Himalaya: Renzo Benedetti e la cima del Makalu

I ricordi di Renzo Benedetti sulla sua ultima salita al Makalu dello scorso maggio. Un viaggio himalayano verso la vetta del suo quinto ottomila: il "Grande Nero".
Makalu, Himalaya, Nepal, Rernzo Benedetti

Il più delle volte, presi dal ritmo incessante e frenetico delle notizie che si accavallano, non c'è più il tempo per assaporare (e quindi comprendere) quel che succede e ci succede. Così accade anche all'alpinismo himalayano con le notizie delle ascensioni sulle più grandi cime della terra che somigliano, sempre più spesso, ad un arido e anonimo bollettino di nomi, date, orari, quote... Solo in seguito, seguendo il ritmo lento dei ricordi, la salita con le sue emozioni e storie riaffiora nella sua semplicità e per il valore d'esperienza unica.

Come i ricordi di Renzo Benedetti sulla sua ultima salita al Makalu dello scorso maggio. Un viaggio verso la vetta del suo quinto ottomila: il "Grande Nero". Quasi sogno vissuto, come scrive Renzo, su quella "strana punta che tanto fa assomigliare il Makalu alle montagne disegnate dai bambini..."

MAKALU' 'IL GRANDE NERO' 8.473 M
di Renzo Benedetti

25 ottobre 2005 - Dalla vetta di una delle più belle montagne del mondo raggiunta da solo seguendo la ghiacciata cresta sud-ovest ho la fortuna di accarezzare con lo sguardo uno degli scenari più affascinanti del mondo. In una giornata tanto gelida quanto limpida sono pervaso da una gioia indefinibile. L'universo che mi circonda è di straordinaria bellezza e questo basta per ripagare da fatica e tensione accumulate. Sono sulla magica cima dell'AMA DABLAM, 6.856 mt., in territorio nepalese nella valle del Solo-Kumbu. Per gli sherpa rappresenta una delle montagne sacre, dimora degli dei, da rispettare e temere.

Da quassù è possibile tracciare la linea immaginaria che collega sei delle più alte vette Himalayane. L'Everest nella sua maestosità, la famosa e famigerata parete sud del Lhotse, parte del ghiacciato versante sud del Cho Oyo,il granitico Makalu sono racchiusi ad occidente dal lontano Shisha Pangma e ad oriente, verso il Sikkim, dall'imponenza delle 5 vette del Kangchenjunga. Il sole a picco sulla parete rocciosa del Makalu ne esalta la mole che contrasta con il bianco delle altre cime. So già che questa immagine accompagnerà i prossimi mesi della mia esistenza. E così è stato: nei primi giorni di aprile 2006 sono già a Kathmandu, destinazione Makalu (8.473 mt) con Angelo Giovanetti, Marco Sala e Sergio De Leo per quella che sarà una grande avventura umana e sportiva.

La montagna si presenta subito nella sua veste più severa: dopo un periodo molto secco, la colonna sonora che accompagnerà la parte iniziale del nostro tentativo di salita al ÒGrande NeroÓ è costituita da continue nevicate, vento costante e temperature rigide. Al Campo Base, posizionato su un balcone che domina l'incantevole valle del Barun ed il monte Baruntse 7.152 mt, non siamo soli. Fanno compagnia alle nostre tendine colorate quelle di poche altre spedizioni, due italiane ed una polacca.

La preparazione dei campi alti è stata impegnativa e logorante: le condizioni meteo lasciavano poco spazio al lavoro che doveva essere svolto per attrezzare la parete e renderla più sicura. Le continue nevicate rappresentavano per tutti un costante pericolo di valanghe soprattutto per raggiungere il Makalu-La (7.400 mt.) dove si doveva collocare il campo due. Da là si doveva poi continuare per un lungo pendio non molto ripido sino a 7.600 per portare materiale all'ultimo campo.

Più volte abbiamo percorso gli stessi tragitti, respinti sempre da condizioni avverse. Era sconfortante per noi vedere spesso l'Everest e Lhotse (poco distanti) risparmiati spesso da nuvole e perturbazioni. Le soste forzate al Campo Base erano sostenute dalla sintonia che si era instaurata tra i gruppi. Sembrava di costituire un'unica spedizione, condividendo le stesse aspirazioni e la tenacia per portare a termine ciò che ci si era prefissato.

Forse proprio questo affiatamento è stato la forza che ha consentito a me, a Mario Panzeri e a Daniele Bernasconi di raggiungere la vetta del Makalu il 24 maggio alle 16.00. Alle 18.30 Angelo Giovanetti e Mario Vielmo raggiungevano lo stesso prestigioso traguardo. Dopo due anni in cui il Makalu non aveva consentito ad alcun alpinista di calcarne la vetta, 5 italiani seguiti il giorno dopo, probabilmente, da un'alpinista polacca sono riusciti nell'intento.

Makalu, Himalaya, Nepal, Rernzo Benedetti

Quando si raggiunge la cima di una montagna un sogno si realizza, vengono ripagati mesi di preparazione, sacrifici e rinunce. Il Makalu dentro di me ha lasciato qualcosa in più. Ho la sensazione di essere stato in qualche modo privilegiato per aver toccato quella strana ÒpuntaÓ che tanto fa assomigliare il Makalu alle montagne disegnate dai bambini. Privilegiato per aver assaporato tutti quei momenti e quelle piccole felicità vissute giornalmente: l'attraversamento di una seraccata, la salita di una parete verticale, il the caldo in una tenda dei campi alti, un ritorno al Campo Base che in quella dimensione acquistano un sapore indescrivibile.

Di ritorno al Campo Base, alzando lo sguardo verso la cima, mi sembrava impossibile che solo il giorno primo fossi stato lassù, a condividere con Mario e Daniele momenti di libertà e soddisfazione. Rivedo la salita, la mia partenza dal Campo 1, la decisione al Campo 2 presa con Mario e Daniele di non sostare ma di continuare fino al campo tre in una sola giornata. Rivivo la nostra partenza alle quattro di mattina del 24 maggio in un'alba da cartolina che dava la carica per affrontare le innumerevoli difficoltà che separavano l'ultimo campo dalla vetta.

Ripercorro la traccia aperta lungo un ripido e pericoloso pendio nevoso, le corde fisse messe per assicurare l'attraversamento di una imponente e contorta seraccata che dava la possibilità di affrontare un successivo lungo tratto di neve fresca. E poi la suggestiva arrampicata su un magnifico sperone di roccia granitica, che dopo un dislivello di 400 metri ci ha portati sul pianoro nevoso che conduce all'impegnativa e pericolosa cresta finale prima dell'appuntita cima. Risento il mio grido di gioia, quasi una liberazione. E vedo le braccia alzate: sono su uno dei punti più alti del pianeta!

Molti sono stati gli amici che ci hanno sostenuto da casa seguendo le tappe della nostra salita. Alcune aziende hanno supportato la spedizione sponsorizzando materiali e prodotti. In particolare un grazie va alla: MICO per l'abbigliamento intimo, alla VIKING NORD POOL per l'abbigliamento, alla GRONELL per gli scarponi, all'A.P.T. PINE' - VALLE DI CEMBRA, all'AGISKO per gli integratori alimentari, alla GARDUMI - ATTREZZATURE MEDICO SANITARIE, alla SIGMA-TAU che ci ha proposto di testare in alta quota due suoi prodotti, il CARNIDYN integratore alimentare e l'ENERDYN dimostratosi di grande efficacia nell'ottimizzazione del metabolismo muscolare durante un'intensa attività fisica.

di Renzo Benedetti


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nelle foto: la salita del Makalu (foto arch. Renzo Benedetti)


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