Fabio Beozzi e Federico Cecile, lo sci, le vette e la vita

Edoardo Falletta dialoga con Fabio Beozzi e Federico Cecile, maestro di sci e guida alpina che hanno fatto della montagna e dello sci uno stile di vita.
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Fabio Beozzi e Federico Cecile
Fabio Beozzi, Federico Cecile
Potrà suonare strano dire che ho conosciuto Fabio Beozzi grazie alla musica. Non l’ho conosciuto leggendo il libro che ha scritto dopo essere tornato dal Cho Oyu. Non l'ho nemmeno mai incontrato ad una delle sue serate. La sua voce calda e le canzoni ritmate che fa nascere dalla chitarra mi erano piaciute tantissimo fin dal primo ascolto. Ho scoperto solo in seguito che Fabio è un esperto sciatore di ripido con una spedizione himalayana alle spalle. Ovviamente questa scoperta ha contribuito notevolmente ad aumentare la mia curiosità nei suoi confronti fino a chiedergli di raccontarmi, lui che della montagna ne ha fatto la propria casa ed il proprio lavoro, come vive e qual è il suo approccio verso l’ambiente nel quale svolge le sue attività.

Insieme a Fabio ho avuto occasione di incontrare anche l’amico e compagno di cordata, Federico Cecile, guida alpina di Bardonecchia. Dai loro congiunti punti di vista nasce questo dialogo che mi ha colpito e per certi versi emozionato per la spontaneità e genuinità con cui traspaiono i forti sentimenti che legano questi uomini alla loro terra.

Emozioni che certamente nascono dalle grandi soddisfazioni derivanti dalle loro prestazioni sportive, portate agli estremi dall'ambiente selvaggio e bellissimo, ma anche e soprattutto quelle impagabili, uniche e rare sensazioni che prendono corpo da un costante rapporto con la montagna che mi piace definire mistico ed anche un po' spirituale. Lo capisco subito, fin dalle prime parole che scambio con loro. Fabio mi racconta, ad esempio, che quando alla sera va a fare la sua pellata di allenamento sul Monte Sises a Sestriere, sono anni che si obbliga di arrivare all’osservatorio astronomico che c’è in punta. Lo fa perché, se si fermasse prima della cima, sentirebbe di mancare di rispetto ad una montagna a cui vuole bene. "Quando viene buio io sono più contento perché è come avere una coperta di stelle sopra la testa" mi dice con un sorriso.

Fabio è uno sciatore. Il fatto che il suo mestiere sia insegnare ed allenare è la logica conseguenza di una vita passata sulla neve. La sua razza è quella di chi non smette mai di amare lo sci, ed è proprio da qui che parte il suo approccio alla montagna. Nonostante i molti anni di esperienza, la sua attenzione è sempre rivolta alla verticalità dei pendii innevati. Il ghiaccio, la roccia e le manovre che bisogna padroneggiare per gestire al meglio situazioni dove la componente di rischio può essere elevata, sono arrivate solo in seguito e sono il proseguimento di un cammino e di un orizzonte che allargandosi, lo ha portato a sperimentare nuove attività su terreni differenti. Adesso, mi racconta, quanto gli piacerebbe creare una serie di discese che abbiano alla base un’ascensione alpinistica, magari passando per una goulotte e chiodare su ghiaccio per poi girare in boucle e trovare la linea da scendere con gli sci.

Ma è parlando dello straordinario potere della montagna, che a Fabio e Federico si illuminano gli occhi. "A me piace molto dire" comincia a spiegarmi Federico "Che sono una guida e non che faccio la guida. Immagino che quando gli occhi non mi brilleranno più mentre parlo di queste cose, smetterò di portare gente in montagna perché forse la mia capacità di trasmettere questo grande amore e questa forte passione sarà venuta meno. Il mio lavoro consiste nel fornire un supporto per arrivare dove da soli si farebbe più fatica. Per limitare i rischi di situazioni che possono avere un contenuto di pericolo elevato, ma grazie alla corda che ci tiene legati in parete, si crea un rapporto profondo ed intenso. Durante l’estate accompagno molti clienti ed amici sui quattromila e mi capita spesso di vedere persone, che giunte in cima, si mettono a piangere per la gioia. Questa è la reale magia della montagna e io penso a quanto sono fortunato a vivere questa magia quotidianamente."

E’ forse questo il meraviglioso potere, delle alte vette, che ci rende tutti uguali e che subito azzera le differenze di una società macchiata dall’ingiustizia e dalle disparità? Quanto è importante avere chiaro in mente la fortuna che si ha nel trovarsi in luoghi lontani dove non tutti sono in grado di arrivare?

"Una cosa che mi piace da morire" mi dice Fabio "Sono quei momenti in cui ti trovi in una situazione con una grande percentuale di tensione e di adrenalina dovuta ad un rischio potenziale molto alto. In discesa quando devi stare attento ed essere preciso nello scegliere dove passare oppure in salita se c’è un’esposizione assoluta alla quale non sono abituato. Per non rimanere bloccato devo fermarmi un momento, elaborare la situazione e quando sono sicuro di potere superare l’ostacolo e finalmente ne esco, non sono più la stessa persona. La cosa davvero straordinaria sta nel fatto che queste sensazioni uniche, rare e preziose, magari non così esasperate, le può provare anche chi è andato a fare un’escursione su un sentiero. Questa fratellanza che accomuna chi va in montagna mi piace da matti, perché anche chi è andato a fare una gita considerata facile si è svegliato presto, ha fatto fatica, ha sudato ed è uguale a me."

Entrambi credono fermamente che da ogni persona con la quale si viene in contatto, ci sia qualcosa da imparare. "Osservando Federico, ho fatto miei degli elementi delle sue curve e della sua sciata che mi hanno profondamente arricchito" mi racconta Fabio. La grande sintonia che c’è tra loro, nasce anche dal fatto che entrambi hanno largamente superato quella fase che porta uno sciatore di ripido a commettere uno dei più grandi errori di cui l’alpinismo moderno è macchiato. Lo sbaglio comune che porta l’uomo a non raffrontarsi più con se stesso e con la montagna, ma, guardando fuori con gelosia ed egoismo a qualche altro alpinista. Superare le convenzioni è stata una cosa spontanea, frutto, sicuramente, dell’esperienza e di una maturità raggiunta con il tempo. Risulterebbe ipocrita e falso affermare che entrambi non siano passati attraverso l’attrazione per il grado e le difficoltà. Adesso, considerando il grado come un semplice punto di partenza, una sorta di spazio dentro al quale muoversi per scegliere il terreno più adatto all’ispirazione del momento, credono entrambi che la cosa che conti davvero sia passare delle ore in montagna dove ricercare quel grande contenuto di silenzio che è il vero motivo per cui una persona decide di salire in quota. Federico mi racconta come questa crescita lo abbia aiutato nel lavoro e gli abbia insegnato a guardare le montagne con gli occhi del sentimento e della passione e non con quelli della mera prestazione fine a se stessa, magari senza una vera soddisfazione di fondo.

Come si fa a scegliere una linea di discesa quando basta guardarsi attorno per capire che le possibilità risultano quasi infinite? Questa è una delle domande che ho fatto a Fabio durante la nostra chiacchierata. La risposta è all’altezza delle mie esigenti aspettative, considerato con chi sto dialogando. Fabio mi spiega di come sia attratto da quelle montagne verso le quali sente un richiamo personale, mi fa l’esempio della parete nord del Monviso. Quella parete, inondata dal caldo sole rosso del tramonto, l’ha vista forse un milione di volte guidando verso casa. Il caso ha poi voluto che Federico fosse proprio con lui durante l’ascensione e questa fortuita combinazione ha giocato un ruolo fondamentale. "Arrivato sotto lo zoccolo sommitale, dal quale avevo deciso che sarebbe iniziata la mia discesa con gli sci, avevo deciso di fermarmi perché mi trovavo in un ambiente estraneo e non avevo le competenze per proseguire sulla cresta finale che conduce alla cima. Solo grazie a Federico ho potuto, invece, godere dell’immensa vista che c’è da lassù. Ripensandoci adesso, giungere sulla cima del Monviso ha assunto un significato ed un valore enorme perché sono riuscito ad unire ad una bella discesa di sci ripido, che era il motivo per cui ci trovavamo li, una grande emozione per essere su una montagna di grandissimo respiro."

Come potrei aggiungere altre parole alle loro? Vi posso solo consigliare, se mai dovreste anche voi solcare i ripidi pendii innevati dell’alta Valle di Susa, di cercare questi due romantici maestri del ripido, stringergli la mano e fare due curve insieme a loro. Ne vale veramente la pena.

Edoardo Falletta ringrazia di cuore Mauro Marcolin e Wild Climb per la gentilezza, disponibilità e per il supporto dei suoi splendidi prodotti.


13/10/2011 - Cho Oyu con gli sci, il racconto di Fabio Beozzi
Il racconto di Fabio Beozzi della prima discesa con gli sci sul Cho Oyu della variante Messner da quota 6900m a 6000m.


Note:
Expo.Planetmountain
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