Wakhi Project in Pakistan

Parte il 20 maggio il gruppo composto da Carlo Alberto Pinelli, presidente di Mountain Wilderness Italia, Carlo Barbolini e Francesco Cappellari, istruttori nazionali di alpinismo e membri del CAAI, per la seconda e ultima parte del "Wakhi Project".
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Durante il corso nel 2013
archivio Mountain Wilderness
Il corso organizzato da Mountain Wilderness e Aga Khan Foundation, in collaborazione con il Club Accademico del CAI, il Alpine club of Pakistan e il Ministero degli affari esteri del Canada, è nato con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di un turismo rispettoso di ambiente e cultura, in linea filosofia e principi dell’alpinismo classico e possa contribuire a rafforzare l’identità culturale tradizionale di questa parte dell’Himalaya.

L’iniziativa, indirizzata ai giovani alpinisti pakistani e afghani, organizzata da Mountain Wilderness è iniziata la scorsa estate all’ombra delle spettacolari cascate di ghiaccio del Passu glacier, nel Karakorum occidentale; 25 ragazzi selezionati di cui sei donne "modello per lo sviluppo dell’uguaglianza di genere e stimolo a smentire quell’idea occidentale superficiale e antic,a dello status delle donne in questo paese" spiega Pinelli.

Scopo del corso di Environment-friendly montaneering, rivolto ai giovani della zona del Wakhan corridor fra Pakistan, Tagikistan, Afghanistan e Cina, era quello di mettere in grado giovani di queste zone, di sviluppare e gestire in maniera autonoma un turismo in controtendenza con quello ingordo e sregolato che, in altre zone dell’Himalaya, sta erodendo lo spirito dell’alpinismo. Un corso per introdurre quindi, tanto tecniche alpinistiche quanto precetti di filosofia ed etica di alpinismo e tutela ambientale, vessilli sotto cui sviluppare il turismo outdoor di una zona di grande fascino e ancora relativamente poco conosciuta.

"Molti di questi ragazzi" racconta Carlo Alberto Pinelli, direttore del corso e Presidente di Mountain Wilderness Italia, "sono esperti di montagna, avendo già scalato, come portatori, diversi 8000 del calibro del Gasherbrum". Il corso vorrebbe quindi motivarli a evolvere e trasformare una capacità che, da quelle parti, sembra essersi sviluppata quasi come straordinario adattamento fisiologico. L’importanza di assecondare questa "inclinazione naturale alla montagna" e presto arricchirla anche di consapevolezza ambientale è fondamentale nel processo di apertura a un turismo internazionale che preservi l’integrità di questa natura. "Non voglio introdurre in queste splendide e in parte ancora sconosciute, valli un turismo aggressivo e irrispettoso come quello che sta rovinando altre famose mete dell’alpinismo asiatico come l’Everest e in parte il K2" spiega Pinelli "anche se l’alpinismo diventa un’attività remunerativa non può trasformarsi in una cinica impresa commerciale, perdendo la sua anima. Uno sviluppo armonico del turismo outdoor non può compromettere l’ambiente, questa natura è patrimonio delle genti che la abitano e di quella del mondo intero. Una gestione consapevole del progresso ed esercitata con senso critico, può prevenire gli impatti negativi.

La prima parte del corso si è conclusa con grande successo. "I ragazzi erano entusiasti" racconta Pinelli "certo in particolare per quanto riguarda la tecnica. Nonostante avessero già affrontato vette importanti infatti, non conoscevano le tecniche di sicurezza e recupero o quelle necessarie a muoversi su un ghiacciaio, come si arrampica o come si usa un friend". Entusiasmo tecnico ma non solo i ragazzi infatti hanno lasciato la zona del campo in perfette condizioni, senza una traccia del loro passaggio.

Una nuova prova aspetta 13 di loro a maggio, che si ritroveranno per concludere un percorso che porterà alcuni di loro a cambiare il proprio destino e quello della loro valle.

Info: www.mountainwilderness.org




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