Paretone Express, la nuova via sul Paretone del Gran Sasso di Cristiano Iurisci ed Emanuele D'Amico

Paretone Express (1300m + 300m finali del canale Jannetta; ED-, con pass. fino al VI) è la nuova via aperta il 24/08 e il 15 e 16/09/2014 sul Paretone del Gran Sasso, da Cristiano Iurisci e Emanuele D'Amico. Una via che partendo dal basso risolve l'ancora inesplorata parte inferiore e centrale della grande parete e che ricorda un alpinismo d'avventura d'altri tempi. Una grande cavalcata raccontata da Iurisci e D'Amico in questo avvincente report a due voci.
1 / 55
Cristiano attacca il 17° tiro (il più bello) della parete
archivio C. Iurisci - E. D'Amico
Il Paretone del Gran Sasso è la struttura più imponente dell’Appennino, se ne erano accorti già a fine ‘800 l’inglese Douglas Freshfield e il francese Fracois Devouasseound, che scesero negli Abruzzi per vedere da vicino, e scalare, quella strana montagna, il Corno Monte, che si slanciava appuntita, e apparentemente inaccessibile, in alcune stampe di inizio ‘800. Il loro racconto è pieno di emozioni e di commenti per la bellezza del posto, sono solo un po’ delusi che quella parete non era la vetta della montana e non era stata una scalata degna delle aspettative: insomma, non era stata proprio un’impresa.

Deve trascorrere oltre mezzo perché Jannetta e compagni (1922) salgano la parete. La loro via (canale Jannetta) è lunghissima e, anche se non difficile, occorre orientarsi bene in un’ambiente imponete dove una ritirata è alquanto problematica. Per un po' rimane l’unica via della parete, poi Sivitilli e compagni salgono un altro canale all’estrema destra della parete (canale Sivitilli). Per anni sono le uniche due vie della parete. Lo Jannetta viene spesso percorso come accesso ai Pilastri del Paretone (le strutture più verticali e imponenti che si stagliano a “monte” dello Jannetta) che sono oggetto si salite importanti come il Diedro di Mephisto (IV pilastro), la Mario-Caruso (gluglia di Bambù), la Diretta Alessandri (III Pilastro) fino all’impossibile Nagual e la Farfalla (P. Caruso – G. Baciocco 1987) alla Farfalla, un settore di parete così chiamato per un immenso distacco avvenuto nel 1897 dalla vaga forma di farfalla. La parte inferiore della parete rimane lì, senza infamia e senza lode, tranne una imprecisata salita di Sivitilli e compagni sul lato destro dell’immane parete, ma probabilmente prossima al canale omonimo salito pochi anni prima.

Sarebbe bello salire lì, d’inverno! Indico la linea a Fabio con una birretta in mano dopo una bella giornata in falesia.
Lì dove? Mi chiede Fabio!
Qui in mezzo, dritto per dritto, fin su, sotto i pilastri! Dalla base alla vetta. Una linea pura, estetica!
Ah! La Magic Line! Mi risponde Fabio...
Perché è stata già salita? Non ne sapevo niente! – gli rispondo. Da quello che so io l’ha tentata più volte il grande Tiziano (Cantalamessa) e Massimo Marcheggiani. Tentativi sempre falliti per l’estrema pericolosità del luogo, con scariche continue di sassi, ghiaccio e valanghe enormi.
No, no! – risponde Fabio – E’ che la chiamano così perché è tanto bella quanto impossibile, per cui tutti la vedono ma nessuno la sale: non vale la pena, il rischio è troppo alto! Solo un pazzo può tentare una salita simile. Oltre al fatto che è difficile e lunghissima!

Qualche mese dopo, è con Ruggero che parlo di questa linea in discesa da Majellismo Extremo, una via appena aperta sulla remotissima e selvaggia parete NE del monte Acquaviva (Majella). Ma quale via, la Via dei Russi? – e aggiunge - Non è mai stata salita, ma la chiamano così perché solo i russi o i polacchi si avventurerebbero su un colatoio del genere. Una linea inviolata che si trova ad avere già un nome! Questo la dice lunga di quando evidente e accattivante sia. E’ la LINEA della parete, quella che per primo salta agli occhi anche da chi non fa alpinismo, che va dritto in vetta a partire dal suo punto più basso.

Percorrendo l’autostrada A24 in direzione l’Aquila, il Paretone attrae l’attenzione di chiunque per chilometri: lo vedi affondare le radici dal cupo verde dei boschi e salire slanciato ed elegante verso il cielo che sembra non finire più. Millecinquecento metri tutti (o quasi) d’un fiato dal bosco fino ai 2903 m della Vetta Orientale del Corno Grande. Ad alcuni che mi chiedono se abbia scalato quell’immane parete, a fatica riesco a spiegare che “sotto” non si scala, che noi alpinisti saliamo “solo” la parte superiore della parete, poiché sotto non è parete, ma solo erba ripida, fasce rocciose discontinue tanti sassi pericolanti, e che ci sono solo due vie che la percorrono tutta: il canale Jannetta sull’estrema sinistra, e il canale Sivitilli all’estrema destra.

Un week-end febbraio 2014, il tempo previsto è bruttino e non so cosa fare, chiamo Alessandro se è contento di fare qualcosina non so bene dove e non so bene cosa. Lui dice che va bene, che è felice di partire quando si hanno le idee chiare... gli dico di buttare gli sci in macchina, e pure una picca e i ramponi. La notte non ha portato consiglio e l’indomani parto in direzione Pescara senza meta. Di sicuro vado a nord: lì c’è più neve qualcosa farò, la meteo non è tanto pessima come da previsioni ma la neve scarseggia alle basse quote sia sulla catena Gran Sasso che su quella della Laga.

Lungo il tragitto, il Corno Grande con il suo Paretone si erge imponente e visibilissimo a decine di chilometri di distanza. L’occhio cade lì e penso sia la giornata adatta per andare a fare una ricognizione e vedere dal basso quella che alcuni chiamano la via dei Russi. Saliamo veloci nel ripido bosco poiché la neve inizia solo a 1300m, tra le piccole radure la parete appare sempre più imponente e incombente, con la linea dei Russi che si fa sempre più evidente e, apparentemente, fattibile. Stiamo tre ore sotto la parete attendendo schiarite che permettono di fare foto decenti e vedere meglio tutta la linea. Non cade un sasso. Non cade una slavina. Il posto è magnifico e alla fine siamo contenti di essere qui.

Da buon connesso-dipendente posto un paio di foto su facebook senza indicare luogo e data; solo alcuni, dopo vari suggerimenti riconoscono il posto, tutti gli altri son lontani anni luce. Ma tutto finisce lì. Tranne Emanuele che sembra fin troppo interessato all’argomento e che mi ricorda di aver già discusso a riguardo mesi prima. E mi mostra una foto con addirittura la linea sopra. Alcuni messaggi in privato e capisco che non scherza! Lui vuole andare davvero! Nemmeno io scherzo, ma siccome sono stato lì sotto un paio di volte, mi viene l’ansia al solo pensiero che il sogno possa diventare realtà. Però il pensiero diventa una fissa e mi trovo a fare l’elenco della roba da portare! Elenco bocciato da Emanuele perché per lui esagerato e pesantissimo! Leggerezza - mi dice - ci vuole leggerezza!
Pochi giorni e lo scherzo diviene cosa seria con ripetute telefonate e foto tempestive della parete, quasi in tempo reale, fatte da Fabrizio, per capire o meno se ci siano le condizioni. Piove. Su nevica. Aspettiamo.

Tre giorni dopo piove ancora. Parete carica: aspettiamo che svalanghi. Purtroppo i giorni passano e il sole si alza sempre più sullo zenith. Decidiamo di tentare lo stesso qualche giorno dopo. Siamo carichi come muli. Fa caldo. Prima che la parete scarichi per il forte caldo mi avvicino e faccio i primi metri.
- Emanuele! È dura e qui strapiomba! qui non si passa se non con le scarpette, e se il ghiaccio non abbonda neanche se sei bravo con il dry tooling! –
Si torna a casa. Intanto la parete comincia a rigurgitare sassi e ghiaccio ricordandoci qui chi comanda. Sappiamo che è dura e pericolosa e che è più lunga di quando immaginassimo ma il progetto non è cancellato, è solo “congelato”.

Qualche mese dopo pensiamo che si possano salire in “estiva” i primi 100m di parete che più possono soffrire la mancanza di ghiaccio causa la bassa quota. Partiti con la sola intenzione di attrezzare qualche sosta e lasciare qualche chiodo con cordino nei punti critici, siamo sorpresi della versione estiva della via! Fatti cinque tiri scendiamo in doppia con l’intenzione di tornare appena possibile per completarla. Ormai è quasi settembre e non abbiamo molto tempo e le giornate s’accorciano! Riusciamo a racimolare un po' di chiodi: tra quelli nuovi di pacca (grazie anche a un super sconto di Pennente Outdoor) e altri provenienti da reliquie belliche scovate nei musei, ce ne abbiamo una cinquantina. Emanuele intanto è alla ricerca di materiale: ci servono un paio di cliff per qualche situazione di emergenza e soprattutto gli serve un martello, visto che, tanto per cambiare, si è accorto che il suo lo ha lasciato al Paretone... meno male che gli amici Elma e Marek ci aiutano!

Settembre: piove. Tutti i giorni e per 10 giorni consecutivi. La parete scolerà di sicuro. Aspettiamo non solo la classica finestra di bel tempo ma anche che sia distante almeno 3 giorni dall’ultima pioggia! La parete deve asciugarsi e il colatoio deve smettere di colare... Dopo un delirio di telefonate, rimandi e previsioni meteo ballerine decidiamo di attaccare lunedì 15. Appuntamento a Isola del Gran Sasso e cena da Fabrizio che ci prepara la pizza e ci offre un comodo letto caldo. Come tutte le volte si parla di montagna fino a tardi nonostante la sveglia sia fissata alle 4. Fatta una veloce ma abbondante colazione via in direzione Casale San Nicola.

- Stavolta non mi frega! - e mostro due paia di bastoncini a Emanuele.
- Co’ sti zaini con 46 chiodi dentro, 10 maglie rapide e cordoni d’abbandono, su sto tipo di sentiero è meglio non rischiare!
- Sì Emanuele, li lasciamo alla base: so vecchi e questa è una gloriosa fine! Ahahah!
- Dove poi lasciamo i bastoncini, a ridosso di un alberello alla base dello zoccolo del Paretone, Emanuele ritrova il suo beneamato martello...
Tiriamo fuori le corde, due barrette e attacchiamo che sono le 7:30. Rispetto alla volta scorsa, la fascia rossa è percorsa da una cascata! Che facciamo? Tiriamo tutto a sinistra e speriamo di aggirare la fascia! La fascia è aggirabile, ma bisogna attrezzare una sosta e fare un tiro in traverso molto esposto per tornare dentro al colatoio.

- Bene! Sono le 8:15. Chi attacca?
- Ema vai tu ora che sti due tiri li conosci bene! Poi sopra vado io e poi vediamo!
Ho uno zaino carico di acqua e indumenti e un paio di scarpe sulle spalle, e un altro con vivande e materiale per pernotto e chiodi riserva attaccato con un’asola all’altra mezza corda. Salgo qualche metro, pinzo la scaglia e, come la volta scorsa, non passo! Non c’è niente da fare! Con lo zaino sto strapiombo non lo riesco a fare!
- Ema! Confermo che qui è sesto! Occhio che tiro il chiodo! Aiutamiiiii! Dai! Tiraaaa!- Superato il passo non è finita! devo issare lo zaino con una mano e allo stesso momento tenermi con l’altra, fin quando Emanuele non recupera la corda e issare ancora finchè lo zaino non raggiunge un posto adeguato. Questa operazione verrà ripetuta sia da me che da Emanuele decine, centinaia di volte. Non credo ci siano altre metodi su questo genere di pareti. Riparto. Attacco il secondo strapiombetto: pure stavolta tiro la fettuccia del chiodo per non volare, e menomale che è solo V+ secondo Emanuele! Poi tocca allo zaino. E così via fino in sosta... Lo zaino da issare presto prende il nome di “Bambinello”.

Siamo veloci, il tempo è splendido e presto arriviamo al punto più alto raggiunto l’ultima volta. Sono appena le 10:40! Wow! Abbiamo ancora 9 ore di luce! Siamo fiduciosi! Velocemente, tiro dopo tiro, su roccia sempre incredibilmente buona viste le premesse storiche di questa parte della parete che davano per marcia e rotta! Il settimo tiro è addirittura su roccia incredibile! Placca verticale puntellata di selci grandi come palmi delle mani! Tutte da pinzare e tirare e da rimontare con i piedi! Wow! Oltre trenta metri così, da sballo! poi di nuovo la parete si appoggia e la roccia torna ad essere bianca e ultra compatta.

La pioggia, le valanghe, l’acqua, hanno lisciato e consumata a tal punto la roccia che né è rimasto solo l’ossatura, la parte più dura, e l’aderenza è sempre ottima. Ci si ritrova a fare tiri di 50m di III e IV dove spalmi solo le scarpette e pinzi a mani aperte mammelloni di roccia. Più volte ci ripetiamo: ma chi ce l’ha scavate ‘ste prese qua?? Sembrano proprio messe nei punti giusti!

L’ambiente si fa via via più imponente mentre il bosco alla base appare sempre più lontano. Intanto i primi cumuli sbuffano sulla parete che siamo all’ottavo tiro. Un traverso facile e un rimonto e arriviamo - purtroppo assieme alla nebbia - sotto al punto che riteniamo il chiave dell’intera parete: il salto della cascata d’acqua. Mi fermo e non capisco cosa fare e dove meglio salire, aspetto una schiarita che non arriva e comunico che ho intenzione di fermarmi e di farlo venire a vedere per decidere assieme. La nebbia continua a celare parte del salto. Il diedro adocchiato pare fattibile e su roccia più che discreta ma non capiamo dove porti. Dopo 5 minuti decido di salire a cercare altri punti deboli. Trenta metri a monte un altro diedro, e siccome siamo più in alto, credo sia conveniente attaccare quest’ultimo: chiamo Emanuele e lo faccio venire in sosta.

Emanuele: Visto che Cristiano si era fatto i tiri intermedi su quella roccia favolosa mentre io era un bel pezzo che mi tiravo dietro il “Bambinello” a questo punto mi prudevano le mani... Il diedro fessura leggermente strapiombante e la placchetta sono in fin dei conti ben fattibili ma, girato l’angolo, la musica cambia! Di quella bella roccia trovata prima, neanche l’ombra! Di quegli appoggi e appigli che facevano invidia alle prese di una palestra... neanche a parlarne! Solo lunghi tratti di roccia verticale gialla e nera, instabile, massi pericolanti e sassi che sembravano messi insieme a caso... Cavolo! Mi vengono in mente tutte le volte in cui mi sono trovato in una situazione così precaria, ma nessuna sembra peggio di questa...

L’arrampicata diviene delicatissima, disgaggiando sassi che si frantumano miracolosamente in centinaia di pezzi prima di arrivare a raggiungere Cristiano, dosando saggiamente il peso da scaricare sui piedi per non rimanere senza forze. Arriva un passaggio più duro su questa placca friabile, cerco di piantare ripetutamente un chiodo ma non trovo una fessura, un buco, abbastanza compatto. Lo ficco finalmente per metà. Ci annodo il cordino. Quello rosso. E se poi non tiene? Esito. Torno un passo in giù a riposarmi. Passano minuti e Cristiano mi fa voce da sotto: “Dai Manu! Se non ce la fai ti calo e ci provo io!” Non ci vediamo. Non riesce a vedere che non c’è niente di adatto e di minimamente solido a cui possa assicurarmi. Basta. Riprovo. Torno di nuovo giù a riposare. Basta pensare a non tirare e appoggiarsi troppo. Riparto. Questa volta lo passo. Sì, l’ho passato, il chiodo ce l’ho sotto finalmente! Sopra non è proprio meglio, ma almeno riesco a infilare due friends in una fessura più solida a cui almeno poter scaricare un paio di chili. “Blocca Cristià! Ma non troppo, eh!!?”.

Proseguo sempre su terreno delicato e finisco il tiro con un attrito infernale, ma finalmente mi trovo su. Ho rimontato il salto! Ora tocca a Cristiano però... e con lo zaino sulle spalle e il Bambinello da scorrazzare non sarà facile. Infatti incontra molte difficoltà, addirittura a un certo punto mi grida “Non riesco a salire!!” Cerco di comprendere in che punto sia, di dargli indicazioni ma quello che sento sono solo le mie guance umide. Ma non piove. Finalmente lo vedo sbucare. E con un sorriso stupito mi dice che sono matto e che ora ha capito perché ci avevo messo più di un’ora a risalire questo dedalo! Ci guardiamo, capiamo che ci è andata bene, ma in fin dei conti non è tardi e ora siamo sul ripiano intermedio!! Abbiamo ancora 2 ore per guadagnare quota e trovare un posto decente per bivaccare. Saliamo più che possiamo in conserva e in prossimità dell’attacco del colatoio superiore che avremmo dovuto scalare il giorno successivo, riusciamo a trovare, a monte di una placchetta di II grado, un ripiano adatto per due posti.

La notte passa lenta, dormo poco, ma il cielo stellato è bellissimo e c’è poco vento. Cristiano, a fianco a me, si muove un po’ ma sembra appisolarsi ogni tanto. Poi crollo e al mio risveglio, alle 4.00, dei grossi nuvoloni coprono tutto. Cristiano! Sveglia! Uno sguardo al cielo, gli aggiornamenti meteo di Fabrizio, che non promettono bene, e infine un paio di goccioloni... non ci vuole tanto per capire che bisogna sbrigarsi! Decidiamo di attaccare il prima possibile, lasciare delle soste di calata e ritirarsi in caso di peggioramenti... fino alle 11 dovrebbe tenere! Incominciamo a scalare alle 5.30, ma è buio e alla luce della frontale su questo terreno che conosciamo solo da foto lontane, non è facile procedere. Cristiano va avanti veloce, però, macina metri su metri e in due ore ci mangiamo i primi 100 metri del colatoio! Dopo due lunghezze relativamente semplici , con roccia buona e una bellissima alba, è di nuovo il turno mio e, manco a farlo apposta... mi ritocca un tiretto niente male. Ma il bello deve ancora venire. Dalla sosta guardo il camino inizialmente bagnato e strapiombante e con roccia instabile del tiro successivo.

- Stavolta lo fai te Cristià, io ce ne ho avuto abbastanza ieri!!
Cristiano accetta l’invito e incomincia a lottare con il camino, ma alla fine, dopo un dado, friends e due chiodi ben piazzati, riesce ad avere la meglio. Anzi, si recupera tutti e due gli zaini e io mi godo così una bellissima lunghezza di VI. Così volano anche i due tiri successivi, assolutamente non banali, un diedro fessurato e una placca articolata, forse il tiro più estetico - Per cristiano uno dei più belli mai fatti al Gran Sasso - con scaglie e fessure quasi granitiche e addirittura clessidre... che vuoi di più?!

Finalmente alle 11 sbuchiamo sul terreno meno verticale del colatoio superiore, un paesaggio di placche bianche, levigate dall’acqua e grossi sifoni liscissimi. Facciamo altre due tiri a fine corda e con un’oretta di conserva e un ultimo tiretto su roccia ultra compatta entriamo nello Jannetta. Ce l’abbiamo fatta!

E’ da poco passato mezzogiorno. L’idea iniziale era di salire la cengia obliqua - che inizia proprio davanti a noi - e salire il Terzo Pilastro del Paretone per la Diretta Alessandi. Abbiamo scritto a mano anche la relazione. Ci sarebbe tempo, abbiamo ancora 7 ore di luce... ma la meteo è troppo un’incognita: già c’è andata bene fino ad ora. Con un filo di rammarico la nostra salita non sfocerà in cima, proseguiremo per lo Jannetta che comunque è la prima (1961) e più logica via del Paretone!

La nebbia aumenta però, e a volte sembra che piova, e risalire lo Jannetta non si rivela cosa semplice... abbiamo cantato vittoria troppo presto! Ci perdiamo un paio di volte ma dopo due ore e mezza, ormai a corto di acqua da un pezzo, sbuchiamo stremati sull’Anticima. Ringrazio ancora Cristiano che negli ultimi 200 m di dislivello mi ha alleggerito di un paio di chili, prendendosi anche la mia corda e dandomi in cambio il suo sacco a pelo, una manciata di cordoni e qualche maglia rapida.

Ci abbracciamo in “vetta” all’anticima N della Vetta Orientale, pochi istanti prima di una breve grandinata, poi giù a prendere una funivia chiusa... e giù quindi fino a Prati di Tivo dove si può dire finalmente conclusa la nostra stupenda avventura.

Cristiano Iurisci ed Emanuele d’Amico

SCHEDA: Paretone Express Via Iurisci - D'Amico




Ultime news


Expo / News


Expo / Prodotti
Calza da Ghiaccio Ice Climbing Tech Antracite Rosso
Calza da Ghiaccio Elbec in Lana Merino
Millet Rutor Alpha Hoodie M - pile ibrido per lo scialpinismo
Pile ibrido molto leggero (286 g) offre una protezione termica efficace per chi pratica lo sci-escursionismo a ritmo sostenuto.
SCOTT Pure Tour 100 - sci da scialpinismo e freeride
Nuovissimi sci SCOTT, leggeri per lo scialpinismo e modellati per il freeride.
Parka in piumino Summit Pumori
Parka in piumino, massime prestazioni per l'alpinismo in alta quota.
Piccozze per alpinismo tecnico Petzl Gully
Ultraleggera con soli 280 g, la piccozza GULLY è destinata all’alpinismo tecnico e allo
Zamberlan Mountain Pro EVO GTX RR PU - scarponi da alpinismo
Scarponi da alpinismo per uomo performanti, versatili e resistenti.
Vedi i prodotti