Master di Medicina di Montagna dell'Università dell'Insubria, intervista al dott. Luigi Festi

Intervista al dott. Luigi Festi ideatore e coordinatore del Master Internazionale di 2° livello in Medicina di Montagna, un'iniziativa che si pone all'avanguardia in Italia e Europa.
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Esercitazioni di elisoccorso in montagna
Soccorso Alpino Stazione di San Vito di Cadore
Tra pochi giorni, il 6 febbraio, inizieranno le lezioni del Master Internazionale di 2° livello in Medicina di Montagna, indirizzato a medici ed odontoiatri, organizzato presso l’Università dell’Insubria in collaborazione con l’Institute of Mountain Emergency Medicine, diretto da Hermann Brugger, che fa capo ad EURAC di Bolzano.
Ideatore, coordinatore e direttore internazionale del Master è il dott. Luigi Festi, chirurgo generale e toracico. Si tratta della prima esperienza di questo tipo in Italia e seconda in Europa, ed ambisce a diventare, grazie ai criteri di selezione e di conseguimento del diploma, punto di riferimento a livello internazionale.
Esistono al momento solo Corsi di Perfezionamento in Medicina di montagna - in Italia il più conosciuto ed autorevole è istituito presso l’Università di Padova - che hanno durata più breve, due settimane in genere, e con numero di ore di lezione certamente inferiore.
Come tutti i Master il nostro si articola nel corso dell’anno per un totale di 1500 ore, di cui circa un terzo di lezioni e tirocinio pratico.
Il corpo docente proveniente da tutta Italia e dall’Europa, sarà composto da medici di fama internazionale ma anche da alpinisti, scrittori, registi, componenti del Soccorso Alpino Italiani e stranieri, nell’intento di garantire una formazione il più ampia e completa possibile a medici che diventeranno medici di spedizione e saranno in grado anche di organizzare sul territorio, ambulatori di medicina di montagna.

Abbiamo intervistato il dott. Luigi Festi per capire questa iniziativa e le sue linee guida:

Di cosa si occupa la medicina di montagna e perché un corso di super-specializzazione come un Master?
La medicina di montagna si occupa di tutte le problematiche cliniche legate alla frequentazione dell’ambiente alpino. La parte predominante è legata sicuramente al fattore altezza e alla conseguente mancanza di ossigeno, quindi alle condizioni cliniche determinate dall’ipossia moderata o grave sia a carico dell’escursionista o alpinista sano, sia in quello affetto da patologie cliniche croniche, siano esse cardio-vascolari, respiratorie, metaboliche. Tale campo medico è sempre stato, negli anni scorsi, considerato di nicchia e di scarso valore. ì Ultimamente però, per i cambiamenti climatici, per la riscoperta da parte dell’utente comune della cosiddetta wilderness nelle nostre Alpi, ma soprattutto in territori extraeuropei, l’interesse verso questo aspetto specifico è andato via via aumentando. Come conseguenza della crisi economica poi, e del bisogno di ritrovare sobrietà e semplicità, sempre più pubblico si avvicina ai rifugi e all’escursionismo in quota, spesso senza avere, non solo la cultura ambientale necessaria, ma anche sottovalutando le proprie condizioni fisiche e psicologiche. Ecco perché è nata l’idea di organizzare per la prima volta un corso che, con severo training teorico e pratico, anche sul campo, possa formare medici in grado di assistere e prevenire in caso di incidenti o malori.

Come si colloca quest'iniziativa rispetto al Soccorso alpino?
Non è assolutamente un sovrapporsi all’attività di soccorso alpino, ma la possibilità di integrarlo ed anzi di prevenirlo, e credo che questa necessità diventerà sempre più significativa nel prossimo futuro. E’ di questi giorni la notizia angosciante e deprimente del drastico taglio ai finanziamenti al Soccorso Alpino del CAI. La prevenzione quindi, al di là di ogni giudizio in merito, diventa parte fondamentale del soccorso stesso. E ancora, quante volte nel mio ruolo di chirurgo toracico mi sono sentito chiedere, dopo interventi per pneumotorace spontaneo o dopo interventi al torace in genere “dottore posso andare in montagna? E fino a quale altezza?”. La possibilità di allestire un ambulatorio che si occupi di queste problematiche (in Italia sono ancora troppo pochi) ed in grado di eseguire test clinici ed esami mirati penso possa rappresentare il futuro della medicina non solo di montagna, ma in generale di tutta l’attività clinica.

Quali i problemi e le difficoltà nell'organizzazione di un'iniziativa come questo Master?
Organizzare un Master Internazionale in Medicina di Montagna, tanto più se è il primo, comporta ovviamente una serie di problemi, culturali, logistici ed economici. Devo dire che l’adesione da parte dei futuri docenti al corso, è stata per lo più entusiastica ed incondizionata. Molti di loro sono stati di grande aiuto anche nell’organizzazione della parte teorica e logistica sul campo; quest’ultima vede coinvolti alpinisti ed istruttori famosi in tutto il mondo. I loro consigli e la loro professionalità sono stati ulteriore spinta soprattutto nei momenti difficili. E l’emozione più grande è stata riscontrare l’umiltà e la modestia di personaggi conosciuti anche al grande pubblico non esperto, che si presteranno in cambio di un “gettone” simbolico, ad elargire la loro esperienza, coinvolti con entusiasmo in questo progetto.

Chi ci ha creduto e quanto è stato difficile trovare partner per il progetto?
Siamo in un momento economico e sociale particolare, ed è davvero molto difficile convincere e coinvolgere in una iniziativa nuova e per certi versi rischiosa, patrocinatori e soprattutto sponsor economici. E’ difficile trovare oggi persone “illuminate” che ci credono, che credono nella cultura e nell’ambiente e nella montagna. Per tale motivo se mi consenti vorrei citare alcune persone che più di altre ci hanno creduto e ci credono, ad iniziare dall’Ente Ospedaliero Cantonale del Canton Ticino nella figura del Direttore Dott. Fabrizio Barazzoni, a seguire il Club Alpino Svizzero Sezione Ticino nella persona di Giovanni Galli il suo presidente, caro amico, in una collaborazione trans-frontaliera che testimonia una fiducia nella collaborazione reciproca, che è ancora più auspicabile nel segno della montagna che unisce. Aiuto culturale importante è arrivato anche dal CAI nella persona del Presidente Umberto Martini e dalla Commissione Medica del CAI nella figura del Presidente Adriano Rinaldi, e soprattutto dall’Università degli Studi dell’Insubria nella persona del Magnifico Rettore Prof. R. Dionigi, mio maestro di chirurgia. E poi gli sponsor economici, che risultano alla fine fondamentali e indispensabili nella realizzazione del corso: Paolo Belloni di Ethicon di Johnson & Johnson Company, Marziano Balzarini di Elicotteri Agusta, Massimo Poli di Beta80 Group, Riccardo Milani di Scarpa, Giuseppe Spadaro e Giorgia Vitali di Mountain Hardwear, sponsor tecnico, e Polartec. Un grazie al loro contributo appassionato ed entusiastico in un momento estremamente difficile, ma per certi versi, credo, ancora più stimolante.

Quali sono le domande a cui hai dovuto rispondere nel presentare quest'iniziativa?
La prima domanda che mi è stata posta nel momento della decisione di organizzare il Master è stata: ma perché e per chi? I perché mi sembra di averli adeguatamente illustrati, il per chi: per medici, gli iscritti sono 13, appassionati di montagna, di spazi e grandi altezze che desiderano affiancarsi e garantire sicurezza a quanti, alpinisti, trekkers, professionisti della montagna, ed anche solo escursionisti della domenica si recano in ambiente alpino. Il poterlo fare con medici in grado di prevenire e spesso risolvere problemi clinici in situ, penso sia valore aggiunto; il poterlo fare poi dopo essersi messi in sicurezza e con la capacità di poter operare consci della prospettiva dell’alpinista o dell’escursionista che viene soccorso, penso davvero rappresenti il fine e l‘obiettivo vero di questo Master.

Le novità di questo Master?
La presenza nel corpo docente, come già detto di medici e scienziati di fama ma anche di giornalisti, scrittori (mi piace pensare ad Enrico Camanni, Roberto Mantovani, Franco Brevini, firma importante del Corriere della Sera o Michele Fazioli, giornalista principe della televisione della Svizzera Italiana) e di alpinisti come Simone Moro o Ueli Steck che i lettori di Planetmountain conoscono molto bene, per citarne solo alcuni, o di Angelo Valsecchi, svizzero, naturalista di fama internazionale, testimonia di quella comunione di intenti, di quella sinergia, che deve esistere tra il campo medico e quello professionale, culturale, scientifico e ambientale della montagna. Altra novità è quella di mettere al centro Varese e la sua piccola università, in un mondo che spazia dall’Austria, passando per l’Alto Adige, per toccare la Svizzera ed infine per arrivare fino a Chamonix passando dal Piemonte a dalla Valle d’Aosta.

In questi momenti di difficoltà fa piacere che le idee e l'entusiasmo continuino ad esistere...
Le difficoltà economiche per fortuna non intaccano le idee e l’entusiasmo, ed il mondo universitario anche se piccolo, riesce a farsi interprete di una spinta ad un cambiamento che si spera caratterizzi il prossimo futuro.

Quanta passione per la montagna c'è alle radici di quest'iniziativa?
Lo scopo come sempre è quello di andare in montagna, di godere della montagna nei suoi molteplici aspetti, in umiltà e sicurezza, senza mai dimenticare che l’uomo non potrà mai dominare l’ambiente ma potrà solo imparare sempre di più a conoscerlo e a conviverci come mi hanno insegnato Attilio Farè e Fabio Della Bordella, amici e guide di un percorso alpinistico e di vita meraviglioso, e a cui il Master è dedicato.

>> scarica il programma del Master di Medicina di Montagna dell'Università dell'Insubria





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