Avancorpo del Cornetto di Salarno in Adamello: Matteo Rivadossi e Simone Monecchi aprono Utopia

Il report di Matteo Rivadossi che insieme a Simone Monecchi ha aperto Utopia, una nuova via d’arrampicata all'Avancorpo del Cornetto di Salarno nel gruppo dell'Adamello
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Utopia all'Avancorpo del Cornetto di Salarno: Matteo Rivadossi in apertura su L2, la Lavagna dello Jedi
Matteo Rivadossi, Simone Monecchi

Durante l’apertura di Borderline lo sguardo era scappato lì, a sinistra, troppe volte. Su quei tetti, su quella placca incastonata, sospesa: chissà sopra, come uscirne dagli strapiombi troppo spesso bagnati? Come arrivare lassù alla placca liscia ma finalmente appoggiata?

Temuti ed evitati da sempre, dall’assalto all’Avancorpo di metà anni ’80 ad oggi, non per niente sono gli strapiombi più grandi di Salarno e forse di tutto l’Adamello.

Fu così che, ad una settimana da Borderline, io e Simone eravamo di nuovo su, carichi di nuovi dubbi e del solito materiale. Esattamente sotto la verticale di quegli interrogativi. Tanto per cominciare, dove attaccare?

Il diedro a cui puntavamo, 15 metri a sinistra del meraviglioso Arco del Musico, purtroppo è chiuso. Decidiamo allora di forzare la placca di petto qualche metro più in là, appena a destra della visionaria Acqua che Scorre dei funamboli Sandro Zizioli e Silvio Fieschi e del loro 6c obbligatorio spittato a mano ben 35 anni fa! Il trapano qui, a pochi metri, sarebbe vergognosa profanazione. Pur aiutato da Simone, il primo spit in equilibrio sulla liscia rampa a braccia stese è già sofferenza. Messo quello, pur senza veder nulla oltre il passo successivo, ho avuto come la sensazione di poter decifrare il mare di granito sopra.

Solo tacca dopo tacca però ci è dato di leggere un sequenza perfetta e miracolosamente tutta in libera per 40 metri. Pazzesca! Ma il prezzo? Caro, carissimo: ben 10 spit filati messi a mano sulla punta delle scarpette, se va bene scaricando su un cliff. E così se ne va la prima giornata, bestemmiando per i tasselli che si spuntano ed i piedi gonfissimi.

Nella seconda giornata la determinazione di Samael (versione satanica del fido Simone) mi sprona ad attaccare dritto il tettone sopra. E il suo non ragionamento non fa una piega: "Forziamo, tanto vale abituarci subito agli strapiombi sopra!". Scelta perfetta perché, pur fradicio, con un chiodo e due spit ci lascia passare addirittura in libera! E sopra ecco il mare lunare di una placca embricata da sogno per un tiro intero.

La lunghezza successiva diventa piacevolmente più tecnica ma sul muro finale devo mollare, esausto dagli ultimi spit che durano ore, che si spuntano continuamente, tanto da doverne usare 4 o 5 ogni volta: ma non è possibile, un altro KO tecnico!  I nuovi costosi tasselli autoperforanti, sostitutivi degli Spit Roc ormai introvabili, purtroppo non sono all’altezza. Per continuare l’imperativo ora è raccattarne un po’ dei vecchi.

E così, alla terza ripresa, ci presentiamo armati e belligeranti. Tanto che salgo di getto il muro di L3 senza mettere nulla. "Samael, siamo sulla Bistecca!", urlo. Mentre alla mia sinistra finalmente si apre quella placca che avevamo tanto sognato. Lavoratissima, banale se non fosse bagnata soprattutto nel finale, a 25-30 metri dalla sosta dove mi fermo a mettere il primo spit. Un bel traverso aereo. Sì, aereo soprattutto in caso di volo, penso…

Poi continuo nel nulla con passi delicati, due chiodi e alcuni friend bagnati che mi portano nel cuore degli strapiombi: ed ora dove andiamo, Samael? E se per assurdo si facessero passare in libera? Perdo almeno un’ora a decidere poi, culo del vecchio apritore, intuisco la giusta sequenza. Con il primo spit, spaccandomi i lombari, riesco a scorgere oltre il bordo, ben 2 metri fuori: non ci posso credere: c’è tutto per scalare! Un altro spit nel vuoto e mi ribalto in sosta distrutto ma pieno di gioia. Simone mi raggiunge commosso: "S-p-e-t-t-a-c-o-l-o!", ripete.

Sopra ci aspetta un muro complesso e verticale solcato da tetti, un bel casino da leggere e probabilmente da scalare. Inizio comunque deciso, in obliquo a sinistra. Scoprendo anche qui una teoria di fessure e tacche come una via già scritta. Il pomeriggio nebbioso di Salarno ci ha avvolti da tempo: ormai solo come un naufrago, fuori dalla vista e dalla voce del compagno, mi ritrovo in bilico sulla tanto agognata placca finale. Io, la nebbia pungente, i piedi che piangono, i crampi alle mani, gli spit lontani. Perso in un mare di granito in balia di un mix dopante di adrenalina, felicità e paura. Uno sballo che ben conosco…

Urlo a Simone che dorme infreddolito. Non importa se sono le 19: per uscire mancano ormai 15 metri, forse un’ora. Poi ancora una volta ci abbracceremo e ci saranno le doppie al buio, bestemmiando come ebbri immortali a quel sasso che ci trancerà l’ennesima corda, cadendo in sosta tra i nostri caschi.  Solo perché, dopo una magica dozzina di ore volate verso altri indelebili ricordi, quella linea immaginaria rimarrà Utopia.

Matteo Pota Rivadossi

NB: ancora un ringraziamento particolare a Rino Ferri, guida alpina e gestore del Rifugio Prudenzini (tel. 0364634578) per l’accoglienza con pappa e birra a tutte le ore!

Matteo Rivadossi ringrazia: Camp - Cassin, Montura e Kayland

Per info si consiglia di consultare:
- la guida Le vie del Cielo di Paolo Amadio, edizioni Alpine Studio
- il sito adamellothehumantouch.it in cui trovate varie relazioni

SCHEDA: Utopia, Val Salarno, Adamello

SCHEDA: Borderline, Val Salarno, Adamello




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