Annapurna: rinuncia di Meroi, Benet e Vuerich scampati al crollo di un grande seracco

Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich rinunciano allla salita dell'Annapurna dopo essere stati sfiorati da un grande seracco crollato a 7000m di quota.
Annapurna 2006, spedizione Nives Meroi, Romano Benet, Luca Vuerich

"Lo abbiamo visto staccarsi e un attimo dopo era sopra le nostre teste. Ci è andata bene una volta, non vogliamo rischiare"... A raccontare lo scampato pericolo è Nives Meroi dal Campo base dell'Annapurna, quello che si è staccato è un enorme seracco che è venuto giù da quota 7000m e li ha sfiorati mentre erano tra il Campo 2 e il Camp 3. Può andare bene una volta hanno pensato Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich... Basta si ritorna, anche perché i giorni a disposizione della spedizione sono davvero pochissimi. E' finita così, non senza il triste ricordo di quel che è successo un anno fa all'indimenticato Christian Kuntner proprio su quella parete dell'Annapurna, il primo round stagionale del team tarvisiano. Ora ritornano a casa senza Annapurna (che può aspettare) ma con la vetta di Romano e Nives sul Dhaulagiri: è andata bene così... e già stanno pensando al prossimo obiettivo: il K2.

ANNAPURNA, ELOGIO DI UNA RINUNCIA
di Chicca Colesanti

L'enciclopedia recita così: il massiccio dell'Annapurna è fra i più pericolosi al mondo da scalare, con una percentuale di alpinisti deceduti in rapporto a quelli che hanno raggiunto la vetta del 41%. Fino al 2005, solo 103 persone hanno raggiunto gli 8.091 metri della Dea dell'Abbondanza e ben 56 hanno perso la vita.

E' per questo che con grande sollievo diamo notizia del rientro, sani e salvi, dei componenti della spedizione tarvisiana, Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich. Non hanno raggiunto la vetta, ma portano a casa la pelle, dopo aver schivato la caduta di un "seracco gigantesco". Nives racconta e la sua voce è leggermente rotta dall'emozione: "Lo abbiamo visto staccarsi e un attimo dopo era sopra le nostre teste. Ci è andata bene una volta, non vogliamo rischiare". Erano tra il campo 2 e il campo 3 quando il seracco si è distaccato da quota 7.000 metri circa. Per la fortissima alpinista tarvisiana sarebbe stato il nono "ottomila", ma il poco tempo rimasto a disposizione ha convinto lei e i suoi compagni a non tentare la sorte su quella via, per la parete nord, salita per la prima volta dalla spedizione francese guidata da Maurice Herzog nel 1950.

"Mi sto guardando in giro, ma non capisco dov'è". Appena pochi giorni fa, rideva quasi delle sue stesse parole, Nives Meroi, stanca, molto stanca, ma sempre con quel timbro di voce scanzonato e, insieme, volitivo. Non trovava, appunto, l'Annapurna, nascosto dalle nuvole e dalle nebbie. Era arrivata da poco al campo base della Dea dell'Abbondanza assieme al suo inseparabile compagno di vita e di cordata Romano. Sulle loro spalle, e alle loro spalle, avevano un altro ottomila, il Dhaulagiri (8.167 metri), di cui avevano raggiunto la vetta solo tre giorni prima, il 17 maggio.

L'ascensione al Dhaulagiri - l'ottavo ottomila per Nives Meroi, salito come gli altri in stile alpino e senza l'ausilio di ossigeno - è stata particolarmente faticosa. "E'stato l'ottomila più faticoso che abbiamo mai salito. Davvero durissimo...", esordiva Nives. "Siamo partiti a mezzanotte dal campo due con una bufera piuttosto forte, ma decisi a tentare fino in fondo. Romano ha battuto traccia da 7.000 a 8.167 metri, fino in vetta senza nessun cambio, come suo solito. E' stato grande. Ad un certo punto abbiamo lasciato la cresta nordovest per risalire un canale che ci ha fatto raggiungere la cima "finta" dello scorso anno. Di lì abbiamo visto che la crestina che ci aveva fermati l'altra volta non presentava cornici. ci siamo legati, e l'abbiamo percorsa senza grandi difficoltà, fino a raggiungere la cima. La traversata del lungo plateau di neve è stata estenuante e ci ha asciugato delle ultime forze rimaste. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta..."

Tredici ore di salita per quasi 1.200 metri di dislivello, una media impressionante per quelle quote. Anche per Romano Benet la fatica è stata comunque assolutamente inaspettata: "Una montagna ostica, dura, fredda, con un clima che non è mai favorevole. Rispetto alle salite degli altri ottomila, ho fatto il doppio di fatica, davvero..."

Tra il 1994 e il 2006 Nives Meroi ha collezionato una serie impressionante di ascensioni in Himalaya, un carnet che diventa ancor più significativo se si tiene conto anche di tutti i tentativi e delle salite interrotte a soli pochi metri dalla vetta. Rientrati dall'Himalaya, dopo un breve soggiorno in Italia, il gruppo ripartirà alla volta del Pakistan dove, raggiunta la catena del Karakorum, tenterà la salita della parete del K2, uno fra i più difficili Ottomila, come sempre senza ossigeno né portatori d'alta quota, per coronare l'ascensione tentata già dieci anni fa e che per soli 150 metri non si era conclusa sulla vetta..

Francesca Colesanti


nives.alpinizem.net
archivio news Meroi, Benet, Vuerich
archivio news Christian Kuntner


Nella foto l'Annapurna (ph arch. Romano Benet)


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