza corda e quindi alle una e mezzo siamo già di ritorno alla jeep. Abbiamo tutto il tempo per concederci una pausa e mangiare un boccone e soprattutto bere finalmente qualcosa.

Ma eccoci di nuovo in viaggio perché il nostro programma di oggi prevede anche l’ascesa di Ice Nine: con la jeep torniamo indietro per circa un’oretta e altrettanto ci vuole per raggiungere in arrampicata il nostro secondo traguardo della giornata. Questa fortezza di ghiaccio, in condizioni davvero superbe, è resa accecante dal sole. Per questo motivo decidiamo di aspettare un po’ prima di affrontarla: quando il sole è molto basso la temperatura scende rapidamente ed il ghiaccio risulta immediatamente più compatto. Superato il primo tratto del percorso cerco un punto di appoggio: proprio lì scorgo una giacca appesa e penso che è proprio strano che qualcuno possa averla lasciata qui. Konrad affronta il secondo tiro, che è già stato più danneggiato dal sole.

Una breve sosta in sicurezza e ci aspetta un pilastro perpendicolare: qui solitamente il ghiaccio risulta spesso e compatto ma questa volta è diverso: si riesce ad avvitare il chiodo solo nel ghiaccio incavato… Ma non ne facciamo una tragedia perché chi scala sul ghiaccio sa che le sorprese non mancano mai. Quando incominciamo a scendere ci rendiamo conto che da sopra continua a rotolare della neve lungo il canalone: sopra di noi c’è qualcuno che arrampica! Solo! Ecco chi era il proprietario della giacca: si è arrampicato da solo su Ice Nine e ancora oltre per un tratto della goullotte…. La scelta per chi trascorre una giornata nel Parco à davvero varia! Quando arriviamo alla jeep è già quasi buio: dopo dieci ore di arrampicata torniamo al Rampat Creek e mi posso dedicare alla mia seconda grande passione, la cucina!

Il giorno dopo il nostro programma prevede altre due cascate sul Mount Wilson, al momento in buone condizioni. Percorriamo alcuni chilometri lungo la vallata, visibile dalla Highway, e un canalone ben segnato porta alla cascata, alta 350 metri: il suo nome è Soothing Star ed è di gran lunga la più bella di questo massiccio. E’ il nostro prossimo obiettivo! Si affonda nella neve fino ai fianchi ed allora ci mettiamo gli sci e in un’oretta arriviamo alla base. Nel primo tratto il ghiaccio non è ancora molto spesso però, se si hanno le capacità tecniche di Konrad, ciò non costituisce un problema.
I due tratti successivi si profilano verso l’alto in una specie di canalone e sono davvero un sogno. Un breve passaggio a piedi ci porta alla seconda parte che ci attende con un pilastro solitario di 15 metri. E’ proprio una sezione fantastica, e il ghiaccio è semplicemente perfetto! L’ultimo tratto ci conduce sotto un gigantesco blocco da dove si può poi attaccare poi la discesa. L’ambiente intorno alla cascata è mozzafiato. Shooting Star: la più bella cascata sul Monte Wilson!

Dopo una veloce manovra in discesa con la corda ci dirigiamo con gli sci in direzione di Dancing with Chaos, che si staglia in un canalone che porta verso valle. Con gli sci scendiamo veloci e in meno di un’ora siamo alla base del nostro secondo obiettivo della giornata. Konrad parte e, circa 40 metri si mette in sicurezza sotto una sporgenza. Nell’ice climbing questo “accorgimento" è molto importante per proteggersi dal ghiaccio che può cadere dall’alto. Io arrampico lungo il pilastro fin quasi al punto dal quale inizierà poi la discesa. Di nuovo si tratta di un passaggio fantastico: “ghiaccio plastico” lo chiamano i Canadesi. Arriva Konrad e scorgo sul suo volto un sorriso di soddisfazione, appena accennato. Quando poco dopo raggiungiamo il deposito di sci, il sole avvolge in un’atmosfera di sogno la parete principale. In inverno, grazie al bianco della neve, tutto questo appare ancora più bello.

Le ultime giornate ci offrono condizioni meteo che non saremo potuti augurare migliori; il Canada ci ha presentato un lato di sé del tutto sconosciuto. Dopo alcuni giorni di sci a Lake Luis e dintorni, ci siamo rimessi sulla strada con le piccozze in mano verso la Ghost Valley, un territorio isolato a nord ovest di Canmore. Ci vuole un’ottima jeep per raggiungere l’attacco delle possibili salite lungo il letto innevato del fiume! Prima delle otto del mattino non si vede praticamente nulla ed è difficile orientarsi. Finalmente arriviamo al parcheggio situato più a sud. Di qui si sale a piedi, in poco meno di due ore, fino all’inizio di The Rial Big Drip, la più grande “tenda” di ghiaccio nella Gohst Valley. Era tanto che ci avevo fatto un pensierino!

Verso le dieci siamo alla partenza: una breve pausa e via! Lungo il primo tratto affronto con prudenza delle lastre che paiono fragili. Dopo circa 20 metri si profilano i primi funghi di ghiaccio, che mi piacciono molto. Concentrato arrampico in direzione della colonna di ghiaccio per poi mettermi in sicurezza con l’aiuto di numerosi chiodi. E’ diventato freddissimo e sento appena le dita. Qui, se si arrampica in libera, ci si avvicina ad un grado di difficoltà di M8!
Konrad mi raggiunge veloce e poi affronta subito il secondo tratto, che si presenta un po’ più facile rispetto alle nostre aspettative. Arrivati al grande fungo Konrad si prende una pausa. Valutiamo insieme il passaggio. Mi sembra di non potercela fare. Decidiamo così di affrontare il terzo tiro, poi vedremo… tecnicamente è davvero impegnativo: il passaggio chiave è un tetto che si erge proprio a metà, ma poi non c’è nessun altro problema.

Proprio poco sotto il crepaccio preparo una sosta e Konrad mi viene dietro. Dopo un’attenta valutazione decido di affrontare il tetto in diagonale per poi montarci sopra. Queste azioni richiedono un forte autocontrollo sul piano psicologico e bisogna sapere esattamente che cosa si sta facendo. La sporgenza mi è costata le ultime riserve di energia, e con gli avambracci ormai “cotti” mi arrampico sul lato anteriore per altri 20 metri per mettermi finalmente in sicurezza. Quando Konrad mi raggiunge rivedo quel sorriso appena accennato. Non c’è bisogno di molte parole.

Nel tratto successivo riprende lui la guida: ci rimangono tre lunghezze dentro il ghiaccio. Quando arriviamo all’ultima sosta incomincia a grandinare e si è alzato il vento: eccoci servito il Canada! Dopo una complicata discesa in doppia, verso le diciotto siamo alla base. Non abbiamo più niente da bere, io ho di nuovo un leggero mal di testa e ci aspettano ancora una lunga discesa per raggiungere la jeep. Verso le dieci incontriamo finalmente un bar sulla Highway 1: raramente mi sono gustato una coca così!
The Real Big Drip (M8+WI7-: così ho valutato il grado di difficoltà in questa stagione) appartiene di diritto al top assoluto delle scalate miste che finora ho affrontato. Sette tiri in un ambiente in cui lo sfidante sa di dover pagare un prezzo preciso!

LE SCALATE SU GHIACCIO AD ALBERTA: LA TAPPA REGINA

Ad Alberta ci sono innumerevoli possibilità per arrampicare su ghiaccio, e la combinazione più bella che si possa realizzare l’abbiamo messa nel nostro carnet durante la prima settimana di febbraio. Nella parte più a nord della Ghost Valley prendono forma due delle più famose cascate di ghiaccio mai scalate: The Sorcerer nella Johnson Creek Valley e sulla parte opposta delle montagne Hydrophobia nella Waiparus Valley. Insieme costituiscono 400 metri, davvero insuperabili quanto ad aspettative. E’ ancora buio quando partiamo in direzione Johnson Creek. La notte prima ha nevicato, circa 20 centimetri. Sulla neve fresca e soffice camminiamo con i nostri zaini fino al limite più alto del Johnson Lake. Da qui si può vedere, per un attimo appena, il gigante di ghiaccio ma ci aspetta ancora una buona mezz’ora attraverso un bosco fitto verso nord ovest. Saliamo e scendiamo su per le colline nell’intrico dei cespugli, e non si intravediamo più nulla... Solo quando arriviamo nel canyon il bosco si apre e ci rendiamo conto che siamo solo ad un centinaio di metri dall’attacco. Su un ripido fianco oltrepassiamo l’ultimo gradino, la neve ci arriva alle ginocchia. Una piccola pausa per riprendere le forze… e via!

Abbiamo davanti a noi una giornata ancora lunga. Konrad attacca il primo tratto senza bisogno di utilizzare molto materiale. Procediamo spediti, senza intoppi per i primi due tiri: il ghiaccio è solido e la salita non è poi così ripida. Nella terza lunghezza Konrad sale fino al margine destro del ripido pilastro, davvero una bella prova(!) penso quando tocca me. Nel quarto tiro Konrad riprende il comando per 50 metri di ghiaccio perpendicolare. Poi bisogna di nuovo oltrepassare, scalandolo, un cornicione di neve per arrivare in cima. La maggior parte degli ice climber, dopo il quarto tiro si accontenta. Ma noi no, noi vogliamo conquistare Hydrophobia sulla parte opposta della montagna. Così dopo mezzogiorno siamo alla fine di The Sorcerer: soffia un vento freddo, a tratti una vera e propria bufera. Dopo un te caldo affrontiamo il canalone, eternamente lungo, verso l’alto. Non abbiamo certezze circa la posizione del nostro secondo obiettivo. Poiché dal punto più alto si profilano diversi canaloni di salita, noi attraversiamo, senza perdere eccessivamente quota, in direzione nord. Se prendiamo il canalone sbagliato significherebbe dover affrontare una contro pendenza di una mezz’ora e con questo il nostro programma sarebbe compromesso a causa della mancanza di tempo…

Dopo una lunga traversata arriviamo su una specie di dorsale da dove però non si distingue ancora nulla. Cerchiamo di indovinare che cosa dobbiamo fare, e saliamo prendendoci il rischio di sbagliare. Il tempo stringe. Dopo alcune centinaia di metri riesco a riconoscere su una grande parete di roccia un fungo di ghiaccio. Saliamo rapidi e dopo un po’ la “Fonte” è ben
visibile. Davanti a noi si stende un ampio tappeto di ghiaccio, che verso il basso si fa sempre più ripido. Saliamo fino al bordo e scegliamo il materiale adatto. Dopo due manovre arrivo proprio sullo spigolo. Mi rendo conto di essere, a confronto di tutte le altre mie scalate sulle Alpi ed in Canada, in una dimensione totalmente diversa. Qui bisogna trattenere il respiro a lungo prima di decidere di riprendere a slaire per altri tre tiri: perché alla fine bisogna riuscire a salire…

Una mezz’ora dopo siamo sotto all’attacco. Provo una sensazione particolare, diversa. Sconosciuta. Si è soli, a mille miglia da qualsiasi altro essere umano. Bisogna prendere confidenza con questa nuova sensazione. Nella seconda lunghezza ho un momento di grazia ed affronto 50 metri con pochissimi punti di appoggio. Konrad mi precede nel terzo tiro su un davvero ghiaccio fantastico. Ora, ai piedi di questo anfiteatro, si è abbastanza riparati dal vento mentre sopra, sullo spigolo, il vento ci stava quasi portando via… In poco meno di tre ore rieccoci sulla via del ritorno. Io però mi godo ancora un momento questa prepotente visione.

Dopo due tratti facili siamo di ritorno al punto dove abbiamo lasciato gli zaini; un sorso di the e poi riprendiamo a salire. Il percorso è ripido, dobbiamo rimanere sempre concentrati: più si è stanchi e più bisogna stare attenti. Iniziamo a sentire sulle spalle il ruolino di marcia che ci siamo imposti nelle ultime due settimane. Verso le sei arriviamo dall’altra parte, all’uscita di The Sorcerer. Con la pila frontale metto in sicurezza il primo tratto della discesa. Si chiamano Abalakov le clessidre che si scavano nel ghiaccio indurito dal gelo: è un sistema sicuro per scendere in doppia su ghiaccio; e ci si lascia dietro solo un cordino. E’ ormai buio pesto e bisogna davvero prestare la massima attenzione. In queste situazioni non ci si può permettere nessun errore. Verso le 19 siamo nuovamente all’attacco. Ci aspettano ancora due ore di jeep per Canmore. E’ stata una giornata lunga ma soddisfatti, senza bisogno di parole, marciamo lungo la valle. La gioia per una simile impresa arriva dopo, quando ci si è ripresi dalla stanchezza.

di Kurt Astner - traduzione Gabi Erlacher
Note: LE CASCATE DEL VIAGGIO

Ghost Valley:
- The Real Big Drip 280m M8+ WI 7-
- The Sorcerer 210m WI 5
- Hydropobia 180m WI 5+
- Malignant Mushroom 55m WI 5
- Black Rock Falls 55m WI 4+
- Candel Stick Maker 140m WI 5
- The Hooker 100m WI 5

Icefied Parkway:
- Oh Le Tabernac 55m WI 5+
- Les Miserables 100m WI 6+
- Whoa Whoa Capitaine 90m WI 6
- Polar Circus 550m WI 5
- Ice Nine 95m WI 6
- Shooting Star 350m WI 6
- Dancing With Chaos 105m WI 6
- Lower Weeping Wall Centr. Pf. 180m WI 5+
- Mixed Master 300m WI 5 M5

Stanley Glacier Headwall:
Suffer Machine 210m WI6 M7+
Nemesis 160m WI 6

Killer Cave:
- Miller Swiller M 10-
- Pyllis Diller M10

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