Valle dell'Orco, nuova via di arrampicata alla Parete della Grande Ala

Maurizio Oviglia presenta Rataplan (175m, 7a+ max (6b obl)/RS2/I), la nuova via di più tiri aperta con Damiano Ceresa il 1 agosto e liberata pochi giorni più tardi assieme a Cecilia Marchi sulla Parete della Grande Ala, Chiapili di Sotto, Valle dell'Orco.
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Rataplan, Valle dell'Orco (7a+, 175m, Damiano Cesare & Maurizio Oviglia 08/2013)
archivio Damiano Ceresa, Cecilia Marchi e Maurizio Oviglia
Ancora una volta sono salito da solo in quella radura sotto la Grande Ala per scrutare quella parete rosso scuro, e ancora una volta mi è parsa un disegno indecifrabile di tetti e fessure. Un rumore impercettibile dietro le mie spalle mi ha fatto pensare ai soliti due camosci che vivono qui, che incontro sempre, ma quando mi son girato ho visto accanto a me il guardaparco: anche lui stava guardando i tetti col binocolo. Siamo amici da 30 anni, con lui qui in valle abbiamo fatto le prime facili arrampicate, quando appena si era spento il fuoco del Nuovo Mattino e su queste rocce non incontravi più nessuno. Ma l’uomo vestito di verde non si ricorda più molto bene, è passato troppo tempo. Da quando due anni fa è stato travolto da una valanga proprio qui di fronte, ed è rimasto in coma quasi un mese, dice che ha perso una parte di memoria. Ripete sempre “non mi ricordo” e finge di non ricordare più quando era un grande campione, molto famoso, forse molti anni fa dice. Ora guarda come son ridotto…

Voglio molto bene a questo grande uomo, talmente alto che non arrivo neanche a mettergli la mano intorno alla spalla. E forse anche un po’ per questo finisco per tornare sempre qui, in Valle. Domani vieni con me e riprovi a scalare, OK? Scendiamo insieme lasciandoci il rebus della Grande Ala insoluto, ancora una volta, ma prima o poi la troverò la via. E magari proprio là, dove anche Motto ha rinunciato, il grande Manlio che da queste parti ormai è una celebrità. Come spesso capita quando si appendono le scarpette al chiodo, improvvisamente tutti ti vogliono bene. Insomma anche Manlio rinunciò, forse per la roccia, o forse perché aveva la mania delle vie dritte come un fuso, e questa parete no, non lo permette proprio… Così aveva provato due volte nel ‘92 ed era sceso dopo un tiro, o due… peraltro molto promettenti.

Non so più quanti anni sono che vengo qui a scrutare questa parete. Molto tempo fa, dovevo avere appena 20 anni, avevo salito la via più classica con il mio compagno di scuola Livio, ma non mi ero certo preoccupato di aprire una nuova via. Questa volta sono io che ricordo poco. E’ una parete strana, la roccia non è sempre ottima, la pietra è talvolta scura e poco aderente, non sembra Valle dell’Orco. Ma ti cattura, ti prende.

A gennaio del 2010 ero in procinto di partire per la Patagonia e non ero riuscito ad allenarmi adeguatamente a causa di una distorsione al ginocchio. Ero dunque salito a Ceresole per fare almeno una gita di gli sci. Con Valerio e sua moglie Giusi eravamo andati al Nel e l’avevo vista nuovamente, proprio lì di fronte. Di nuovo era ritornata la voglia di trovare la via tra quei tetti. Poi quest’anno, in un soggiorno al Rifugio Muzio, avevo speso altro tempo a scrutare col binocolo. Ed avevo visto quei vecchi cordini sotto i tetti, di una via, sicuramente artificiale che non conoscevo, e nessuno ne sapeva niente… Ho chiesto un po’ in giro, ma tutti mi dicevano: “Manlio Motto ha provato a salire su di lì…” Si ok, ma questo già lo so!

Così in questo agosto afoso è venuto finalmente il tempo dell’azione, dapprima il primo tiro lungo una serie di prese che paiono disegnate, bellissimo. Ma la roccia un po’ così, si sgretola sotto i piedi, ed ho capito perché Manlio aveva rinunciato. Con la spazzola ho perso due buone ore e alla fine è divenuto scalabile, niente male, ed in fondo son solo tre o quattro metri…ma si sa che i ripetitori son schizzinosi e poi su internet ti massacrano! Chissà, se ne vale la pena penso, ma ci vuole un po’ di cocciutaggine, altrimenti non si va da nessuna parte! Sopra sembra meglio, e duro. Le tacche non son nette, i cliff non tengono. Domani viene su Damiano e proveremo a proseguire…

Dopo una giornata di sforzi la via ha preso forma. Ed ho raggiunto quei diedri della misteriosa via artificiale che volevo raggiungere, che erano il mio obiettivo, perché li volevo provare a scalare in libera. I cordini ed i cunei di legno erano quasi sbriciolati dal tempo, sicuramente è qualcosa che esiste dalla prima metà degli anni settanta. Nell’ultimo tiro ho battagliato con un grosso ciuffo d’erba che mi impediva di passare, e non riuscivo a proteggermi. Come qualche volta mi è capitato, ho dovuto piantare le unghie nella terra, l’erba pungente in faccia, il cuore in gola…

Ora c’è anche il nome, Damiano l’ha trovato, e si può pubblicare la nuova via. Ieri, con Cecilia, sono riuscito anche a liberarla. Forse ai ripetitori piacerà molto, forse non piacerà per niente. Ma per me era ormai una questione di principio trovare la mia via tra quei tetti dove solo Isidoro Meneghin era riuscito a passare a suon di chiodi e staffe. Altri tempi, eppure era stato proprio lui ad insegnarmi i segreti dell’A3! Insegnava l’arte, ma non troppo, qualcosa teneva sempre per lui… Isidoro non si preoccupava di certo dei ripetitori, lui la sapeva lunga! Forse erano proprio altri tempi!

di Maurizio Oviglia


SCHEDA: Rataplan, Parete della Grande Ala, Valle dell'Orco




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