François Legrand e Yuji Hirayama, 50 giorni negli USA

François Legrand e Yuji Hirayama e i loro 50 giorni per le vie e le falesie più dure degli Stati Uniti
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François Legrand & Yuji Hirayama su Just do it 5.14c Smith Rock, USA
archivio Legrand
François Legrand e Yuji Hirayama e i loro 50 giorni per le vie e le falesie più dure degli Stati Uniti: un ‘trip’ che i due hanno affrontato al massimo. Impegnativo sia fisicamente sia ‘di testa’. Erano un team, e così hanno affrontato l’avventura: come una vera ‘spedizione’ dell’arrampicata sportiva. E’ stata una ricerca dei propri limiti che, probabilmente, ha raggiunto la sua punta tecnica con la 2a salita di Yuji su quella che forse è la via più dura degli U.S.A.: ‘Kryptonite’ 5.14d /9a a The Fortress (Colorado).

E' stato un viaggio che ha trovato spessore e forza nella ricerca e nella voglia di conoscere, scoprire e superarsi. Appunto, un 'pazzesco' trip psicologico, bello e impossibile... E’ questa la sensazione dominante di questo ‘diario di viaggio’ di François che, per chi sa leggere con attenzione, è anche un utilissimo report sul mondo verticale del pianeta U.S.A. e sull’arte di descrivere la roccia.


Testo di François Legrand
Dopo un mese e mezzo dal nostro atterraggio sul suolo americano, rieccoci di ritorno a Las Vegas. Ormai l’infortunio alla spalla, l'ultimo della serie, non mi da più chance. Fuori dal gioco e perciò molto dispiaciuto insomma, ma mi sforzo di dissimularlo: non voglio assolutamente demotivare Yuji, il solo, ora, ad essere ancora 'sotto pressione'.

Mancano quattro giorni alla fine del nostro lunghissimo tour attraverso le più belle e difficili vie degli Stati Uniti, e nei suoi programmi c’è ‘Ghetto Booty’ 5.14c/8c+ (la sua sarebbe la 2a ripetizione dopo la mia prima salita dell’estate scorsa). All’inizio tutto fila per il meglio e, dopo qualche giro speso a prendere le misure alla via, Yuji decide di partire per il suo primo ‘vero’ tentativo...

Ma ecco che vola sul punto più strapiombante. Adesso, per riprendere la roccia, deve salire a strattoni sulla corda. Tutto normale. Ma non per la corda che, appena mollata, gli si attorciglia attorno a due dita e, quando va in tiro, gliele schiaccia. E’ come una morsa. Risultato: distorsione del dito medio della mano destra. E anche per Yuji l’avventura è finita!

In compenso, però, finalmente possiamo riposare, fare shopping e godere delle 'follie' di Las Vegas… un po’ per dimenticare ma anche per spezzare quel ritmo indiavolato che ci ha accompagnato fino ad ora.

La nostra era una sfida allettante, ma anche ambiziosa (troppo ambiziosa?), dunque aleatoria! Ma anche se i risultati complessivi della nostra spedizione sono deludenti rispetto a quel che avrebbe potuto essere, abbiamo vissuto una bella avventura, anche umana. Una storia in cui i diversi attori si sono spesso aperti e, a volte, anche ‘scoperti’… il che ha sicuramente rinsaldato le nostre amicizie.

E comunque, alla fine della fiera, non ho veramente rimorsi perché ho la certezza di essere andato fino in fondo, di avere toccato i miei limiti fisici, mentali e nervosi… e di averli, a volte, anche oltrepassati! Quanto? Per capirlo forse occorre fare un passo indietro cominciando dall’inizio… dal nostro arrivo a Las Vegas, sette settimane fa.


1a tappa
Virgin River Gorge. Già l’11 aprile, il giorno dopo il nostro arrivo, si comincia a fare sul serio. Siamo in pieno ‘jet lag’, ma partiamo di gran carriera per Virgin River Gorge, obbiettivo: Necessary Evil 5.14 c / 8c+. E immediatamente, grazie ai 40° di temperatura, ci disintegriamo la pelle delle prime falangi! E' bastato un solo giro. Uno solo. Però durato più di un’ora! 'Blasphemy Wall', infatti, la prima sezione (di 40 metri) della via, è sì solo leggermente strapiombante ma in compenso ha prese tanto microscopiche e movimenti così complessi da estenuarti. Così il giorno dopo, ancora abbruttiti, la lasciamo perdere e ci buttiamo sulle vicine ‘Fall of Man’ 5.13 b/8a e ‘Don’t Call Me Dude’ 5.13 c/8a+, risolvendole ‘a vista’.

Passa il tempo e fa sempre più caldo, pur svegliandoci all’alba riusciamo a fare solo un tentativo al giorno su Necessary Evil. Allora, giocoforza, abbandoniamo la partenza diretta per ripiegare sulla versione più 'facile': ‘Route of All Evil’, un 5.14 a / 8b+ dichiarato, ma sicuramente 'non regalato' viste le poche ripetizioni che conta. Sono stato contento, quindi, di venirne a capo abbastanza in fretta! Ed è proprio su questa via (la provava anche lei) che abbiamo incontrato Liv Sansoz.

2a tappa
Yosemite. Il secondo appuntamento è con Yosemite e ‘Magic Line’ 5.14b/ 8c, la fessura più dura del mondo. Un programma che è rimasto solo nelle intenzioni: appena arrivati nel Parco siamo scappati per non rimanere intrappolati dalla neve... E' strano in primavera, ma ci ha investito un'autentica tempesta di neve.

Così la vicina Sonora ci ha accolti con le sue vie molto lunghe (fino a 40 metri) e strapiombanti. Un 7c+, un 8a e due 8a+ il nostro ‘bottino’ a vista. E' qui che, per caso, abbiamo anche incontrato Chris Sharma, di ritorno da sette mesi di viaggi in Asia. Ma con il bel tempo rieccoci ancora a Yosemite Valley, per una buona sessione di blocchi a Camp 4. L'ambiente, 'invernale', è stupendo: pieno sole e neve tutt’attorno!

3a tappa
Smith Rocks. Direzione Bend (Oregon), per 10 giorni in compagnia di Jim Karn e Brittany Griffith.
Scopro Smith Rocks per la prima volta e posso sottoscrivere l’eccezionale qualità della roccia di questa mitica falesia: vastità, vie superlative e varie, panorama splendido… E soprattutto l’incredibile Monkey Face: un monolite di gres rosa, rosso ed a volte anche violetto, alto circa 70 metri, con la cima - più larga della base - che assomiglia perfettamente alla testa di una scimmia!

Ed è proprio sulla parete sud della Monkey Face che passiamo gran parte del nostro tempo. Naturalmente a provare ‘Just Do It’ 5.14c / 8c+. E questa lunga via (40 m), poco strapiombante (esce solo 5 metri dalla base) ma molto tecnica, ci ha ‘portato via’ molto tempo e fatica. Dopo il caldo soffocante di Las Vegas e la neve di Yosemite, qui fa spesso bel tempo ma... costantemente freddo e ventoso. A far sicura si congela, e anche arrampicando sulla prima parte della via (un 8a+ di 30 metri, molto tecnico) non ci si riscalda affatto.

Per giunta le piccole tacche del passo chiave mi bucano il polpastrello dell’indice di entrambe le mani... Così devo arrampicare con le dita incerottate: mi sembra impossibile tenere quelle tacche con lo ‘Strappal’. Ma ci si abitua a tutto e riesco lo stesso ad arrivare molto in alto (all’ultimo movimento della sezione dura). Ed anche Yuji è vicinissimo a chiudere la via, ma cade nello stesso mio punto. Ora però il tempo è scaduto: ci siamo prefissi un programma di viaggio, e anche se con molto disappunto - soprattutto per non aver concatenato ‘la più bella linea degli Stati Uniti’ - siamo costretti a riprendere il cammino…

4a tappa
Logan Canyon. Salt Lake City (Utah). E' la volta del Logan Canyon che, con le sue vie non molto lunghe ma super-strapiombanti su grosse prese, ci propone un brusco cambio di stile rispetto a quello fin qui incontrato. Un po' di vie a vista per abituarci: qualche 7c / 7c+ ed anche un 8a+ (‘Slugg Fest’) per Yuji. Poi, gli ultimi due giorni, ci concentriamo su Super Tweak 5.14 b / 8c, la via di riferimento per questo livello negli U.S.A. Un buon banco di prova sia per la forza (la partenza e l'uscita sono quotate 7c di blocco), sia per la resistenza che serve nella parte mediana, e dulcis in fundo anche per la continuità necessaria per concatenare il tutto!

Dopo una buona 'seduta di lavoro', il passo chiave ci sembra accessibile. Il mio primo tentativo conferma quest'impressione. Cado, infatti, solo all’ultimissimo movimento per dei piccoli errori che penso di poter in seguito evitare. Ma un enorme 'Steak' al dito medio in un violento movimento su monodito ferma i miei tentativi. Fortunatamente, però, Yuji ribalta un po' la situazione chiudendo la via al suo ultimo giro, appena prima che calasse il buio.

5a tappa
Rifle
, Boulder, The Fortress. Colorado ovvero Rifle, Boulder e sopratutto The Fortress, la nuova “falesia estrema” con la famosa ‘Kryptonite’, gradata 5.14 d / 9a, forse la via più dura degli U.S.A., non ancora ripetuta dalla salita di Tommy Caldwell nel 1999.

La nostra prima visita a The Fortress è strana, e abbiamo proprio l’impressione di giocare ai pionieri. Innanzitutto facciamo un giro interminabile per trovare il sentiero, che è già di suo abbastanza lungo e faticoso: un’ora di avvicinamento, con l’ultimo tratto super-ripido e scivoloso! Poi dobbiamo scoprire le rare linee attrezzate (7 in tutto, di cui 2 progetti!) nell’impressionante barra di calcare fratturato: quasi un chilometro di lunghezza, fino a cento metri di altezza e... molto strapiombante! Per ora c'è solo una via sotto l’8a. Il potenziale però è enorme, soprattutto nell’alta difficoltà ma anche nei gradi medi. Ci sono delle linee futuribili di 70 m con più di 20 m di strapiombo! Il nostro ruolo di esploratori prosegue anche su ‘Kryptonite’. La troviamo molto sporca ed a tratti anche molto umida. Provandone i movimenti ci rimangono in mano molti appigli instabili, al punto che ci domandiamo se sia veramente la via giusta! La sera stessa verifichiamo minuziosamente tutte le foto di Tommy su Kryptonite: fiùu, non c’eravamo sbagliati!

Alterniamo The Fortress con Rifle la falesia più famosa del Colorado, ed ora un po’ meno di moda. A Rifle tutti possono trovare pane per i loro denti: ombra o sole, couennes o vie a volte interminabili (50 m). Dalle placche ai tetti passando per gli strapiombi più o meno pronunciati… Ma lo stile rimane sempre molto tecnico perché la roccia (un calcare quasi sempre di buona qualità) offre infinite possibilità (reglette, buchi, rovesci, quadrelli, mini-diedri o creste...) e richiede spesso delle posizioni complesse o permette di escogitare delle astuzie da cui dipende veramente il grado di una via. Agganci di tallone o punta, 'knee-bars' (incastri di ginocchia che richiedono spesso una speciale protezione, la 'knee-pad' o ginocchiera), riposi totali ('no-hands rest', cioè senza mani)... Tutto ciò rende arrampicare 'a vista' molto difficile ed il 'lavorato' particolarmente interessante.

Il primo giorno nel 'paradiso' di Rifle, mi si rompe un appoggio nella via di riscaldamento. Intanto Yuji, che assolutamente non se l’aspetta, mi lascia un buon lasco sulla corda. Conseguente bel volo (di quelli lunghi) e botta di tallone su una piccola cengia! Così non ho potuto calzare bene le scarpette d’arrampicata per più di una settimana, anzi ho dovuto tagliarle (facendo dei buchi nella gomma!) per riuscire ad infilare il tallone. Questo non mi ha certo aiutato. Nel frattempo Yuji inizia a fare dei tentativi seri su Kryptonite, e a Rifle riesce ‘a vista’ su ‘Sometimes Always’ e ‘Cryptic Egyptian’, due 5.13 c / 8a+.

Piccolo intermezzo a Boulder invitati dall’amico Christian Griffith che ci ha accompagnati nella scoperta del suo giardino segreto: lo splendido Eldorado Canyon con la sua incredibile roccia rossa e le striscie di licheni gialle e verdi! Ne approfittiamo per andare a trovare anche Robyn (Erbesfield, ndr) e Didier (Raboutou) ed i loro figli Shawn e, l’ultima nata (ha solo un mese!), la piccola Brooke.

Il ritorno a The Fortress è produttivo e, con altri tre giorni di tentativi, Yuji chiude Kryptonite! Mentre io, ancora una volta, la manco di un pelo. Sono comunque sollevato: ‘essere riusciti’ a fare la seconda salita di questa via non ancora ripetuta è un bel risultato, anche se Yuji (e anch'io ho la stessa impressione) sembra dubbioso sul grado proposto!
Il giorno dopo scrivo un nuovo capitolo (l’ultimo) del mio personale “scenario catastrofico”… Non metto a frutto l’ultimo tentativo su Kryptonite, cadendo ancora un pelo più in alto, ed infine, per recuperare i nostri rinvii su ‘The Crew’ 5.14 b / 8c, concludo la ‘serie nera’ infortunandomi gravemente alla spalla (lesione ad un tendine). E’ troppo, non mi resta che gettare la spugna.

Il resto della nostra storia americana la sapete già. Ora, rientrati a casa, abbiamo fretta di guarire per le gare ormai alle porte e per… ripartire l’anno prossimo…

Sponsor: The North Face, La Sportiva, Beal, Troll, Cebe, Sint Rock
Note:
Periodo: dal 10 Aprile al 30 Maggio 2001
Climber: Yuji Hirayama & François Legrand
Fotografi: Olivier Appourchaux & Kenji Iiyama
Video: Mike Call & Co. (Pusher)


"La nostra era una sfida allettante, ma anche ambiziosa (troppo ambiziosa?), dunque aleatoria!"
"Una storia in cui i diversi attori si sono spesso aperti e, a volte, anche ‘scoperti’... il che ha sicuramente rinsaldato le nostre amicizie."


"Scopro Smith Rocks per la prima volta e posso sottoscrivere l’eccezionale qualità della roccia di questa mitica falesia: vastità, vie superlative e varie, panorama splendido... E soprattutto l’incredibile Monkey Face: un monolite di gres rosa, rosso ed a volte anche violetto, alto circa 70 metri, con la cima - più larga della base - che assomiglia perfettamente alla testa di una scimmia!"


The Fortress è strana, e abbiamo proprio l’impressione di giocare ai pionieri. Innanzitutto facciamo un giro interminabile per trovare il sentiero, che è già di suo abbastanza lungo e faticoso: un’ora di avvicinamento, con l’ultimo tratto super-ripido e scivoloso! Poi dobbiamo scoprire le rare linee attrezzate (7 in tutto, di cui 2 progetti!) nell’impressionante barra di calcare fratturato: quasi un chilometro di lunghezza, fino a cento metri di altezza e... molto strapiombante!

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