Alpinismo in Antartide, Marek Holeček e Míra Dub aprono Bloody Nose sul Monte Pizduch

Sull'isola di Winkle, in Antartide, Marek Holeček e Míra Dub hanno aperto in Bloody Nose sul Monte Pizduch, una montagna finora inviolata nel massiccio del Monte Wheat. Arrampicando in stile alpino dal 6 al 7 gennaio 2018, gli alpinisti dalla Repubblica Ceca hanno impiegato complessivamente 33 ore per superare difficoltà fino a M4/WI5+, 95° e concatenare quattro cime. Holeček, che nel 2017 aveva aperto una nuova via sulla parete sud-ovest del Gasherbrum I (8080 m), ci ha inviato il report.
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Monte Pizduch, Antartide: sotto la montagna
Marek Holeček, Míra Dub

Il nostro obiettivo era il Mount Wheat, la montagna con quattro vette ben distinte nel Wall Range. Si trova sull'isola di Winkle, lunga 30 chilometri, vicino alla terraferma dell’Antartide, separata da una sottile lingua di oceano. Avevo visto questa vetta quando aveva arrampicato in Antartide per la prima volta, nel 2014. A quel tempo siamo riusciti ad aprire una bella via su una cima sull'isola di Anwers da noi chiamata Monte Samila; circa 1500 metri di difficile arrampicata su ghiaccio e neve instabile. Siamo rientrati a bordo della nostra barca a vela dopo 24 ore di lotta, la discesa era stata piuttosto drammatica. Successivamente ci siamo diretti verso la Winkle Island, ma il tempo non è stato dalla nostra parte e non abbiamo più potuto scalare. Tuttavia, l'isola con le sue montagne vergini è rimasta impressa indelebilmente nelle nostre menti. Non potevamo fare altro che tornare.

Questa nuova storia inizia quindi il 27 dicembre 2017, quando la nostra barca a vela di 17 metri salpa dal porto di Ushuaia a Tiera del Fuego in Argentina. Racconterò in un altro momento del tempestoso Passaggio di Drake. Salteremo anche i giorni di navigazione sull'oceano tempestoso, e anche il seguente zig-zag tra i banchi di ghiaccio nel favoloso paesaggio della penisola. Dopo dieci giorni, il 5 gennaio 2018 per la precisione, finalmente gettiamo l’ancora nella baia di Port Lockroy.

Verso mezzogiorno del giorno successivo un piccolo gommone ci trasporta dalla nostra barca a vela in terraferma. Il mio compagno di arrampicata è il mio amico Míra Dub. Raggiungiamo il piede della parete con gli sci prima delle 14:00, e alle due e mezzo iniziamo a salire il ripido nevaio. In questo massiccio granitico la nostra linea di salita segue un canalone ghiacciato. Più saliamo, più diventerà sempre più ripida, fino a diventare verticale. La parte peggiore ci aspetterà proprio sopra la sezione verticale dove si è formato un enorme cornicione di neve. Onestamente, questo mi preoccupa fin dall'inizio. Come avremmo potuto superarlo? Una domanda senza risposta, e per scoprirlo dovevamo cercare di infrangerla. Inoltre, in qualsiasi momento i suoi “gelidi saluti” avrebbero potuto colpirci mentre salivamo nel couloir.

Passano le ore e le difficoltà aumentano gradualmente. Nel frattempo, nel tardo pomeriggio il sole gira verso la nostra parete e piccole valanghe di ghiaccio e frammenti di pietra cominciano a cadere dall'alto. Una pietra colpisce il naso di Míra. Fortunatamente c'è solo un po‘ di sangue, possiamo continuare.

Verso le 23:00 raggiungiamo le sezioni verticali. È esposto e il ghiaccio non è molto buono. Salgo l'intera sezione verticale di 30 m senza piantare nessuna vite da ghiaccio. Ci sono solo due protezioni sporadiche tra me e la sosta, molto sotto i miei piedi. Questa sezione richiede molto impegno, sono nervoso. Tuttavia, non so ancora che il tiro successivo mi chiederà di arrampicare su granito friabile e neve soffice e non consolidata.

Il tempo stringe, il freddo inizia a mordere e le nostre forze diminuiscono. Dopo alcune ore di arrampicata difficile mi trovo di fronte al passaggio chiave. La cornice di neve sopra la mia testa mi ride in faccia, mi deride mentre cerco l'uscita. Finalmente mi avventuro nella parte meno strapiombante di questa gonfiata lana di cotone gonfiata. La scalata è un'esperienza terribile, i miei sentimenti sono piuttosto difficili da descrivere. L'intera parete giace sotto i miei piedi e ho la sensazione che né le piccozze né i ramponi potrebbero trattenere una caduta.

Alle 2:00 di notte raggiungiamo entrambi la cima senza nome. La nebbia arriva costantemente dalla valle ed in un attimo le vedute scompaiono e tutto è nascosto nella bianca oscurità. Cuciniamo un tè e piantiamo la nostra piccola tenda. Non abbiamo né sacchi a pelo né materassi, ma almeno la tenda ci protegge dal vento e dal freddo. Quattro ore più tardi la nebbia si alza e facciamo rapidamente gli zaini e ci incamminiamo lungo la cresta. Cerchiamo una discesa adatta ma le pareti su entrambi i lati sono piuttosto ripide. Un altro problema in effetti è che la cresta è delimitata da cornici che bloccano la vista verso il basso, impedendo quindi una discesa ragionevole. Dobbiamo attraversare l'intera cresta composta da quattro cime e dopo diversi tentativi di scendere falliti, finalmente troviamo la strada giusta attraverso il selvaggio ghiacciaio.

Terminiamo l'avventura giù, sull’oceano, dopo 33 ore. Veniamo raccolti nella piccola barca dai nostri compagni. Siamo felici perché tutto ha funzionato bene ed è stata una giornata fantastica in Antartide. A bordo della barca a vela, mentre sorseggiamo la prima bottiglia di vino, dimentichiamo finalmente le nostre preoccupazioni, la stanchezza e lo stress dei giorni precedenti, ed insieme ai nostri amici ridiamo nella notte.

di Marek Holeček

INFO
La prima salita della cima SO, chiamata da noi "Monte Pizduch" 1000 m nel massiccio di Mount Wheat 1200 m. La via si chiama “Bloody Nose” ed è stata aperta in stile alpino. Durante la discesa abbiamo attraversato quattro cime, in 33 ore dal 6 al 7 gennaio 2018.
Luogo: Winkle Island, Antarctica/Peninsula.
Alpinisti: Míra Dub e Mára Holeček
Difficoltà: ED+ (M4/WI5+, 95° in un punto).
Lunghezza via: 850 m




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