Fitz Roy, importante nuova via sulla parete est per Ackermann e Lerjen-Demjen

Sulla parete Est del Fitz Roy in Patagonia lo svizzero Michael Lerjen-Demjen e l'argentino Jorge Ackermann hanno aperto in stile alpino la via Un Mar de Suenos (1200m, 7a, A3, M4).
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Un mar de suenos! (Jorge Ackermann, Michael Lerjen-Demjen, 1200m, 7a, A3, M4, 14-17/11/2012)
Lerjen-Demjen
Dopo il primo tentativo in inverno - un momento descritto dai protagonisti, lo svizzero Michael Lerjen-Demjen e l'argentino Jorge Ackermann, come "una delle esperienze più importanti della nostra vita" - dal 14 al 16 novembre la cordata svizzera-argentina è riuscita nell'intento di aprire una nuova via sulla parete est del Fitz Roy. 28 tiri nuovi, che si sono innestati sulle ultime 6 lunghezze della via Ferrari (Casimiro Ferrari e Vittorio Mele, 1976), aperti dal basso in stile alpino, con due bivacchi in parete, senza corde fisse e senza l'uso di spit, per Un Mar de Suenos, un mare di sogni. Ovvero un'importante nuova linea, bella e difficile e con un’etica d’apertura di tutto rispetto, che dà il via ufficiale alla nuova stagione in Patagonia.


UN MAR DE SUENOS! UN MARE DI SOGNI! di Michael Lerjen-Demjen

Ci sono pochi momenti nella vita in cui tutto fila liscio, dove puoi dare tutto, e tutto è dalla tua parte, dove è possibile fare delle cose importanti, dove riesci a realizzare il tuo sogno! Ma con questa via ci siamo riusciti! Abbiamo dato tutto e anche un po' di più, abbiamo tentato e abbiamo fallito, abbiamo imparato e abbiamo fatto progressi, ma non ci siamo mai dimenticati della nostra etica! Abbiamo superato le nostra paure e creduto in noi stessi, lavorando in armonia come una squadra, ci siamo dati una mano a vicenda, lottando e ridendo assieme, ci siamo congelati e abbiamo sudato! Abbiamo vissuto l'estate e l'inverno, abbiamo investito ogni attimo in questa linea! Un mar de suenos, un mare di sogni, un nome perfetto per un grande sogno che si è avverato. Un mare di roccia in cui abbiamo trovato la nostra via ed un sogno che ci ha motivato!

Nel momento in cui abbiamo messo piede in vetta, e mentre le lacrime ci scendevano sulle guance, non c'erano spettatori, nessuna telecamera, soltanto il nostro team, 2 ragazzi che avevano dato tutto! Ma anche qui, in questi momenti, il nostro sport è così diverso da tanti altri, non c’è tempo per goderselo appieno, no, sei soltanto a metà strada, a metà del successo, soltanto un breve attimo che poi viene subito rimpiazzato dalla concentrazione! La discesa lungo una via finora mai ripetuta ci è costata energia, e quando dopo 24 ore di fila sei finalmente arrivato, allora devi subito pensare a fare gli zaini e scendere a valle, devi camminare per altre 4 ore e poi finalmente torni alla civiltà, ma sei troppo stanco per celebrare perché è da 36 ore che sei in piedi! Eppure è esattamente questo che rende l'alpinismo così unico, così affascinante, così incredibilmente onesto! Bisogna dire tutto questo sin dall'inizio, perché appartiene all'alpinismo quanto le difficoltà stessa di una via!

Quando abbiamo iniziato il nostro terzo tentativo, sapevamo che sarebbe anche stato l'ultimo, e purtroppo non è neanche iniziato bene! Abbiamo raggiunto il Passo Superiore dove avevamo depositate le nostre corde in inverno, ma purtroppo non c'erano più, nemmeno il martello ed i chiodi di cui avevamo bisogno. La via era bianca come la neve, la nostra motivazione era svanita, siamo scesi disperati. Ci balenava l'idea di lasciar perdere tutto, ma poi abbiamo deciso per un ultimo tentativo.

Martedì 13 novembre siamo ripartiti nuovamente per il Passo Superiore, ci siamo detti che se per qualche motivo non fosse andato a buon fine, allora sarebbe stato destino! Al Passo Superior abbiamo dormito una mezza giornata, tranquilli, entrambi persi nei propri pensieri. Quando ha suonato la sveglia alle 3 di mattina del 14 novembre, tutto ci è sembrato facile, siamo riusciti a salire velocemente la parte bassa nonostante la sezione difficile e abbiamo raggiunto l’inizio dei tiri chiave con un mezz'ora di anticipo. Il ritmo era dalla nostra parte, tutto è filato liscio, era difficile ma questa volta ha funzionato tutto e dopo 12 ore abbiamo raggiunto il Ledge of Hope, la cengia della speranza. La differenza rispetto all'inverno era enorme e siamo persino riusciti a salire qualche sezione in libera! Bisogna poi dire che aveva nevicato e il vento aveva soffiato, che quel giorno nessun altro team arrampicava e nessun'altra via sarebbe stata fattibile: il vento soffiava a 100 Km all'ora sopra le nostre teste, ma anche se giù dov'eravamo obi faceva freddo, non si muoveva una foglia! Ci siamo arrangiati sulla stretta cengia e, appesi agli imbraghi, alle 10 ci siamo mezzo addormentati.

Siamo ripartiti presto il 15 novembre, alle 8 e da lì in poi affrontavamo terreno vergine. Era tutt'altro che facile! Una difficile arrampicata in artificiale ed un pendolo ci hanno permesso di proseguire ed ecco, anche se la parete era ancora molto ripida, siamo riusciti a fare dei progressi. Alle 10 di sera abbiamo raggiunto il nostro secondo bivacco e quando ci siamo addormentati all’una di notte nell'aria girava un po' di euforia! Sapevamo però che la cima era ancora distante, la discesa ancora più lunga e che dal 17 novembre il tempo sarebbe peggiorato.

Così siamo partiti il 16 novembre già alle 6 di mattina, la parete era meno verticale e siamo saliti in velocità. Dopo alcuni tiri abbiamo raggiunto la via Ferrari, ci sembrava l'unica linea logica ma qui abbiamo commesso il nostro unico errore, sottovalutando gli ultimi metri! Abbiamo lasciato tutta la nostra attrezzatura lì per poi scendere in doppia lungo la via Ferrari, pur sapendo che questa non aveva nessuna ripetizione! Così abbiamo continuato soltanto con un minimo di materiale, ma come si è poi rivelato, questi tiri sono tutt'altro che facili, le uniche sei lunghezze su tutta la nostra via che erano già state salite ci hanno richiesto tutto! Nel sesto tiro, Ferrari era salito verso destra, noi invece abbiamo rischiato e siamo saliti lungo un sottile strato di ghiaccio e del delicato misto e siamo stati premiati: alle 17:30 del 16 novembre Lerjen Michael e Jorge Ackermann erano in cima al Fitz Roy. Dopo una breve pausa abbiamo subito iniziato la calata! La via Ferrari è l'esatto contrario della nostra via, ci sono vecchie corde e chiodi ovunque, ma non vogliamo lamentarci perché questi ci hanno permesso di orientarci! Abbiamo piantato ogni sosta a mano e abbiamo usato le corde ed i chiodi per raggiungere in sicurezza, dopo 40 calate, la base della parete. Il tempo era volato e così, dopo esattamente 24 ore, alle 6 di mattina eravamo nuovamente al nostro materiale alla base della via.

Avevamo salito 28 nuovi tiri, fatto la prima ripetizione di 6 tiri, siamo stati il primo team ad aver aperto una via in puro stile alpino sulla parete est del Fitz Roy, senza aver piantato un unico spit. Abbiamo lasciato lì soltanto il nostro sogno! Un via nella quale, nella parte bassa, si trovano 8 nut nelle soste, mentre nella parte alta ci sono 3 nut ustai per il pendolo. Non abbiamo lasciato tracce e questo era il nostro obiettivo, una via in puro stile, pulito e bello! Tornati al Passo Superior, abbiamo fatto gli zaini e abbiamo raggiunto dopo 32 ore El Chalten!

Info:
- La via è stata aperta in stile alpino e nonostante i vari tentativi effettuati non è rimasto nessun chiodo né nut dei precedenti tentativi. Ogni tentativo è partito da capo, offrendo le stesse condizioni come la prima volta.
- Nessuno spit
- La via è stata aperta alternando il capo cordata
- Lunghezza: circa 1200m, 28 tiri nuovi + 6 della via Ferrari
- Difficoltà: 7a, A3, M4
- Date: 14-17 novembre 2012
- Team: Jorge Ackermann 26, Bariloche, Argentina, Michi Lerjen, 27, Zermatt, Svizzera


Patagonia Winter


Note:
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