Antartide, antica esplorazione in un ambiente unico

La chiusura (ovvero la nona puntata) di Manuel Lugli dopo il rientro dall’Antartide dove ha esplorato  alcune delle montagne più belle della penisola Antartica insieme ad un piccolo gruppo di scialpinisti guidati dall’alpinista ed esploratore britannico Stephen Venables.
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Antartide: tramonto all'ancora
Simon Van Dam

Sono passate due settimane dal rientro dall’Antartide, due settimane per niente facili. Un viaggio così richiederebbe un periodo adeguato in camera di "ri-compressione". Anzitutto bisognerebbe stare fermi e dar tempo al corpo e allo spirito per assorbire completamente tutto quel che si è vissuto, visto, odorato, udito, patito, goduto. Il tempo di mettere ordine tra i giorni assolati e quelli nuvolosi, le discese e le salite, le risate e lo stridio di muscoli e tendini, le onde ripide e la calma piatta tra le isole. Poi bisognerebbe riprendere poco alla volta, lentamente, poche ore al giorno. E invece niente, niente di tutto ciò. La vita obbliga a riprendere in fretta e furia le fila dei giorni consueti. E in poche ore ti ritrovi proiettato nel lavoro, nella routine. Certo anche a ritrovare il piacere degli spazi noti e delle persone che ami. Ma lo spaesamento rimane forte.

D’altronde il bilancio emotivo di un viaggio come questo non si può stilare in poche settimane: troppo il (benefico) carico di sensazioni ed esperienze. Non tanto per la durata in sé – ho avuto esperienze di viaggio ben più lunghe in passato – ma per la diversità di ambiente, condizioni e intensità. Ho letto alcune interviste recenti di alpinisti appena rientrati dall’Antartide: in tutti prevale la sensazione di meraviglia, la consapevolezza del privilegio nell’aver vissuto un’esperienza in un ambiente che non ha eguali. E poco importano qui i record o i problemi alpinistici da risolvere; non hanno senso competizioni o prestazioni "estreme". In Antartide è la possibilità infinita di un’esplorazione ancora "antica" a essere unica. Nelle aree costiere della penisola Antartica le possibilità sono limitate solo dal tempo a disposizione e, ovviamente, dalle disponibilità finanziarie. Il Bruce Plateau, solo per fare un esempio, "collegandolo" a contigui plateau minori, offre la possibilità di lunghissime traversate con pulke e sci che si possono arricchire con salite di cime inviolate; la sola esplorazione delle isole Anvers e Brabant e della costa prospicente a nord e sud delle stesse, basterebbe per anni e anni di attività alpinistica e sci-alpinistica. I costi non sono elevati come quelli richiesti per le grandi traversate per raggiungere il Polo Sud o per la salita del Mount Vinson, ma certamente sono ancora appannaggio di pochi fortunati – o incoscienti.

Di certo non è esattamente esplorazione trovarsi ammassati in cento al Mount Vinson, che sembra essere divenuto negli ultimi anni il nuovo Everest. E’ curiosa questa tendenza dell’uomo ad ammassarsi anche per quelle attività che dovrebbero essere di "astrazione" dal normale ambiente di vita e di fuga da ogni affollamento. I pinguini almeno lo fanno per scaldarsi durante i duri mesi invernali antartici. Ma tant’è. E alla fine chi ne trae vantaggio sono i più curiosi, quelli che cercano vie alternative e poco affollate. Quelli insomma che cercano di andare in "direzione ostinata e contraria". Come l’amico Simen Havig-Gjelseth incontrato durante questo viaggio, norvegese forte ed esperto di kayak che ha già affrontato – da buon discendente di un popolo di esploratori – svariate avventure per terra e per mare, realizzando, tanto per dirne una, la prima circumnavigazione completa in kayak della South Georgia. I suoi video con gli sbarchi tra i leoni marini e le pagaiate tra onde preoccupanti anche per imbarcazioni di dimensioni ben più consistenti di un kayak, ci hanno fatto spesso compagnia durante il nostro viaggio, liberando la nostra fantasia verso nuove avventure e nuovi progetti.

Perché se l’Antartide rimane il più immenso, fascinoso e remoto terreno d’avventura della Terra, con la sua inarrivabile bellezza selvaggia, i suoi animali e i suoi oceani burrascosi, sono ancora tanti i luoghi possibili per l’Avventura e l’esplorazione. L’unico limite è la fantasia e la zona di comfort da cui dobbiamo sforzarci di uscire. Con una piccola "maledizione", come scrive lo scrittore e giornalista francese Pierre Mac Orlan: "L'avventura non esiste. È nella fantasia di chi la insegue e, non appena riesce a toccarla con un dito, svanisce per fare capolino da tutt'altra parte, sotto una diversa forma, ai limiti dell'immaginazione." Ed è proprio così, croce e delizia, provare per credere.

di Manuel Lugli

Link: Ortovox




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