Swami Muztaghata, un'esperienza di slackline a 5000m

Il report, scritto da Alessandro d'Emilia ed Armin Holzer della loro spedizione allo Muztaghata in Cina per fare slackline oltre i 5000m.
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Slackline a 5000m
© A-Team
Armin Holzer: All'inizio dell'inverno scorso Massimo Braconi, il Brac, mi ha parlato del suo progetto di partire per una spedizione in Cina: salire il Muztaghata 7580m, la seconda vetta più alta del Pamir, con gli sci. In un primo momento ho avuto qualche perplessità per l’altezza e i problemi dovuti all'alta quota ma sono state subito superate dalla curiosità e l’interesse per una nuova avventura, una chance per imparare nuove cose. Senza pensarci molto, mi sono convinto in pochi giorni. Si sono aggiunti a noi anche Alessandro d'Emilia, Davide Cusini, Tamara Lunger e il parrucchiere della val Passiria Paul Augscheller. Per me ed Ale è stato da subito chiaro che avremmo portato con noi la slackline visto che è la nostra migliore amica, e sappiamo che ovunque andiamo lei ci tratta bene! Abbiamo studiato un attrezzatura e un assetto essenziale per una slack max 30m. "Chi più alte sale più lontano vede, chi più lontano vede più a lungo sogna" Il motto di Walter Bonatti ha fatto crescere in me molti sogni. E’ nata così l'idea di tentare una highline in alta quota. Eravamo sicuri che funzionasse ma il fatto che per ora ancora nessuno avesse provato a farlo ci rendeva scettici. In realtà lo scetticismo, in seguito, ci ha motivato ancora di più: volevamo essere come grandi uccelli che volano liberi tra quelle alte cime.

Alessandro d'Emilia: Il 9 giugno siamo partiti verso Islamabad facendo scalo ad Abu Dhabi. Ho pensato subito fossimo una compagnia allegra e tutti ci siamo trovati d'accordo e simpatici l’un l’altro come se ci conoscessimo da sempre. Arrivati in Pakistan ci accoglie la nostra guida Aslam e insieme ci portano in hotel con un minivan. Il giorno dopo ci siamo organizzati per la prima parte di viaggio attraverso il Pakistan per raggiungere il confine cinese. Dopo aver controllato tutto il materiale, la nostra guida ci porta a un belvedere su Islamabad. C'era una piazzetta, 2 alberi. Con una vista spettacolare abbiamo teso una mini-slackline in compagnia dei pakistani curiosi. Sguardi timidi all'inizio ma dopo qualche momento anche loro si sono fidati a fare i primi passi sulla slack. E’ stato interessante vederli e parlare con loro, divertiti dalla faccenda. A volte basta una semplice fettuccia di nylon tesa tra due alberi per rompere il ghiaccio, e addirittura avvicinare, due culture … E’ stato un momento molto profondo, che ci ha messo di buon umore e ci ha fatto capire di essere sulla strada giusta...
Dopo una sfacchinata di 5 giorni attraverso la Karakorum Highway , circa 800 km in 35 ore di bus, arriviamo al confine con la Cina. Prima di farci entrare hanno disinfettato il bus e controllato minuziosamente ogni bagaglio. Terminate le procedure, eccoci finalmente in territorio cinese. La prima notte la passeremo in una tenda locale chiamata Jurtha, sulle rive del famoso lago Karakol, circa 3700m, alle pendici del Mutztaghata. Siamo stanchi ma non resistiamo alla tentazione. Apriamo gli zaini e in pochi minuti allestiamo una slack fra due massi… Siamo, in tutti sensi, senza fiato. Per via dell’aria sempre più rarefatta, e per lo spettacolo che abbiamo davanti, circondati da montagne e da colori mai visti prima...
Camminando sulla slack, percepiamo i primi effetti dell’altezza: il respiro in questa disciplina è un elemento fondamentale. Ci siamo subito accorti che respirare tranquilli richiedeva una concentrazione notevole, anche se più faticoso, molto utile per acclimatarsi divertendosi. Non aspettavamo altro: finalmente avevamo i primi riscontri - positivi - dall'esperienza di camminare in equilibrio su una fettuccia a quasi 4000m...

Armin Holzer: Prima di addormentarci nella Jurtha, Brac compie un rito propiziatorio molto importante per tutti. Mette ad ognuno di noi , attorno al collo, una collana di gemme di granato, una locale ricchezza, in segno di amicizia, rispetto e buon auspicio. Felici e rilassati ci addormentiamo per svegliarci all’alba in piena forma e sempre più eccitati: la meta ora è
il campo base del Muztagh, a 4350 metri. Dopo circa due ore di cammino, giunti al campo, iniziamo a montare e ad organizzare la nostra piccola dimora per i successivi 15 giorni. Nei primi due giorni mi sentivo molto bene, e, sempre con molta calma, ho camminato nei dintorni del campo base per acclimatarmi meglio. Il terzo giorno però mi sono svegliato con nausea e mal di testa e ho vomitato. L'aria sottile mi ha fatto soffrire tutto il giorno. "Magari stavo iniziando a rilassarmi troppo presto " mi sono detto tra me e me. Il giorno dopo Ale ed io siamo comunque partiti per il campo 1, 5350m. Partiamo presto sapendo che l'ascesa sarebbe stata lunga, ma dopo circa 600m di dislivello Ale si sente male…

Alessandro d'Emilia: Una bufera ci ha sorpreso per qualche momento. Abbiamo dovuto accelerare il passo perché sapevamo che poco più su c'era la tenda montata precedentemente da Davide e Brac dove avremmo potuto trovare riparo. Arrivato alla tenda con un gran fiatone ho iniziato a percepire una pressione fortissima alla nuca, sentivo il cuore che batteva forte, senza tregua martellava. A differenza di Armin, non ero stato bene fin dai primi giorni. Mi pulsava forte la testa facendo diventare ogni cosa più difficile da gestire. Dopo circa un oretta di riposo decido che è meglio tornare giù, saluto Armin che parte per attrezzare il campo 1 e io mi godo la sciata fino al campo base. Qui ho avuto l'occasione di rilassarmi, mangiare una buona zuppa calda e assaporare le luci del tramonto. "Anche se sei tornato giù, stai sereno" mi sussurravo prima di prendere sonno – “vedrai che la prossima volta andrà meglio"

Armin Holzer: Gli ultimi metri di dislivello li ho fatti con qualche chilo in più dovuto alla tenda e pian piano sono arrivato fino al campo 1. Tanta fatica mi ha regalato un bellissimo tramonto. "Che romantiche le montagne" ho pensato. Dormito bene da solo in tenda, alla mattina son salito ancora in quota per continuare con l'acclimamento. Mi sono fermato circa a 5800m e poi sono tornato al base camp facendo una delle più belle sciate della mia vita. Al campo base purtroppo brutte notizie: le previsioni meteo davano brutto tempo e 1m di neve in due giorni: "perché non sono salito subito a dormire al campo 2?”, mi son detto, scocciato. Mi sarei acclimatato meglio, forse. Ma avrei corso dei rischi. Da solo a quell'altezza, in mezzo alla zona dei crepacci, sarebbe stato come giocare alla roulette russa, sarebbe stata ingenua follia. Molto meglio tornare giù e riunirmi ad Ale. Alla fine, siamo rimasti bloccati al campo base per 4 giorni, ma ci siamo riposati e anche un pò divertiti. Abbiamo teso una slackline su un laghetto poco distante. Divertiti ma allo stesso tempo acclimatati in un modo decisamente originale. Il resto del tempo ho fatto cappellini all'uncinetto e ho letto.

Alessandro d'Emilia: Finalmente il tempo migliora e decidiamo di concentraci al 100 per 100 sul' highline! Dopo tutto, siamo qui per questo. Avevamo calcolato circa 15 giorni per salire in vetta e per compiere la traversata. Purtroppo il brutto tempo ci ha tolto qualche giorno. Davide e Brac, saliti prima di noi, ci indicano un bel posto per l'highline e in breve prendiamo la difficile decisione: meglio rinunciare all’ascensione in vetta e concentrarci sul nostro progetto. I cinque giorni rimanenti non sarebbero bastati e portare a termine entrambi sani e salvi. Chiediamo aiuto a Davide e Brac per portare tutto l'equipaggiamento necessario all' highline a 5000m e noi avremmo ricambiato aiutandoli a portare il loro materiale fino al campo 2. Da lì noi saremmo tornati giù alla slack mentre loro avrebbero proseguito per la vetta. Dopo il deposito a 5000m ricomincia la nostra scalata verso campo 1. Forniti di 3 moschettoni, qualche kevlar e slack, volevamo sfidarci all'ultimo respiro camminando sulla fettuccia a 5350m. Secondo test superato alla grande. La mattina dopo partiamo alla volta del campo 2 con Davide e Brac assieme all’austro-polacco trio, composto da Paul Guschlbauer, Matthias Aberer e Philippe Jagla. Eravamo quasi a 5900m quando ci sorprende una tempesta, tuoni e lampi illuminavano il cielo scuro. Si percepiva l'elettricità nell'aria, strani rimbombi e i capelli in testa erano dritti! i piedi formicolanti, scosse lungo la schiena, mal di testa. Con le giuste considerazioni sul caso, ritorniamo al campo 1. "Meglio essere sani e salvi piuttosto che fulminati", abbiamo pensato, anche se un po’ demoralizzati.

Armin Holzer: Passata la bufera Ale ed io scendiamo con gli sci fino allo spot dell' highline che avevamo adocchiato, a circa 5000m. Qualche bella curva con assetto spedizione: gli scarponi d'alta quota Millet Everest, sci Nordica 165 strett e leggeri, attacco Silvretta. Le condizioni sono fantastiche: 20 cm di polvere, sole. Super sciata, ma il corto raggio non basta…. scendiamo alla "sbrega ballon" con zaino pieno e curve da "super g". Alla fine, siamo entrambi senza fiato. “Ma ne è valsa la pena - ci diciamo - era impensabile non scendere forte". Organizziamo il campo base sotto la slack e prepariamo la cena: antipasto di speck e pane duro, polenta con sgombro e salsa piccante. Siamo di nuovo in forma ed una bella dormita è tutto ciò che ci serve per svegliarci belli carichi, la mattina dopo, con la voglia di montare l' highline. Prima di tutto, le necessarie valutazioni locali dello spot. Da una parte spicca un'evidente torre, ottima per metterci una fettuccia in torno, ma raggiungerla non è stato poi così banale! Pur essendo abituati alla roccia friabile delle Tre Cime ed in generale delle Dolomiti, abbiamo incontrato qualche difficoltà ad arrampicarci sulla roccia del ghiacciaio, molto marcia e assolutamente vergine! Nonostante qualche presa ci resti in mano, finendo poi con un tonfo nella gola di neve sottostante, raggiungiamo la cima della torre. Allestiamo sia la slack che la corda di sicurezza con molta, moltissima attenzione. Ci caliamo e saliamo dall'altra parte. Ma siamo in crisi: davanti a noi niente di più che una piazza con circa 1m di neve e nessun altra possibilità di ancoraggio. Io e Ale ci guardiamo perplessi e sgomenti. Che si fa? Decidiamo di pensarci su e per riflettere con calma ci prepariamo un bel thè alla frutta e uno spuntino di frutta secca.

Alessandro d'Emilia: La frutta… dà i suoi frutti: decidiamo di usare tutto quello che abbiamo con noi: sci, bastoni, pale. Scaviamo dei buchi nella neve a 10 - 15 m di distanza dal punto dove sarebbe partita la slack. L'idea di ancoraggio usando il sistema dei "corpi morti" ci sembra buona, sicura e soprattutto, l'unica possibile! E’ oramai sera quando ammiriamo il risultato delle nostre fatiche: una slack di 20m a 4950 metri di altezza, 150m sopra la lingua di picchi di ghiaccio che scende lungo l' imponente valle del Muztaghata, il "padre delle montagne ghiacciate". Una slack naturale, senza spit ne chiodi. Siamo stanchi. Spalare a questa altezza, così come compiere qualsiasi altro sforzo non è facile. Devi calibrare bene le tue forze e non dimenticarti di bere, mai!
Decidiamo di aspettare a percorrerla. Pensiamo sia meglio farlo l'indomani mattina presto, belli riposati, e con la neve ghiacciata dalla notte. Osserviamo l’ennesimo tramonto mozzafiato, e mentre ci vestiamo di piume ci sentiamo pervasi di nuova, positiva energia: dopo tante sofferenze, fatiche e delusioni abbiamo ritrovato l' Highline Spirit! Che non è quello di correre veloce e ad ogni costo in cima ad una montagna ma andare in posti - e assaporarli in tutta la loro freschezza - dove mai nessuno probabilmente è mai stato. Come questa terrazza d'onore dove ora ci troviamo, circondati da uccelli che ci guardano stupiti e forse curiosi, mentre si fanno cullare dalle forti termiche. Liberi e coccolati dal vento, anche loro si godono insieme a noi questo momento di passione vitale. Siamo super motivati. Usciamo dai nostri sacchi a pelo e dopo una ricca colazione siamo ai piedi della slack, pronti per la sfida. Il vento si fa sentire, ci accompagnerà, con le sue carezze, nella traversata. Ultimo interrogativo: con le scarpe o senza scarpe? Scalzi, naturalmente.

Armin Holzer:
Salgo per primo sulla slack, il solo sedersi su questa rossa fettuccia mi stordisce. Io sono qua, appeso a 5000 metri, vedo e percepisco tutto. Mi sento nervoso, e infatti dopo pochi passi, vado giù. Decido di mollare e aggrapparmi alla slack. Una esperienza che ho provato migliaia di volte, ma qui è diverso. Faccio fatica a risalire, e la paura che il sistema non tenga c’è. Aumenta la tensione. Ma Ale, dall’altra parte, è tranquillo e mi sorride: "Dai, è tutto preciso, è solo una slack un po’ corta". Riparto subito, di nuovo carico, per farla
tutta avanti e indietro. La fune è morbidissima, il vento freddo mi sferza il viso e mi solletica le dita dei piedi… passo dopo passo attraverso tutta la gola e raggiungo la torre. Sono solo 20 metri, ma a me sembrano 2 chilometri. Tremo tutto, sono senza fiato e sento i polmoni incandescenti. Un attimo di riposo per riprendere concentrazione e riparto subito per il percorso di ritorno. Arrivo dall'altra parte, alzo le braccia al cielo e mi inginocchio. "è fatta”, mi son detto. Il nostro urlo liberatorio però è diverso dal solito. Come è diverso il
nostro abbraccio. Più lungo e forte. Sono euforico. Guardo Ale e gli dico: " daghene vecchio, la fai tutta al volo, sei forte sulle highline corte…".

Alessandro d'Emilia: Sorrido all'esclamazione di Armin e mi preparo alla camminata. Sciolgo tutti i muscoli saltellando, qualche respiro profondo e mi tolgo gli scarponi caldissimi. L'aria è sottile e fredda, i piedi si seccano subito, meglio partire in fretta prima di raffreddarsi troppo. I primi passi sono i più difficili. Ma sento subito un buon feeling con la slack, non ho alcuna intenzione di mollare. Arrivo dall'altra parte. Incredulo, tremolante, ma arrivo. Per camminare ripetevo in me: "La passione nel cuore, la mente libera, la mente libera la passione nel
cuore, la passione nel cuore libera la mente". Una sorta di mantra che nei momenti più impegnativi di questa spedizione mi ha aiutato a trovare l'armonia con quello che stavo facendo. Qualche minuto di relax e cammino il ritorno. Armin mi accoglie con un gran sorriso, giungo le mani al petto e mi sdraio, esausto, sulla neve fresca.
All’improvviso, come una magia, mentre ci riposiamo, appare un’aquila e comincia a svolazzarci sopra. Le ricchezze della vita. Abbiamo camminato ancora qualche giro sempre emozionati ma più calmi. In breve smontiamo tutto e scendiamo al base camp sciando con lo zaino di 35kg. Dopo 4 giorni passati in alto sulla montagna ci sentivamo di nuovo a casa.
Finiamo la giornata celebrando la fatica fatta con una birra cinese imbevibile e allo stempo deliziosa. Nel frattempo hanno fatto ritorno dalla cima prima Paul, con il naso ghiacciato, poi anche Tami e Brack. Il nostro gruppo variopinto è di nuovo unito. Ma i festeggiamenti al campo base durano poco…lo spazio di una notte.
Il giorno dopo siamo già in cammino verso casa. Un lungo viaggio attraverso il Pakistan, con tappa di due giorni nell’ accogliente villaggio di Karimabad, nella valle di Hunza. Qui ci hanno presentato una persona, si faceva chiamare Re di Hunza. Con Sua Altezza la Regina e il Re ci siamo perduti in una lunga notte di danze locali e piatti tipici. Abbiamo naturalmente fatto slack anche nel giardino del Re assaporando le sue buonissime ciliegie che così grandi non le avevamo mai viste neanche qui da noi… figuriamoci a 2300m d' altezza.

Alessandro  e Armin:
Ripensiamo all’aquila. E stata, per noi, ispiratrice per il nome che abbiamo scelto di dare alla Highline: "L 'aquila bianca". Chissà cosa avrà pensato, vedendoci camminare su un filo sotto di lei. Aver camminato la slack tra tanta neve davanti a una spettatrice così speciale e stato come un sogno che non avremmo mai potuto realizzare se non fossimo saliti così in alto. Ringraziamo Walter Bonatti per il suo motto motivante, Massimo Braconi che ci ha aiutato molto e ci ha aperto le porte di una nuova dimensione, tutti gli amici e gli sponsor per il supporto.

- Monte Piana Highline Meeting in Dolomiti




Team:

Massimo Braconi, Tamara Lunger, Davide Cusini, Paul Augscheller, Armin e Alessandro;
photo copyright: Matthias Aberer, e il team della spedizione;

Slackliner:
Armin Holzer, nato a San Candido il 16 agosto 1987. Atleta nordica, maestro di sci, membro del soccorso alpino di Sesto in Pusteria
Alessandro D'emilia, nato a Roma il 10 settembre 1988, residente a Misurina, nelle Dolomiti. Maestro di sci, telemark, membro del soccorso alpino di Auronzo di Cadore.
Con Armin e in seguito Aldo Valmassoi è nato l'A team. Un team compostro da tre amici, tre A, tre passioni : sci, slackline, arrampicata.






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